Panic-buying, il fenomeno degli acquisti dettati dal panico in vista della catastrofe

Con l'espressione inglese panic-buying - letteralmente "acquisto in preda al panico" - si intendono tutti gli acquisti svolti perché mossi dalla paura di una catastrofe imminente. Nello specifico, essa delinea il comportamento delle persone che, spinte dall'ansia e dal terrore, effettuano compere di prodotti di prima necessità senza limiti e cognizione di causa. Vediamo nel dettaglio di che cosa si tratta.

Lo scenario riecheggia un po’ quello che, di solito, è tratteggiato nei film apocalittici: orde di persone che si dispiegano tra gli scaffali dei supermercati alla ricerca affannosa dei prodotti “salvavita”, con la paura dell’imminente catastrofe. La differenza è che, ora, il cosiddetto “panic-buying” può comodamente verificarsi con un clic, seduti sul proprio divano di casa.

Ma di che cosa si tratta, nello specifico? E quali possono essere le sue implicazioni, sia a livello personale, sia a livello sociale? Vediamone i dettagli.

Cosa significa panic-buying

Con l’espressione inglese panic-buying – letteralmente “acquisto in preda al panico” – si intendono tutti gli acquisti svolti perché mossi dalla paura di una catastrofe imminente. Nello specifico, essa delinea il comportamento delle persone che, spinte dall’ansia e dal terrore, effettuano compere di prodotti di prima necessità senza limiti e cognizione di causa.

Si tratta, dunque, di veri e propri acquisti di massa, che hanno luogo nel momento in cui si prospettano scenari di emergenza e pericolo, come pandemie, guerre, possibili carestie e disastri naturali, ossia tutte quelle situazioni in cui determinati prodotti (come il cibo e i beni per la cura della persona) sono più difficili da rintracciare.

Un esempio eclatante è offerto dal recente periodo dominato dal Covid-19, dove, nel corso della pandemia, persone in tutto il mondo hanno iniziato ad acquistare in maniera spasmodica carta igienica, pasta, farina, lievito, disinfettanti, cibo in scatola, acqua in bottiglia e affini.

Le cause psicologiche del panic-buying

Ma che cosa scatena, esattamente, il panic-buying? A livello psicologico, le cause possono essere le seguenti:

  • principio di scarsità: nel momento in cui avvertiamo che qualcosa potrebbe finire, il nostro cervello è spinto ad acquistarlo nel più breve tempo possibile, al fine di non incorrere nella sua perdita (motivo per cui è “meglio prenderlo subito, perché non si sa mai” piuttosto che tergiversare e rischiare di non mettere da parte le proprie scorte);
  • effetto gregge: il comportamento da branco è uno dei più diffusi, non solo in situazioni di incertezza. Nel caso di queste ultime, tuttavia, esso si acuisce ancora di più, perché file chilometriche, code e scaffali vuoti possono innescare il pensiero: “Tutti stanno facendo acquisti: perché non farli anche io?”;
  • bisogno di controllo: eventi come pandemie, guerre e disastri naturali plasmano gli orizzonti quotidiani e possono incutere una profonda sensazione di incertezza, motivo per cui il panic-buying conduce gli individui ad agire d’impulso e a tentare di avere il controllo su qualcosa che, però, sfugge totalmente a esso;
  • terrorismo mediatico: anche i media attuano un’acuta ingerenza sugli acquisti dettati dal panico, soprattutto mediante immagini condivise sui social, messaggi catastrofisti e titoli di giornale allarmanti, complici di aumentare vertiginosamente la percezione di emergenza.

Quando accade e perché si diffonde

Il panic-buying, quindi, si verifica tutte le volte in cui si avverte il rischio di una crisi reale o percepita. A innescarlo, per esempio, vi può essere il diffondersi di un’epidemia o una pandemia (come il Covid-19), lo scatenarsi di un disastro naturale (alluvioni, terremoti, uragani e similari), l’acuirsi di crisi economiche (dovute, in primis, a guerre e inflazioni) e la mancanza di beni primari a causa di interruzioni momentanee (come il cibo e la benzina).

A generare il panico e i correlati acquisti, però, possono essere anche notizie allarmanti, rumor e fake news, che alimentano la percezione di ansia e paura e spingono le persone a ragionare d’impulso. Di qui, il diffondersi del panic-buying, che, come accennato, segue il cosiddetto “effetto imitazione” (il quale si traduce in pensieri alla stregua del seguente: “Se il gregge, perciò la maggior parte delle persone, compra carta igienica, allora anche io devo acquistarla al più presto”) e la “psicologia della scarsità” (se un prodotto non si ottiene facilmente, allora possiede valore ed è urgente averlo, anche se, in passato, non ha mai suscitato il nostro interesse).

A ciò si aggiungono, inoltre, la scarsità di comunicazioni chiare da parte di autorità e negozianti, con messaggi frammentati e confusi, e le foto – spesso falsate – diffuse sui social media, le quali scatenano letteralmente il panico anche se, per esempio, si è geograficamente lontani dal luogo in cui si sta verificando l’allarme.

Effetti del panic-buying sulla società e l’economia

Naturalmente, come ogni fenomeno di massa, anche il panic-buying ha degli effetti sia sulla società, sia sull’economia nel suo complesso. Per quanto concerne i primi, si annoverano, nello specifico:

  • aumento della diseguaglianza, a causa della disparità di possibilità economiche e di movimento. Chi possiede più soldi o può spostarsi con facilità, infatti, ha maggiori opportunità di “rifornimento” rispetto a chi non possiede le medesime facoltà, e rischia, così, di rimanere senza beni essenziali;
  • aumento del panico collettivo, reso evidente, in particolar modo, dagli scaffali vuoti, dalle lunghe file e anche dal clima di tensione che si genera tra gli avventori di negozi e supermercati presi d’assalto, con conseguente mancanza di lucidità e aggravarsi della paura percepita;
  • perdita di fiducia, nelle autorità e nel governo nel complesso, dovuta a difficoltà di gestione delle forniture e delle scorte e in una comunicazione spesso vaga e caotica.

A livello economico, invece, gli effetti possono essere i seguenti:

  • aumento dei prezzi, successivo a un acuirsi della domanda e alla scarsità dei prodotti richiesti, che alimentano ancora di più ansia, ingiustizie e disparità di classe;
  • spreco enorme, soprattutto di cibo e medicinali, che, non potendo essere consumati perché acquistati in eccesso, rischiano di scadere, deteriorarsi ed essere buttati e di provocare, in tal modo, un ingente spreco economico e ambientale;
  • distorsione della domanda, la quale conduce le imprese e i negozi a fronteggiare un’esplosione improvvisa degli acquisti senza, tuttavia, avere consapevolezza del consumo reale dei prodotti di interesse, con un calo altrettanto subitaneo dopo la parentesi di acquisto spasmodico.

Strategie per gestire l’ansia e fare acquisti consapevoli

Una soluzione al panic-buying, però, esiste, ed è racchiusa in una sola parola: gestione. Gestione della propria ansia e della propria paura, in modo tale da poter effettuare acquisti dettati dalla lucidità e dalla consapevolezza.

Il primo passo è, senza dubbio, la pianificazione: scrivere una lista degli alimenti, dei medicinali e dei beni essenziali che servono davvero aiuta a riordinare le idee e a non farsi sopraffare dall’angoscia, direzionando gli acquisti in maniera intelligente. In questo senso, può essere utile fare compere che soddisfino le proprie necessità per poche settimane, e non per mesi interi, rispondendo alla domanda: “Mi serve adesso?”.

In caso di allarmismi, poi, è più che mai fondamentale verificare le fonti da cui provengono le notizie di probabili catastrofi, diffidando delle informazioni che circolano sui social media, se non comprovate da canali ufficiali (quali la protezione civile, gli enti governativi, gli enti sanitari e così via).

Per gestire l’ansia e la paura, infine, può essere di supporto pensare al fatto che le scorte vengano costantemente ripristinate, motivo per cui l’eventuale assenza di determinati prodotti sugli scaffali è solo temporanea. Da questo punto di vista, inoltre, rivolgere la propria preoccupazione anche agli altri, e non solo a se stessi – e lasciare, dunque, a disposizione determinati prodotti (che potrebbero essere utili, per esempio, a persone anziane o a famiglie numerose) -, contribuisce senz’altro a ridurre il proprio impulso all’acquisto e a essere più solidali e attenti alle esigenze della comunità nel complesso.

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