L’inasprirsi della crisi e il conseguente aumento delle persone in stato di povertà assoluta ci hanno purtroppo abituati – e in parte resi indifferenti, quando non infastiditi – all’immagine delle persone che rovistano nei cassonetti in cerca di cibo.

Recuperare gli alimenti scartati da altri, però, non è sempre una necessità dettata dall’indigenza: il cosiddetto “dumpster diving”, infatti, può essere una scelta per chi adotta uno stile di vita zero waste e un modo per combattere lo spreco alimentare.

Per questo, è un trend che si sta diffondendo sempre più, anche se in molti paesi, come l’Italia, è illegale.

Cos’è il dumpster diving?

Secondo la definizione che ne dà Wikipedia, per dumpster diving (da “dumpster”, termine utilizzato per indicare grossi contenitori di spazzatura e “diving”, tuffarsi) si intende la pratica di

recuperare da grandi container commerciali, residenziali, industriali ed edili gli oggetti inutilizzati scartati dai proprietari ma ritenuti utili al raccoglitore. Non si limita specificamente ai cassonetti e ai cassoni per rifiuti e può coprire contenitori per rifiuti domestici standard, marciapiedi, discariche o piccole discariche.

Sebbene il termine, coniato già a partire dagli anni ‘80, indichi quindi genericamente il recupero di materiali gettati, viene utilizzato in maniera particolare per indicare il recupero di generi alimentari gettati da supermercati, centri commerciali o affini perché prossimi alla scadenza o da poco scaduti e quindi non più commercializzabili sebbene ancora edibili.

Si tratta sia di un’attività praticata sia individualmente sia in gruppi organizzati, attraverso community locali di quelli che talvolta vengono definiti freegan, ovvero coloro che si nutrono di quello che trovano gratuitamente, recuperandolo (o salvandolo?) dalla spazzatura.

In rete sono disponibili guide, tutorial e suggerimenti per chi vuole dedicarsi al dumpster diving, oltre a numerose video-testimonianze di cosa è possibile trovare abbandonato nei bidoni.

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Dumpster diving: i lati positivi

Il numero di persone che è costretto a cercare cibo nella spazzatura per potersi nutrire è ancora spaventosamente alto. Nonostante questo, però, il dumpster diving è sempre più spesso una scelta ideologica, mirata a combattere gli sprechi alimentari.

Secondo la FAO ogni anno vengono sprecate oltre 1,3 tonnellate di cibo, circa un terzo di quello prodotto. L’impatto non è solo etico, in un mondo in cui 811 milioni di persone risultano essere denutrite, ma ha anche enormi conseguenze ambientali: a finire in discarica insieme agli alimenti, infatti, sono anche le materie prime impiegate per produrli.

L’acqua, ad esempio: solo per la produzione della carne ne servono oltre 2 mila miliardi di metri cubi all’anno e, ancora secondo la FAO, gli sprechi alimentari legati alla sola agricoltura sono responsabili della dispersione di 253 Km3 di acqua potabile. Non solo: come ci ricorda il WWF, l’espansione dei terreni agricoli a discapito di altri usi del suolo è responsabile del 90% della deforestazione globale.

Recuperare cibo che non può essere venduto ma che è ancora buono per essere mangiato, quindi, diventa un’arma di sostenibilità ambientale, soprattutto per chi ha scelto uno stile di vita a rifiuti zero, ma non solo.

Se non riuscite a superare l’idea di mangiare cibo recuperato dai cassonetti ma volete comunque dare un piccolo contributo a combattere gli sprechi, risparmiando, potete sfruttare app come Too Good To Go, attraverso cui acquistare alimenti invenduti dalle attività di ristorazione che altrimenti finirebbero nella pattumiera.

Dumpster diving: i lati negativi

Nella spazzatura non si trovano solo alimenti: ricevute, fatture, documenti più o meno sensibili finiscono nella pattumiera, spesso senza che chi li getta pensi alle possibili implicazioni sulla privacy di questo tipo di smaltimento.

Uno dei principali lati negativi del dumpster diving, quindi, è quello del furto di dati, quando non di veri e propri furti di identità e frodi resi possibili dalle informazioni contenute in documenti trafugati dai cassonetti.

Non è per questo, però, che il dumpster diving è illegale in molti paesi, tra cui il nostro. A rendere un potenziale reato questa pratica, infatti, è che in molti casi i cassonetti – essendo collocati in zone private – vengono considerati proprietà privata e, dunque, prelevarne il contenuto può essere considerato violazione di proprietà privata e furto.

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