Una donna al potere fa paura, è inutile girarci intorno. Succede ancora oggi e accadeva nei secoli passati, nelle rare volte in cui questo avveniva, tanto da passare immediatamente alla Storia, più per il fatto in sé che per il suo operato di capo supremo di un’istituzione o di una nazione.

Se a questo aggiungiamo una grande testa pensante, un’insaziabile fame di cultura, una smania di potere che sovrasta qualsiasi sentimento o debolezza dello spirito e un appetito sessuale quasi incontenibile, la paura, che già normalmente desta un essere femminile in una posizione di leadership, diviene terrore puro.

Se, poi, in ultima battuta la contestualizziamo nella metà del 1700, non possiamo che parlare di lei, Caterina La Grande, imperatrice di Russia dal 1762 alla sua morte, avvenuta nel 1796. E proprio a questo grande personaggio storico è dedicata l’omonima nuova miniserie in quattro puntate attualmente in onda su Sky Atlantic, diretta da Philip Martin e co-prodotta con la HBO.

A interpretare la sovrana che ha rappresentato uno dei pochi casi di dispotismo illuminato, nonché una donna dalla personalità coriacea tanto da far impallidire i machi più virili, in una delle epoche più prospere e fiorenti della Russia è una meravigliosa Helen Mirren che figura anche come produttore esecutivo.

La serie si apre proprio nell’anno in cui Caterina si insedia al trono dopo aver defraudato il marito, lo zar Pietro III ritenuto gretto e inadatto a governare, non solo da lei ma anche dal suo consiglio dei ministri che, con questo colpo di stato, speravano di coadiuvare l’imperatrice e ricavare una fetta di potere.

In realtà la sovrana non vuole nessuno accanto a sé se non l’amante di turno che, puntualmente, sbatte fuori dal suo letto perché deve lavorare come nella migliore tradizione di manager uomo rampante che non tempo per coccole e sentimentalismi. Ha le idee molto chiare in fatto di governo e delle riforme da applicare per rendere ancora più grandioso il suo regno e, soprattutto, possiede una mente estremamente arguta e spregiudicata, tanto da prevenire sempre in anticipo le mosse dei suoi detrattori e da capire che la sua indole liberale e ispirata ai principi dell’illuminismo avrebbe cozzato con il tradizionalismo russo perfettamente incarnato dalla nobiltà dell’epoca.

Ma questo non ferma i suoi obiettivi di modernizzare la Russia, anzi le fa azzardare proposte e riforme che oggi definiremmo “disruptive” come, ad esempio, abolire la servitù della gleba, fondare il primo istituto per l’istruzione femminile o espandere i confini del suo stato fino alla Crimea.

Sanguinaria solo per necessità, per niente incline ad atteggiamenti materni verso il figlio Paolo (Joseph Quinn), vissuto più come un peso e un ulteriore nemico da cui guardarsi e molto generosa con gli ex amanti, come Grigory Orlov (Richard Roxburgh) suo complice nell’ascesa al potere, la vediamo vacillare per un momento solo quando incontra Grigory Potemkin (Jason Clarke), l’uomo che ama fino alla fine dei suoi giorni malgrado non rinunci alla compagnia dei suoi innumerevoli e giovani amanti.

E per un motivo molto semplice: perché la sua personalità e tutto quello che ha costruito non può rischiare di essere messo a repentaglio per un sentimento sconvolgente come l’amore, con l’azzardo già corso nelle storie precedenti, di avere uomini accanto solamente per brama di potere. Come a dire che aprire il cuore equivale a depotenziare uno status di controllo e la condizione di professionista – in fondo Caterina lo era, non faceva altro che lavorare – tutta di un pezzo che ha come scopo quello di dominare in modo assoluto e di mandare avanti la baracca.

Tale aspetto ci ha fatto riflettere ancora una volta su quanto tale tratto di durezza e di chiusura sia comune a molte donne, di oggi e del passato, che comandano e a quanto siano costrette, anche per volontà personale, a rinunciare pur di mantenere inalterata la propria posizione, solo per il fatto di essere donne e di dover faticare il doppio per dimostrare che meritano di occupare quella poltrona o quel trono.

E, infine, quando si cede al sentimento, a quanti equilibri si debbano sempre mantenere e incastrare per non rinunciare a se stesse e, di contro, non far sentire l’altro in una posizione deficitaria. Questo nel caso in cui accanto non si abbiano uomini intelligenti e sensibili che rispettino scelte professionali impegnative delle proprie partner o, in alternativa, se si è uno spirito totalmente libero, egocentrico e autarchico come Caterina La Grande.

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