
Per farlo, però, non sempre basta il rullino del cellulare. Molto spesso, infatti, le foto dei “piccoli di casa” sbarcano sui social network, per i motivi più disparati: desiderio di condivisione con gli amici e i parenti, bisogno di suscitare un sorriso o un po’ di commozione alla vista di determinati scatti o, più banalmente – e tristemente -, voglia di totalizzare più like e followers con foto che possano intenerire e catturare l’attenzione.
Seppur le intenzioni siano le più positive, tuttavia, vi è un rischio cui nessuno può sottrarsi: il cosiddetto “digital kidnapping”. Vediamo di che cosa si tratta.
Che cos’è il digital kidnapping?
Con l’espressione digital kidnapping si intende il “rapimento digitale” di foto di minorenni a opera di cyber criminali che, con esse, intendono creare profili falsi, nuove identità basate sulle informazioni ricavate dagli scatti e inserire, così, la vittima in un contesto totalmente differente rispetto a quello di provenienza, per gli scopi più disparati. Il tutto, naturalmente, senza il consenso dei genitori, vittime anch’esse di un furto lesivo e molto pericoloso.
In Italia, il rapimento digitale è regolato dall’articolo 494 del Codice penale e rientra nel reato di “Sostituzione di persona”, il quale recita così:
Chiunque, al fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno, induce taluno in errore, sostituendo illegittimamente la propria all’altrui persona, o attribuendo a sé o ad altri un falso nome, o un falso stato, ovvero una qualità a cui la legge attribuisce effetti giuridici, è punito, se il fatto non costituisce un altro delitto contro la fede pubblica con la reclusione fino a un anno.
Come avviene il rapimento digitale?
Nella maggior parte dei casi, il digital kidnapping è provocato dai medesimi utenti che pensano di compiere un’azione tanto tenera quanto innocua condividendo foto di momenti intimi e personali, ossia: i genitori.
Con la diffusione dei social network – e le restrizioni imposte dai lockdown pandemici -, si è verificato, infatti, il proliferare di un fenomeno sempre più invasivo: lo sharenting, crasi tra il verbo “share”, condividere, e “parenting”, genitorialità, il quale consiste nel condividere, appunto, scatti dei propri figli sui canali social ed esporli, in questo modo, ai numerosi e invisibili pericoli che interessano la rete.
Come spiega Daniela Borrino, docente ed esperta in Scienze dei Servizi Giuridici:
Molti genitori, per soddisfare la propria velleità narcisistica, condividono materiale fotografico dei propri figli tramite device tecnologici sempre più performanti e a portata di clic, ignorando quanto sia rischioso esporli nel mare di internet: è possibile che dietro all’identità di un utente di dubbia affidabilità, che non si è mai visto né conosciuto di persona, si possa nascondere un cybercriminale. Ebbene, lo sharenting costituisce in qualche modo un atto di “favoreggiamento” di un possibile reato la cui vittima diretta è un minore innocente.
Ne consegue che i cyber criminali possano attingere, così, a un pozzo inesauribile di materiale e informazioni, dal momento che ogni foto postata online, come si legge su Agenda Digitale, viene sottoposta a un’attenta disamina da parte degli algoritmi, che sono in grado di ricavare, da essa, una molteplicità di dati personali e sensibili. Come, ad esempio, i dati EXIF, che consentono di localizzare la posizione precisa e/o le coordinate GPS del luogo in cui è stata scattata l’immagine che ritrae il minorenne.
Rischi e conseguenze del digital kidnapping
I rischi legati al rapimento digitale di fotografie di bambini/e e ragazzi/e sono innumerevoli. Tra i più eclatanti vi è, senza dubbio, quello legato alla creazione di profili falsi, la quale avviene mediante la rilevazione dei dati sensibili (geotag, informazioni relative ai parenti e agli amici, interessi, indirizzo di casa e così via) e comporta l’appropriazione vera e propria dell’identità del minore.
Le finalità possono essere diverse: adescare altri minori (mediante un profilo che, ritraendo a sua volta un minore, non suscita preoccupazione), convincere ragazzi e ragazze a mandare foto erotiche, arrivando addirittura alle minacce, produzione e aumento di followers, alterazione di sondaggi e votazioni (per esempio, nel caso dei talent show), fino alle conseguenze più gravi, come le manipolazioni e le truffe online, la creazione di un “alter ego digitale” del minorenne fin dalla sua più tenera età e l’utilizzo e la condivisione di immagini su siti pedopornografici.
Senza dimenticare, infine, che, nel complesso, postare foto dei propri figli lede la loro identità e si configura come una grave mancanza di rispetto nei loro confronti, dal momento che le immagini difficilmente scompaiono da Internet e il bambino, una volta cresciuto, può imbattersi nella traccia indelebile della propria infanzia lasciata dalle immagini condivise sui social network da genitori e parenti (9 volte su 10, infatti, come precisa l’esperto in Comunicazione digitale Gianluigi Bonanomi, i genitori non chiedono il permesso di postare le foto ai propri figli).
Come tutelarsi dal digital kidnapping
Come proteggersi, dunque? Il primo passo è il buonsenso: postare foto dei propri figli o nipoti non è, ovviamente, “vietato”, ma si può fare rispettando alcune linee guida “morali” che siano in grado di regolarne le modalità e gli eventuali rischi associati, tutelando il diritto alla riservatezza dei minori attraverso il ricorso a sticker o simili che possano velarne parti del volto e del corpo.
Fondamentale, poi, modificare le impostazioni della privacy e porle altamente restrittive, permettendo la visione delle fotografie solo a una cerchia limitata di persone fidate e conosciute, così come eliminare il geotag e i dati EXIF, in modo tale da eludere l’acquisizione delle coordinate GPS e, quindi, le informazioni legate al luogo in cui l’immagine è stata scattata.
E, infine, fare estrema attenzione agli individui cui, anche solo tramite WhatsApp, si inviano le foto dei propri figli: purtroppo, in un mondo etereo ed evanescente come quello di Internet, non è sempre semplice sapere chi si nasconde davvero dietro ai profili che appaiono sui social network e nelle chat di messaggistica, motivo per cui è essenziale muoversi con estrema cautela e preservare il più possibile l’identità e la privacy di figli, nipoti e, in generale, dei minori.
Articolo originale pubblicato il 3 maggio 2023
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