Asilo politico: cosa dicono le leggi internazionali e quando si può richiedere

Il diritto di asilo affonda le proprie radici nell’antichità, soprattutto occidentale, ed è una nozione giuridica grazie alla quale una persona perseguitata nel suo Paese natio – per motivi etnici, politici e/o religiosi – ha la possibilità di richiedere aiuto, accoglienza e difesa da parte di un altro territorio straniero. Vediamone i dettagli.

In un periodo storico intriso di odio, intolleranza e discriminazioni, ricordare i nostri diritti fondamentali – prima che ci vengano detratti – è essenziale.

Tra questi vi è, sicuramente, il diritto di asilo politico, riscosso nel momento in cui una persona non è più al sicuro nel proprio Paese e necessita della protezione di altre nazioni a causa di guerre, persecuzioni politiche, religiose ed etniche, trattamenti degradanti e torture.

Vediamo nel dettaglio di che cosa si tratta.

Asilo politico, che cosa significa?

Il diritto di asilo affonda le proprie radici nell’antichità, soprattutto occidentale, ed è una nozione giuridica grazie alla quale una persona perseguitata nel suo Paese natio ha la possibilità di richiedere aiuto, accoglienza e difesa da parte di un altro territorio straniero (o un santuario religioso, come già accadeva in passato, in particolare durante il Medioevo).

L’individuo in difficoltà assume, così, lo status di rifugiato, il quale, come si legge nell’articolo 1A della Convenzione di Ginevra del 1951, è colui che:

temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche, si trova fuori del Paese di cui è cittadino e non può o non vuole, a causa di questo timore, avvalersi della protezione di questo Paese; oppure che, non avendo una cittadinanza e trovandosi fuori del Paese in cui aveva residenza abituale a seguito di siffatti avvenimenti, non può o non vuole tornarvi per il timore di cui sopra.

In questo modo, al rifugiato viene garantito un giudizio equo che, in patria, non gli verrebbe assicurato, oltre al “rifugio” a livello internazionale, appunto, da parte di un’autorità sovrana.

Il diritto di asilo e le leggi internazionali

Il diritto di asilo politico, però, non ha sempre avuto questa forma. Come si legge sul sito dell’UNHCR (l’Agenzia ONU per i rifugiati), infatti, all’inizio la protezione internazionale era una sorta di “surrogato” della protezione diplomatica e consolare, per poi giungere solo successivamente ad assicurare ai rifugiati la sicurezza e il godimento dei diritti umani fondamentali, sanciti soprattutto dalla Convenzione di Ginevra del 1951 e dal successivo Protocollo del 1967.

A livello internazionale, quindi, gli obiettivi dell’UNHCR sono:

  • garantire il diritto d’asilo e l’accoglienza nei Paesi ospitanti, impedendo il “refoulement” (il rimpatrio nei Paesi d’origine);
  • monitorare il trattamento dei rifugiati e il soddisfacimento delle loro esigenze;
  • assicurarne l’incolumità fisica e psicologica;
  • affiancare i governi nell’elaborazione della documentazione;
  • diminuire gli apolidi;
  • offrire soluzioni adeguate per proteggere i rifugiati e promuovere alternative valide al loro status, collaborando con ONG e organizzazioni mondiali.

Quando si può richiedere asilo politico

L’asilo politico, pertanto, si può richiedere in tutti i momenti in cui la vita di una persona non è più al sicuro nella nazione in cui risiede. I motivi, come abbiamo visto, possono essere molteplici, e afferiscono, in particolare, alla sfera politica, religiosa e razziale.

Nello specifico, a perseguitare una persona vi possono essere: minacce gravi a causa di conflitti armati, oppressioni politiche, etniche e religiose, trattamenti inumani, torture e condanne (o esecuzioni) della pena di morte.

Non può, invece, richiedere l’asilo politico chiunque sia reo di crimini di guerra – contro la pace o l’umanità –, di reati gravi nei Paesi di appartenenza o di atti e comportamenti che non si adeguano ai principi e ai valori delle Nazioni Unite.

Alla base, dunque, lo straniero che si appella al diritto d’asilo deve dimostrare il timore fondato di subire una persecuzione personale nella propria patria, ai sensi della Convenzione di Ginevra e delle sue linee guida.

Come richiedere asilo politico

Le procedure per richiedere asilo politico, naturalmente, sono differenti da Stato a Stato. Per quanto concerne l’Italia, però, come si legge sul sito Avvocato360, i passaggi sono i seguenti.

In primo luogo, il rifugiato deve presentare una richiesta ufficiale, la quale può essere sottoposta sia all’Ufficio di Polizia di frontiera sia all’ufficio immigrazione della Questura. Una volta presentata, verrà rilasciato un documento di certificazione, cui seguirà un incontro per la verbalizzazione, dove saranno annotate le informazioni anagrafiche precipue del richiedente asilo e le motivazioni che lo portano ad affrancarsi dal suo Paese.

Il periodo di espletazione è lungo e può richiedere fino a un anno, nel corso del quale il rifugiato riceverà un permesso di soggiorno temporaneo, un codice fiscale, la residenza e la tessera sanitaria. A tali documenti seguirà poi, dopo 60 giorni, anche la possibilità di firmare un contratto di lavoro regolare.

Nel frattempo, la Commissione territoriale sarà incaricata di provvedere all’audizione del rifugiato richiedente asilo e decidere se:

  • riconoscere lo status di rifugiato e rilasciare un permesso di soggiorno della durata di cinque anni;
  • emettere un permesso di soggiorno per casi speciali;
  • non riconoscere alcuna forma di protezione internazionale;
  • considerare inammissibile la domanda nel caso in cui sia già stata esaminata da un altro Paese europeo.

Donne e persone LGBTQIA+ richiedenti asilo in Italia e in UE

Lo status di rifugiato reca con sé innumerevoli sofferenze e criticità. Vi sono, tuttavia, alcune persone per le quali richiedere il diritto d’asilo politico risulta ancora più complicato.

Tra queste vi sono, senza dubbio, le donne, maggiormente esposte alle violenze di genere e la cui tragica condizione è ancora poco visibile in Italia. Come si legge sempre sul sito dell’UNHCR:

Quel che fa fatica a entrare nell’opinione pubblica italiana è quanto la violenza sulle rifugiate sia al tempo stesso una costante e una variabile, ovvero una violenza continua che cambia forma durante la fuga. Per la maggior parte delle donne che dall’Africa si incamminano verso l’Europa, il viaggio si rivelerà una via crucis. Spesso scappano da violenze che subiscono nel loro Paese, poi subiscono violenze nelle traversate, nei centri di detenzione in Libia, sulle imbarcazioni che le portano in Italia. E pure appena sbarcate, molte vengono costrette a prostituirsi fin dai primi passi sul suolo italiano.

Le rifugiate, come rivela la ricercatrice Silvia Sansonetti, risultano, così, le più colpite dalla violenza di genere rispetto alle donne di qualsiasi altra popolazione femminile nel mondo.

E non va meglio per le persone LGBTQIA+, la cui situazione continua a essere in grave pericolo in tutte le nazioni. Continua l’UNHCR:

Malgrado un miglioramento complessivo, in molti Paesi i rapporti sessuali tra persone dello stesso sesso sono puniti da pene severe, e addirittura con la morte. In Europa esistono legislazioni che penalizzano la libera espressione della propria sfera affettiva. Nella stessa Ue la comunità LGBTI è vittima di discorsi d’odio, di violenze anche fisiche e diverso e contraddittorio è l’atteggiamento degli Stati membri nel riconoscimento dei diritti dei richiedenti asilo LGBTI.

Non stupisce, quindi, che questi ultimi possano incontrare più ostacoli rispetto ad altri, soprattutto perché sono ben 73 gli Stati nel mondo che presentano norme esplicite di criminalizzazione dei rapporti sessuali tra adulti dello stesso sesso (e in 13 è persino prevista la pena di morte).

In generale, però, una persona appartenente alla comunità LGBTQIA+ può fare ricorso al diritto di asilo politico nel momento in cui è costretta, nella sua patria, a nascondere il suo orientamento sessuale o la sua identità di genere. Se sussiste la preoccupazione fondata di poter subire delle persecuzioni per queste ragioni, non solo dallo Stato ma anche dai cosiddetti “attori non statali” (quali famiglia, bande criminali e la comunità nel complesso), lo status di rifugiato può essere accordato.

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