Sorella di Napoleone, che amava definirla “La plus belle femme de son temps peut-être, a été et demeurera jusqu’à la fin la meilleure créature vivante”, Maria Paola Bonaparte nasce ad Ajaccio il 20 ottobre 1780.

Tanto bella quanto viziata, fin dalla più tenera età, non manca di esibire il proprio carattere, deciso e risoluto nei momenti più bui, accomodante in quelli di necessità, rivelandosi istrionica, a tratti dominata dall’egocentrismo

Da sempre innamorata del deputato Stanislaz Fréron, sposò il generale Charles Leclerc su volere del fratello Napoleone nel 1797 e, per quanto innamorata, scelse di non concedere allo sposo in via esclusiva, quella che lei stessa definiva i “i vantaggi concessimi dalla natura”, ovvero quel corpo considerato il più bello e desiderato di Parigi, dalla pelle bianchissima, curato con docce di acqua gelida e bagni nel latte d’asina. 

Da quell’unione, che tutto sembrava fuorché idilliaca, l’anno successivo nacque il tanto amato quanto sfortunato figlio Dermide, lo stesso che, particolarmente fragile e cagionevole si salute, morì di febbre solo 6 anni dopo. 

Tuttavia, per Paolina Bonaparte nulla è mai stato particolarmente facile, sebbene abbia saputo superare “brillantemente” ogni genere di avversità proprio grazie a quel carattere deciso, libertino e a tratti frivolo che l’ha contraddistinta: è infatti il 1802 quando il marito Leclerc, inviato a sedare una rivolta scoppiata a Santo Domingo, muore vittima del colera. 

Per quanto la stessa sia già moglie infedele, in quell’occasione si mostra sinceramente affranta, tanto da scegliere di tagliare la propria chioma, per poi deporla nel feretro del marito, ordinando che il suo cuore sia posto all’interno di un’urna funeraria per poi trasportarla a Parigi. 

Quello stesso viaggio si rivelò “galeotto”: Paolina Bonaparte, a dispetto del dolore provato in quell’occasione, non perse tempo, trovando da subito conforto fra le braccia del generale Humbert.

Giunta nella capitale francese, Paolina Bonaparte inizia però a mostrare segni di insofferenza rivolta alle limitazioni imposte dallo “status di vedova”. E così, dopo anni trascorsi all’insegna delle innumerevoli relazioni extraconiugali, una vera e propria costante della sua vita, riprende la vita frivola di sempre fino all’incontro con Camillo Borghese, giovane principe di una delle più nobili e facoltose casate romane. 

Bello, elegante e affascinante, il principe Borghese, per quanto benestante e blasonato, non brillava per intuito e intelligenza, apparendo agli occhi di tutti, compresi quelli di Napoleone Bonaparte, come un personaggio poco colto, ignorante e scarsamente affermato

Tuttavia Napoleone, stuzzicato dall’idea di vedere la propria famiglia imparentata con quella di un principe, acconsentì alle nozze della sorella, con la sola raccomandazione di seguirlo a Roma, adeguandosi agli usi e costumi della città. Il matrimonio venne celebrato in gran segreto nel castello di Mortefontaine, facendo infuriare il fratello poiché avvenuto prima del termine del periodo di vedovanza. Nonostante il dissapore, Napoleone concedette comunque la propria benedizione, raccomandando all’amata sorella di comportarsi in modo maturo e giudizioso.

Giunta nella “Città Eterna”, nonostante la calda accoglienza riservatale da parte del Papa e della nobiltà, la giovane Paolina iniziò però a mostrare segni di insofferenza, trovando sollievo ancora una volta in quello che per la stessa era diventato un passatempo abituale: i suoi numerosi amanti, frequentati durante le lunghe assenze del consorte.

Roma appare ai suoi occhi come succube del perbenismo e dell’eccessivo impegno religioso: sentendosi quasi soffocare, tenta il proprio ritorno in Francia, per liberarsi finalmente dai legami di una vita famigliare stretta e costrittiva. Invano il fratello Napoleone tenta di dissuaderla e, ostinata e determinata com’è solita essere, anche in quell’occasione vince nel proprio intento pur irritando il marito e l’imperatrice Giuseppina.  

Sebbene negli anni successivi, il rapporto con l’amato fratello appaia piuttosto conflittuale, Paolina Bonaparte nel 1804 presenza alla cerimonia dell’incoronazione imperiale: a testimoniarlo sono i numerosi dipinti in cui è raffigurata sempre in posizione preminente quasi a volerne sottolineare il ruolo così significativo all’interno della famiglia.

A segnarla in maniera significativa è però l’ennesimo lutto, quello più doloroso avvenuto nello stesso anno: la morte del suo unico figlio Dermide.

Madre disperata e tormentata, quel dolore non fa altro che accentuarne l’eterna insoddisfazione così come la sua voglia di libertà. Allontanatasi definitivamente dal marito, coltiva relazioni clandestine con noti esponenti politici, militari, artisti e musicisti dell’epoca.

Suscita pettegolezzi tanto da dare adito a spropositate fantasticherie circa il numero dei suoi amanti: si arriverà a dire di lei che abbia vinto tante battaglie a letto quante ne vinse il fratello in guerra e in ambito politico.

Voci infondate arrivano addirittura a parlare di un rapporto incestuoso col fratello Napoleone. Paolina Bonaparte è sempre stata “combattiva, instancabile, insonne, maniaca dell’ordine, accentratrice e prepotente” come lui stesso l’ha più volte definita.

Victor Hugo resta comunque l’autore di uno dei giudizi più spietati e lapidari. Di lei scrisse:

“Paolina Bonaparte, appena quattordicenne, cominciò a prostituirsi e continuò lungamente simile vita sotto gli occhi della madre sua, malgrado gli eccessi a cui abbandonavasi, mantenne la freschezza delle sue carni, e la bellezza del suo volto. Lo spirito era uno degli ornamenti di questa donna e possedeva il secreto di tenere allegra la più numerosa brigata… Innamorata di Cristoforo il Negro la nostra Messalina lo lasciava sovente estenuato di forze sul di lei letto voluttuoso. Non eravi chi ignorasse i suoi legami schifosamente incestuosi con l’imperatore; essa stessa non li negava. Napoleone quindi la dette in moglie a Borghese, principe rovinato…”.

A nulla sono valsi gli sforzi da parte del devoto marito Camillo Borghese, nel tentativo di “domare” quella che nella storia è stata da sempre considerata una donna libera, volitiva e indomabile, nemmeno l’incommensurabile regalo commissionato ad Antonio Canova per rendere omaggio alla sua immortale e leggendaria bellezza: la Venere Vincitrice, scultura in marmo di Carrara che ritrae Paolina Bonaparte seminuda e sdraiata su un triclinio, mentre custodisce nelle proprie mani il pomo della vittoria donatole da Paride in onore della sua bellezza. 

In quell’occasione si narra che la ribelle Paolina abbia posato nuda, seguendo una prassi inconsueta per quell’epoca: a quanti le chiedevano se si fosse sentita a proprio agio nel ruolo di modella senza veli, lei, quasi per scherno, era solita rispondere: “Tutto bene, l’ambiente era riscaldato”. 

Ancora oggi la Venere Vincitrice resta un’opera d’arte di valore immenso, inestimabile in termini di perfezione tanto quanto per la discussa spregiudicatezza con cui è ritratta la protagonista.  Certo è che l’ideale di perfezione che risiede alla base di tale opera artistica, appare in netto contrasto col ritratto di tale personaggio che tutto appare, fuorché divino. Da qui trae origine lo scandalo ma al contempo nasce quello che nella storia sarà ricordato come il mito di Paolina Bonaparte.

Considerata a soli 24 anni la donna più bella d’Europa, Paolina Bonaparte, fu l’indiscussa protagonista dei salotti napoleonici: una vera e propria icona di stile, entusiasta della moda che per lei rappresentava davvero un “chiodo fisso”. Esteta, amante del bello, desiderosa di sentirsi ammirata e appagata, anche e soprattutto sotto l’aspetto sessuale, non mancò di sfruttare il proprio corpo a tale scopo, forse per pura vanità ed egocentrismo, forse per insicurezza e bisogno di conferme o ancora per ottenere per l’ennesima volta la conferma di poter esercitare il proprio ascendente nei confronti degli uomini.

Certo è che nella sua breve vita, conclusasi alla soglia dei 44 anni, Paolina Bonaparte fu certamente in grado di “rompere gli schemi”, vivendo la propria vita esattamente come lo desiderava senza farsi influenzare in alcun modo da pregiudizi e stereotipi, né tantomeno dal perbenismo dell’epoca o dai pettegolezzi.

La personalità volitiva, risoluta, caparbia e ostinata, le permise di condurre la propria esistenza senza sottostare alle rigide regole imposte dalla nobiltà, ma al contempo fu in grado di compiere scelte forti, spesso difficili e controverse, senza porsi scrupoli o sensi di colpa, sempre con assoluta determinazione.

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