Stupri di massa, gravidanze forzate e torture sessuali: essere donne nel Tigray

"Una catastrofe umanitaria." Così l'ONU ha definito la guerra civile in Tigray costellata di stupri, violenze atroci e omicidi di massa. Una scia di torture che, nonostante il conflitto sia ufficialmente terminato nel 2022, continua a pulsare nella Regione più settentrionale dell'Etiopia, lasciando orme indelebili soprattutto sui corpi e nella psiche delle donne del Tigray. Vediamo di che cosa si tratta nel dettaglio.

“Una catastrofe umanitaria.” Così l’ONU ha definito la guerra civile in Tigray costellata di stupri, violenze atroci e omicidi di massa. Una scia di torture che, nonostante il conflitto sia ufficialmente terminato nel 2022, continua a pulsare nella Regione più settentrionale dell’Etiopia, lasciando orme indelebili soprattutto sui corpi e nella psiche delle donne del Tigray.

Vediamo di che cosa si tratta nel dettaglio.

Guerra del Tigray: origini e cause

La guerra del Tigray affonda le sue radici nel novembre del 2020, quando le relazioni tra il Fronte Popolare di Liberazione del Tigray (TPLF) e il governo federale etiope guidato dal Primo Ministro Abiy Ahmed si sono vertiginosamente incrinate.

A causare le tensioni, il tentativo da parte di Abiy Ahmed (che, l’anno prima, era stato insignito del Premio Nobel per la Pace per aver siglato gli accordi di sviluppo e cooperazione tra i Paesi nel Corno d’Africa) di accentrare il potere federale e ridurre l’autonomia delle regioni del Paese, soprattutto a discapito del TPLF, che aveva dominato la politica etiope per decenni ed è stato definito, dal Primo Ministro, una minaccia alla sicurezza nazionale.

Nel 2020, inoltre, nonostante il governo federale avesse deciso di posticipare le elezioni nazionali a causa della pandemia di Covid-19, il TPLF ha scelto di proseguire ugualmente con le votazioni regionali del Tigray, successivamente dichiarate illegali dal governo centrale.

Proprio la decisione di mantenere le elezioni ha scatenato la reazione del governo federale etiope, che ha attaccato le forze di sicurezza del Tigray dando abbrivio alla guerra civile e alle sue nefandezze. L’Etiopia è stata, poi, affiancata anche dalle forze di pace eritree, che hanno preso parte alle ostilità e hanno attivamente compiuto azioni contro la popolazione e, nello specifico, contro le donne del Tigray. Anche a guerra conclusa.

Violenza sessuale sistemica, torture e stupri di massa: le conseguenze sulle donne del Tigray

Una delle strategie genocide più utilizzate dalle forze etiopi ed eritree è stata la violenza sessuale sistemica sulle donne del Tigray: una recente inchiesta del The Guardian ha rivelato l’orrore sistematico subito da queste ultime. Un esempio su tutti: decine di migliaia di vittime sono state torturate con oggetti metallici inseriti nei loro organi riproduttivi, al fine di renderle sterili ed evitare, così, la nascita di discendenti di tale popolazione.

Una forma estrema di violenza sessuale che si staglia come un vero e proprio attacco progettato per distruggere la fertilità delle donne del Tigray. Radiografie e cartelle mediche revisionate da medici specialisti indipendenti dimostrano, appunto, uno schema che si è ripetuto in modo sempre uguale: l’inserimento di corpi estranei negli organi riproduttivi, come rifiuti di plastica, chiodi, ghiaia, viti, sabbia e lettere.

Proprio come è accaduto a Tseneat, donna del Tigray che ha portato dentro di sé i segni dello stupro da parte di sei soldati e dell’agonia. Letteralmente. Dopo due anni dall’aggressione, infatti, i medici hanno estratto chirurgicamente dal suo utero otto viti arrugginite, due tagliaunghie di acciaio e un biglietto, scritto a penna e avvolto nella plastica, che recitava così:

Figli dell’Eritrea, siamo coraggiosi. Ci siamo impegnati in questo e continueremo a farlo. Renderemo sterili le donne tigrine.

Le conseguenze sulle vittime: gravidanze forzate, traumi e danni alla salute riproduttiva

Un’indagine condotta dal Bmj Global Health su un campione di 5.171 donne del Tigray in età riproduttiva ha constatato che il 43,3% di esse ha subito almeno un tipo di violenza di genere nell’arco della guerra civile. Nello specifico, i casi di violenza sessuale, fisica e psicologica e stupro ammontano, rispettivamente, al  9,7%, 28,6%, 40,4% e 7,9%.

Ancora, tra le donne del Tigray sopravvissute alle torture, lo stupro ha rappresentato l’82,2% delle violenze subite, mentre lo stupro di gruppo è avvenuto nel 68,4% dei casi. A essere maggiormente colpite dalla violenza sessuale sono state le giovani donne tra i 15 e i 24 anni, registrando un 29,2% di incidenza.

Nel complesso, le donne del Tigray che hanno subito la violenza genocida sono state circa 120.000, con effetti devastanti:

  • gravidanze indesiderate (9,5%);
  • infezioni da HIV (2,7%);
  • infezioni sessualmente trasmissibili (16,5%);
  • depressione (19,2%).

Stupri di massa, torture, gravidanze forzate e schiavitù sessuale, tuttavia, non hanno interessato solo le donne del Tigray, ma anche bambini e ragazzi/e, la maggior parte al di sotto dei 17 anni – sebbene un operatore sanitario abbia dichiarato che il paziente più giovane da lui curato per aggressioni sessuali aveva 3 anni.

Molti bambini, inoltre, hanno subito “testimonianze forzate”, ossia sono stati costretti ad assistere allo stupro o all’uccisione di genitori e fratelli, con conseguenti traumi psicologici molto gravi.

Come ha affermato Payal Shah, avvocata per i diritti umani e coautrice del rapporto redatto da Medici per i Diritti Umani e dall’Organizzazione per la Giustizia e la Responsabilità nel Corno d’Africa (OJAH):

Avendo lavorato sulla violenza di genere per due decenni… non ho mai visto questo fenomeno in altri conflitti. È una forma di violenza sessuale davvero orribile ed estrema, che merita l’attenzione del mondo. […] Questa forma di violenza viene esercitata in un modo che mira a causare traumi, umiliazioni, sofferenze, fratture e disgregazioni nelle comunità. Questo avrà ripercussioni generazionali.

Una forma di violenza aberrante e indicibile che merita spazio e attenzione, che sta continuando a verificarsi anche nelle vicine regioni di Amhara e Afar e che non può più passare sottotraccia. Perché, come ha precisato un operatore sanitario:

I colpevoli devono essere puniti e la situazione deve essere risolta. La vera guarigione richiede giustizia.

 

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