Come una shitstorm può "distruggere" la persona su cui si abbatte

Il termine gergale shitstorm deriva dalla crasi delle parole inglesi "shit" ("cacca") e "storm" ("tempesta") e, per utilizzare un eufemismo, indica quella "tempesta di fango" che, sui social network, colpisce un utente - tendenzialmente noto - a causa di un evento, un atto o una dichiarazione che, per una serie di ragioni, non incontra il favore della maggior parte delle persone. Vediamo insieme di che cosa si tratta.

L’ultima, in ordine di tempo, è stata quella che ha colpito l’influencer e imprenditrice digitale Chiara Ferragni dopo il caso Balocco (e non solo): una vera e propria ondata d’odio che ha investito non solo la diretta interessata, ma anche sorelle, madre, (ex?) marito e tutti coloro che orbitano intorno alla sua vita e al suo business.

Una valanga di insulti, messaggi negativi e critiche che ha un nome ben preciso: shitstorm. Di che cosa si tratta, nello specifico? Vediamolo insieme.

Che cos’è una shitstorm?

Il termine gergale shitstorm deriva dalla crasi delle parole inglesi “shit” (“cacca”) e “storm” (“tempesta”) e, per utilizzare un eufemismo, indica quella “tempesta di fango” che, sui social network, colpisce un utente – tendenzialmente noto – a causa di un evento, un atto o una dichiarazione che, per una serie di ragioni, non incontra il favore della maggior parte delle persone.

Ad accompagnarla vi sono, dunque, indignazione, controversia, odio e disappunto legati a un specifico argomento, e capaci di generare una serie di insulti, attacchi e reazioni emotive particolarmente intense nel pubblico che segue – o meno – il protagonista della shitstorm.

La quale, come si può facilmente intuire, ha delle conseguenze ingenti sull’immagine e la reputazione di un individuo, di un’organizzazione, di una società o di un’idea, fino a giungere ad atti di cyberbullismo, razzismo, sessismo, body shaming e affini in grado di determinare effetti deleteri sul benessere psicofisico di chi ne è coinvolto.

Le shitstorm più famose

Come accennato, l’ultima, in ordine cronologico, è la shitstorm che ha investito Chiara Ferragni in seguito all’esplosione del caso Balocco e di tutte le attività commerciali cui erano correlate operazioni di beneficenza. Come ha dichiarato la stessa imprenditrice a Che Tempo Che Fa:

In questi mesi mi sono ritrovata al centro di un’ondata d’odio. Si potrebbe pensare che una come me sia preparata a una cosa del genere, ma niente ti prepara alla violenza di certi attacchi: è stato difficile anche per me, che sono una persona iper preparata a cose di questo tipo, e le ho vissute tante volte sulla mia pelle. I social sono fantastici, ma diventano un incubo quando le cose vanno male.

Naturalmente, quella di Ferragni non è l’unica “tempesta” che ha costellato il mondo digitale. Nel corso degli anni, infatti, vi sono state diverse shitstorm, originate sui social network e capaci di provocare un impatto significativo sul dibattito e sull’opinione pubblici.

Tra queste si annoverano, per esempio, l’ondata di sdegno che ha interessato la United Airlines nel 2017 in seguito alla diffusione di un video – diventato subito virale – ritraente un agente di polizia che trascina con forza un passeggero tra i sedili dell’aereo, a causa di un fenomeno di overbooking. Il gesto ha scatenato un’indignazione massiccia negli utenti online, che hanno fortemente criticato la compagnia aerea per la gestione della situazione di disagio.

Nel medesimo anno è anche esploso il #MeToo Movement, sorto dalle accuse di molestie sessuali nei confronti del produttore cinematografico Harvey Weinstein e sviluppatosi a livello globale mediante le innumerevoli denunce di abusi e violenze da parte di attrici e maestranze della settima arte.

Senza dimenticare, poi, lo scandalo Facebook-Cambridge Analytica scoppiato nel 2018, che ha rivelato l’uso improprio di un’ingente quantità di dati prelevati da Facebook, probabilmente al fine di influenzare la campagna elettorale statunitense del 2016 che ha visto vincitore Donald Trump.

Le implicazioni legali

Come ogni azione che travalica i confini del rispetto e arreca danno alla dignità e alla reputazione di una persona, anche la shitstorm, in base al contesto e alle specificità che la riguardano, può avere delle implicazioni legali. Tra le più diffuse, ricordiamo:

  • diffamazione: se le dichiarazioni effettuate durante una “tempesta di fango” dovessero danneggiare la reputazione di un individuo e/o di un’azienda e risultassero false o ingiuriose, la parte lesa potrebbe intentare un’azione legale per diffamazione;
  • violazione dei diritti umani o delle leggi sulla discriminazione: nel caso in cui il “linciaggio mediatico” coinvolgesse atti di discriminazione, molestie o violazioni dei diritti umani, vi potrebbero essere delle conseguenze legali in termini di responsabilità sia civile, sia penale, a seconda della gravità delle azioni;
  • violazione delle leggi sulla sicurezza informatica: se nel corso di una shitstorm venissero violate le leggi sulla sicurezza informatica – ad esempio attraverso l’hacking dei sistemi informatici o la diffusione di malware -, le autorità competenti potrebbero avviare indagini e procedimenti ad hoc;
  • violazione della privacy: nel caso in cui venissero divulgati dati personali o informazioni riservate senza il consenso delle persone coinvolte, potrebbe configurarsi una violazione della privacy, che, quindi, potrebbe condurre a denunce legali;
  • violazione del diritto d’autore o del marchio: se una “tempesta d’odio” dovesse prevedere l’uso improprio di materiale protetto da copyright o marchio registrato, le parti coinvolte potrebbero affrontare azioni legali, appunto, per la violazione del diritto d’autore o del marchio.

Conseguenze e rischi

La brutalità comunicativa che caratterizza le shitstorm può avere delle conseguenze di un certo rilievo sul benessere psicologico, sul lavoro e sull’immagine delle persone che ne sono vittime. Un atteggiamento derogatorio, cattivo, insultante, maleducato e violento, infatti, crea delle cicatrici che sarà difficile far rimarginare, e che possono avere un impatto anche duraturo sulla vita degli individui interessati.

Oltre alle implicazioni legali già evidenziate, infatti, uno degli effetti e dei rischi più evidenti delle tempeste d’odio è lo stress emotivo e, quindi, la possibile erosione dell’equilibrio psicofisico e dei rapporti interpersonali, inevitabilmente colpiti dalle critiche e dagli attacchi online.

A questo si aggiunge, poi, il danno alla reputazione, tra le conseguenze più gravi e perniciose di una shitstorm, perché potenzialmente in grado di rovinare, in maniera irreparabile, il credito di un’azienda o di un individuo, intaccandone le relazioni professionali, la nomea e le finanze (ad esempio mediante la perdita di clienti e di partner commerciali, il calo delle vendite, la diminuzione della stima sociale e lavorativa e così via).

Come contenere le shitstorm?

Ma, allora, come si può intervenire per fermare una shitstorm? Le strategie possono essere molteplici. Eccone alcune:

  • comunicare con trasparenza: per placare una tempesta d’odio, il modo migliore è affrontare la situazione in modo tempestivo ed essere cristallini, fornendo agli utenti delle risposte esaustive, chiare e informative;
  • chiedere scusa e assumersi la responsabilità: se – in quanto individui o rappresentanti di un’azienda – si è responsabili di un atto che ha provocato lo sdegno di molte persone, il primo (e più consono) gesto da fare è chiedere perdono e riconoscere la propria parte di colpa in quanto accaduto;
  • interagire costantemente: la comunicazione con il pubblico deve apparire aperta e continuativa, arricchita da aggiornamenti circa gli sviluppi della specifica situazione e il piano d’azione messo in campo per risolverla, il tutto attraverso comunicati stampa, radio, social, televisione, dichiarazioni pubbliche e piattaforme di vario genere che possano garantire un’eco capillare;
  • coinvolgere esperti: per farsi aiutare nel corso della comunicazione, può essere utile, infine, rivolgersi a dei veri e propri esperti, affinché questi possano individuare le parole e le azioni più appropriate per fronteggiare la crisi, supportare le persone coinvolte e acuire l’empatia.

La discussione continua nel gruppo privato!
Seguici anche su Google News!