Adele Faccio fu una delle prime attiviste femministe a battersi per il diritto delle donne di decidere autonomamente per il proprio corpo in materia di aborto.

Nel 1975 Adele fece un’autodenuncia pubblica per aborto durante una manifestazione dei Radicali al teatro Adriano di Roma. In seguito a questa autodenuncia fu incarcerata e poi liberata dopo un processo che fece grande scalpore all’epoca. Durante il processo venne infatti messo in luce il dramma degli aborti clandestini.

Negli anni Settanta la legge italiana identificava l’aborto tra i “delitti contro l’integrità e la sanità della stirpe” nel Codice Penale allora vigente. L’anno dopo la liberazione di Adele, l’interruzione volontaria di gravidanza per motivi terapeutici fu dichiarata parzialmente non incostituzionale dalla Corte Costituzionale.

Una battaglia lunga e difficile quella di Faccio, che riuscì però a dare un contributo essenziale all’approvazione delle norme sull’interruzione volontaria di gravidanza nel 1978.

La strenua lotta di Adele Faccio che non dovremmo mai dimenticare

Direttrice del Centro Informazione Sterilizzazione e Aborto, istituito nel 1974, Adele Faccio permise l’avviamento di diversi consultori in numerose città italiane. Realizzò inoltre alcune convenzioni con cliniche olandesi e inglesi. Qui molte donne italiane misero fine alle loro gravidanze indesiderate, operazione ancora molto malvista dai medici italiani.

Faccio riuscì in seguito a stipulare un accordo con un ginecologo di Firenze disponibile a effettuare interruzioni volontarie di gravidanza. Il 2 gennaio 1975, però, la polizia arrestò il medico, due infermieri e le donne che erano in attesa dell’intervento.

Orgogliosa di quanto fatto e per niente intimorita, Adele continuò a portare avanti il suo credo anche dopo l’arresto avvenuto il 26 gennaio dello stesso anno. Il clamore suscitato dalla sua incarcerazione portò all’adesione delle federazioni socialiste alla raccolta firme per il referendum riguardante l’abrogazione del reato d’aborto. Questo fu un avvenimento decisivo che obbligò il Parlamento ad approvare la legge 194.

Nonostante la strenua lotta di Adele (venuta a mancare nel 2007) e degli altri attivisti, ancora oggi la legge 194 continua a essere scarsamente applicata. Per una donna italiana oggi è tristemente difficile porre fine a una gravidanza indesiderata a causa sia dell’obiezione di coscienza dei medici che degli assurdi pregiudizi che ancora girano intorno a questa pratica.

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