La rete antiviolenza sulle donne: informazione e consapevolezza sono fondamentali

Una donna su tre tra i 16 e i 70 anni è stata vittima di violenza durante la propria vita, ma difficilmente sporge denuncia. In Italia le denunce relative ai reati in tema di violenza alle donne non superano il 5%. Il 33,9% delle donne ha subito violenza per mano del proprio compagno, mentre il 24% di quante l’hanno subita da un conoscente o da un estraneo non ne parla. Il 14,3% delle donne è stata vittima di atti di violenza da parte del partner, ma solo il 7% lo ha denunciato.

Quasi sempre, dopo aver letto questi dati allarmanti, ci si ferma qualche secondo a riflettere. La maggior parte delle donne tende in seguito a dimenticarsene, a vivere la propria vita senza ammettere che il Male possa colpire anche la sua isola felice. E’ giusto parlarne, informarsi e tenere sempre ben presenti i numeri delle violenze, numeri dietro i quali si nascondono donne come noi. Lo sforzo della “memoria” non deve fermarsi qui: occorre andare oltre al singolo gesto e al singolo individuo e abbracciare l’idea che la violenza sulle donne sia un problema sociale e culturale eliminabile solamente attraverso una sinergia di “alleati”, in nome di una “mentalità nuova” che possa cambiare il mondo.

Forse pochi lo sanno, ma nel 2012 il Relatore speciale delle Nazioni Unite sulla violenza contro le donne, Rashida Manjoo, a seguito della missione condotta in Italia dal 15 al 26 gennaio 2012, ha presentato il suo Rapporto sull’Italia, in cui vengono esaminate le situazioni di violenza contro le donne nel nostro Paese, considerandone le cause e le conseguenze. L’Unione Europea già da tempo si sta muovendo per fornire agli Stati Membri i giusti strumenti legislativi (e non solo) in materia di prevenzione e di reazione alle violenze nei confronti delle donne.

Come?

La soluzione sembra essere quella di creare un sistema di ascolto, aiuto e sostegno a tutti i livelli (locale, nazionale, regionale e internazionale) e in tutti i settori della società, in particolare attraverso i dirigenti politici, il settore pubblico e privato, la società civile e i media. L’obiettivo che ogni stato deve prefiggersi è dunque organizzare al meglio una vera e propria “rete antiviolenza”, una cooperazione tra operatori giuridici e non giuridici, quali assistenti sociali, psicologi e medici, a più livelli: dall’informazione, dalla formazione degli operatori, dagli interventi di sostegno e di risposta ai bisogni delle donne quali casa e lavoro.

Un lavoro lungo che procede in orizzontale e in verticale, che coinvolge tanto le istituzioni quanto l’individuo singolo e le associazioni; si ramifica localmente sul territorio e si espande geo-politicamente sul continente europeo, per superarne i confini.”

(Marina Calloni)

La rete antiviolenza sulle donne: informazione e consapevolezza

L’obiettivo è quello di accompagnare la donna-vittima passo per passo: si tratta di un“percorso condiviso”, i cui tempi sono tutti soggettivi e non determinabili a priori, al fine di acquisire un adeguato livello di informazione e consapevolezza su ciò che dovrà affrontare nel momento in cui maturerà la decisione di denunciare. Proprio per questo motivo è importante organizzare corsi di formazione per gli operatori dello “scudo protettivo”, quale è la Rete. Nel Nord Italia si è attivato un importante progetto tra gennaio e febbraio 2012: il successo degli incontri formativi promossi dal Comune di Magenta “Tecniche di prevenzione e contrasto al disagio” ha aperto le porte ad una vera e propria organizzazione a rete, avviata verso la fine del 2012. Le premesse e gli obiettivi del progetto sono stati:

  1. Consolidamento di base degli aspetti giuridici
  2. Promozione della conoscenza del fenomeno della violenza e del maltrattamento alle donne
  3. Miglioramento delle modalità di approccio alla vittima cercando di fornire agli operatori specifici strumenti per migliorare le tecniche di supporto concreto e psicologico.

Uno dei temi più delicati riguarda la violenza domestica. Quasi sempre la donna tace, si isola e cerca di dimenticare i ripetuti episodi per proteggere i figli e la situazione economica familiare, ma è importante informare sui danni di quella che gli psicologi chiamano “violenza assistita intrafamiliare, nella quale

il bambino/a assiste a forme di maltrattamento compiuto attraverso atti di violenza fisica, verbale, psicologica, sessuale ed economica su figure di riferimento o su altre figure affettivamente significative adulte o minori; può farne esperienza direttamente (quando essa avviene nel suo campo percettivo), indirettamente (quando il minore è a conoscenza della violenza), e/o percependone gli effetti.

Già nel 2005, il successo del sistema inglese Scotland permise passare da 49 omicidi di donne vittime di violenza domestica registrati nel 2003 a 5 omicidi nel 2010. Esso, non solo si fonda su di un coordinamento tra istituzioni, servizi e realtà sociali, ma soprattutto sulla cooperazione con i datori di lavoro

perchè per la donna vittima di violenza, mantenere il lavoro è fondamentale.

E’ necessario che, dopo l’allontamento immediato dell’aggressore, la donna non si senta “persa” né abbandoni l’attività lavorativa. Lo scopo dell’unione dei datori di lavoro contro la violenza domestica, di cui fanno parte le maggiori società britanniche, multinazionali e piccole aziende, è sostenere la vittima insieme ad altri enti, proteggerla e diminuire il numero dei femminicidi. In sintesi il sistema creato da Patricia Scotland è imperniato su due elementi: il primo consiste in una valutazione multidisciplinare della potenzialità di rischio, operata da un nucleo ristretto di attori sociali e istituzioni, il secondo è l’introduzione di un operatore indipendente, l’Independent domestic violence advisor (Idva), che per tre mesi ha il ruolo di coordinatore tra gli enti e di supporto della vittima, la quale può contare su di un’offerta di servizi continuati e sostegno psicologico ed economico dei figli.

Anche l’italia intende impegnarsi sulla scia del progetto Scotland: il 31 maggio scorso EDV (Eliminate Domestic Violence) ha sottoscritto un accordo con l’Università di Milano-Bicocca per la costituzione di Edv Italy che sarà presieduta da Simonetta Agnello Homby.

Non più un rapporto confuso e di botta e risposta con l’agente di polizia, ma un rapporto concreto e personalizzato tra la donna e “il ventaglio di competenze” che rappresentano soggetti ed istituzioni a livello politico-giuridico, economico-comunitario, socio-sanitario, educativo-scientifico. Non più minimizzazione e banalizzazione degli episodi di violenza, ma vero ascolto e vera assistenza  da parte di tutti gli operatori.

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