Chi l’avrebbe mai detto, che la colpa dell’esistenza della sindrome della crocerossina avremmo dovuto darla a Peter Pan e Wendy? A quel bambino che non voleva crescere, intrappolato in un’eterna infanzia nella sua Isola che non c’è. Anche perché, esiste qualcuno di maturo e affidabile che si occupa di lui. Per ogni Peter Pan c’è una Wendy: una crocerossina.

La sindrome della crocerossina colpisce soprattutto le donne, è vero, ma ciò non toglie che esista anche la sindrome della crocerossina sul versante maschile, meglio nota come sindrome del Salvatore.

Ciò sta a significare che anche gli uomini possono cadere nel tranello emotivo della sindrome della crocerossina, calandosi nella parte dell’anello forte e dei buoni, vedendosi altresì identificare dall’altra persona come buoni e responsabili.

È tutto un “ci penso io”, “ti salverò”. Tra le righe, tali affermazioni vanno lette come “se io ti salvo, tu devi amarmi!”. La sindrome della crocerossina prevede una sorta di amore a una condizione: quella di lasciarsi salvare.

Nel caso dell’uomo, quindi, se la donna non intende essere preda del crocerossino, i sentimenti che ne possono scaturire sono rabbia, ansia, vuoto emotivo, fino a sfociare a volte in tradimenti o atteggiamenti aggressivi.

Se una relazione è caratterizzata dalla sindrome della crocerossina, sicuramente la bilancia non sarà in equilibrio fra il dare e l’avere e sarà quindi opportuno soffermarsi a porsi delle domande.

Chi soffre della sindrome della crocerossina, o sindrome di Wendy, trae gioia e godimento nel percepire il partner (o qualsiasi altra figura) salvo grazie al proprio impegno, sentendosi così indispensabile nella relazione.

Per questo motivo, la sindrome della crocerossina e la crocerossina stessa esistono solamente in presenza di un individuo da salvare, che abbia bisogno di cure o di aiuto.

Risulta interessante tracciare un identikit della crocerossina e capire quali sono le peculiarità di questa sindrome.

Cos’è la sindrome della crocerossina?

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La sindrome della crocerossina o sindrome di Wendy scaturisce dal bisogno di approvazione: chi la vive intraprenderà rapporti di coppia (o di altro genere) in cui la sua individualità verrà soppressa per consentire all’altro di elevarsi.

Poco a poco, il suo valore personale sarà sempre più impercettibile dall’esterno. Le persone affette da sindrome della crocerossina scelgono quasi sempre partner che necessitano di essere aiutati: ammalati, depressi, con problemi di alcol o droghe. In alternativa, uomini poco maturi, proprio come l’eterno Peter Pan.

Realisticamente, può capitare che il prescelto non abbia un gran bisogno di aiuto e per questo motivo finisca per sentirsi oppresso e soffocato. Nell’allontanare la crocerossina, si riattiva il processo dall’inizio: l’autostima di quest’ultima cala a picco e la sua inclinazione la spinge a ricercare un nuovo partner bisognoso delle sue cure.

La sindrome della crocerossina cela grandi insicurezze e un bisogno inconfessabile di essere, a propria volta, salvate. La crocerossina si identifica in realtà con la persona che soffre.

La figura della crocerossina possiede la disposizione a vivere di felicità e gratificazione riflesse. Si sente  felice solamente nel momento in cui percepisce di aver fatto qualcosa di buono per altri, non per se stessa.

Si potrebbe pensare che le crocerossine siano delle figure insostituibili, di grande aiuto per gli altri, eppure non è sempre così: spesso non aiutano davvero i propri partner, perché questo significherebbe l’uscita dal loop e il ritorno all’inutilità.

In questo senso, il partner diviene un mezzo da utilizzare per colmare il vuoto affettivo ed emotivo che la crocerossina nasconde nel suo animo più profondo.

E se l’altro decide davvero di curarsi e risolvere i propri problemi? Difficilmente il rapporto potrà sopravvivere e se la crocerossina stessa non procede su un cammino di crescita personale, il suo ruolo diverrà inutile.

La sindrome della crocerossina in psicologia

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Come già spiegato, in presenza di una sindrome della crocerossina ogni Peter Pan ha accanto la propria Wendy. La metafora non è certamente una semplice metafora, è un vero e proprio specchio della realtà.

I due celebri personaggi di James Barrie hanno ispirato nel 1983 lo psicologo Dan Kiley per la teoria della sindrome di Peter Pan, nel libro The Peter Pan Syndrome: Men Who Have Never Grown Up, e per la sindrome di Wendy, vale a dire appunto la sindrome della crocerossina, nel testo The Wendy Dilemma.

Il Peter Pan delle fiabe è il filo conduttore che conduce al Peter Pan moderno: si tratta di quella condizione in cui l’adulto si rifiuta di crescere, di accettare le necessarie responsabilità che la vita gli propone col passare del tempo, rimanendo ancorato a comportamenti e pensieri da adolescente.

Il classico Peter Pan è fondamentalmente un narcisista, privo di empatia e della capacità di mettersi nei panni altrui, straconvinto nella propria immaturità, talmente concentrato su se stesso da non riuscire a instaurare relazioni durature.

Perché per farlo dovrebbe passare allo step successivo, dovrebbe basare la sua relazione su presupposti e sentimenti più razionali e meno istintivi. In parole povere, dovrebbe comportarsi come un adulto e non come un adolescente, affrontando così la paura di provare emozioni e stili di vita differenti.

Tutto questo come si riconduce alla sindrome della crocerossina? Peter Pan può certamente continuare a crogiolarsi senza problemi sulla sua Isola che non c’è, trovando la sua Wendy, perennemente disposta ad assecondarlo.

È probabile che Kiley abbia attinto per i suoi studi anche a un articolo di ricerca di Carolyn Quadrio, del 1982, The Peter Pan and Wendy Syndrome: A Marital Dynamic, dove la psichiatra australiana descriveva come esempio una coppia formata dal marito infedele ed egocentrico e da una moglie depressa e infelice, spiegando come i disturbi di entrambi fossero il motore autoalimentato della relazione tossica.

In definitiva, cosa accade precisamente nella psiche di una persona affetta da sindrome della crocerossina?

Innanzitutto, non è corretto identificarla come un disturbo psichico, poiché non si tratta di un disturbo incluso nel DSM (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders), una sorta di catalogo ufficiale delle malattie mentali redatto dall’American Psychiatric Association.

Gli uomini e le donne che soffrono di sindrome della crocerossina attivano dei comportamenti materni, di protezione, di accudimento ossessivo, che hanno tuttavia il malsano scopo di assecondare il partner in ogni frangente.

Questo discorso può ovviamente essere applicato a una vasta tipologia di partner: fratelli, amici, parenti, purché siano persone verso le quali si prova un forte affetto ma immaturi ed egocentrici.

Cionondimeno, è nel rapporto di coppia che la sindrome della crocerossina esprime il massimo. Tale sindrome può nascondere una personalità dipendente, tendente a una spiccata insicurezza e a una scarsa autostima, la quale sentendosi indispensabile per qualcuno trova la sua rivincita.

Sintomi e segnali

sindrome della crocerossina
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Tendenzialmente la sindrome della crocerossina colpisce per la maggior parte le donne, forse per la particolarità della matrice culturale femminile, più propensa alla cura, all’ascolto, all’assistenza, al supporto e al sacrificio.

Le cause della sindrome della crocerossina sono da identificare nel percorso avuto durante l’infanzia, nella propria personalità, nello stile di vita, nell’educazione avuta, ma anche negli eventi sopraggiunti nella vita attuale. Risulta difficile identificare un’unica motivazione.

In genere, chi è affetto dalla sindrome della crocerossina ha alle spalle una famiglia con genitori immaturi o problematici, in cui i figli sono stati i veri genitori e hanno badato a loro stessi, nonché ai genitori stessi e ai propri fratelli. O in alternativa, figli che hanno occupato il posto di un capofamiglia assente.

Si parla quindi di soggetti che da bambini hanno sviluppato il processo di crescita in maniera anticipata o più veloce degli altri, prima di raggiungere una maturità affettiva equilibrata.

Nella fase adulta, inconsciamente questi soggetti continuano con lo stesso comportamento razionale dell’infanzia, annullando se stessi per dedicarsi completamente all’altra persona, alla perenne ricerca di consenso e conferme da parte degli altri.

Lo step più importante nella sindrome della crocerossina è quindi quello del porsi accanto a partner malati, depressi, problematici, immaturi come Peter Pan, oppure meno problematici e più autonomi, destinati però a sentirsi soffocati.

Le principali caratteristiche della sindrome della crocerossina e della crocerossina stessa sono di seguito elencate.

  • La paura dell’abbandono o del rifiuto.
  • La paura di rimanere soli: la sindrome della crocerossina possiede parecchi sintomi in comune col disturbo dipendente di personalità.
  • L’assunto secondo il quale è necessario sacrificarsi per amore: è necessario soffrire, è il giusto prezzo da pagare ed è sicuramente meglio della solitudine.
  • Scarsa autostima: nella sindrome della crocerossina la donna si persuade della propria rilevanza per ostacolare una bassa reputazione di sé. Trae felicità nel veder gioire l’altro grazie al proprio aiuto.
  • La crocerossina mette da parte i propri bisogni e i propri desideri.
  • Dopotutto, la crocerossina non si aspetta nulla dagli altri: dà tanto senza aspettarsi o volere niente in cambio, a differenza dei soggetti tossici che danno qualcosa al solo scopo di ottenere dall’altro.
  • La persona affetta da sindrome della crocerossina è una persona molto generosa.
  • Per taluni motivi, può diventare la vittima perfetta dei manipolatori.
  • Nel momento in cui non ci sono bisogni altrui da soddisfare o qualcuno da accudire, può star male, poiché la sua autostima si genera dall’aiuto che può dare agli altri.
  • La crocerossina è incapace di analizzarsi e ascoltarsi, riconoscendo ciò di cui ha bisogno.
  • Tende a redarguire costantemente l’altro, con la speranza di renderlo perfetto.
  • Tende a sostituirsi al partner in tutto.
  • Sacrifica la propria vita e la propria autonomia per l’altra persona.

Come superare la sindrome della crocerossina?

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La strada dalla sindrome della crocerossina verso la ripresa in mano della propria vita, si può riassumere in cinque step.

  1. Riscoprire la consapevolezza di sé, vale a dire deviare l’attenzione dall’altro a sé stessi. In un certo qual modo è fondamentale riprendere i propri spazi e riappropriarsi della propria autonomia. Può essere utile redigere una lista di cose che si ha piacere a fare, concedendosi uno spazio per se stessi e che sia fonte di benessere diretto.
  2. Altro accorgimento utile al percorso di allontanamento dalla sindrome della crocerossina è quello che prevede il tirare fuori le emozioni, magari utilizzando un diario, dove raccontare e ricordare le proprie sensazioni, la propria vita, il senso di colpa, la rabbia, la paura della solitudine e di non ricevere amore. Sarà come un cerchio che si chiude, arrivando a comprendere cosa ha condotto alla sindrome della crocerossina.
  3. Attribuirsi più valore, autoalimentando la propria autostima ripetendo al proprio Io la grandezza del proprio valore, magari anche con frasi ti tipo motivazionale.
  4. A volte, fa bene cambiare. Costruire nuovi legami, tagliare i rami secchi o semplicemente aggiungerne di nuovi a quelli esistenti. Purché siano basati sul rispetto reciproco e sull’equità.
  5. Chiedere aiuto è fondamentale, come lo è rivolgersi a uno specialista che sia d’aiuto nel comprendere le motivazioni che conducono a una situazione come quella della sindrome della crocerossina, per supportare l’allontanamento delle relazioni tossiche e la ricostruzione della propria autostima. Solo così si impara dai propri errori.

Spesso ciò che manca è la capacità di evolversi, di sviluppare un nuovo punto di vista, non solo sugli altri ma anche e soprattutto su se stessi.

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