Infedeltà coniugale: “Vi racconto la mia giornata da investigatore privato”

Come si scopre l'infedeltà coniugale? E quali sono i motivi che potrebbero spingere a lavorare a stretto contatto con un investigatore privato per riconoscerla e scoprirla? La giornata tipo di uno di loro svela i veri motivi che portano donne e uomini ad affidarsi alle prestazioni di questo professionista.

Sembra un lavoro da film o da romanzo. Un po’ agente 007, un po’ Sherlock Holmes. 
Ci sembra strana l’idea di qualcuno che potrebbe seguirci o potrebbe seguire qualcun altro per noi. 
Eppure potrebbe! Soprattutto perché questo lavoro, quello dell’investigatore privato, diventa a volte fondamentale in alcuni casi che richiedono delle prove certe, non solo a livello privato ed emotivo, chiaro; ma anche a livello legale. Un esempio? L’infedeltà coniugale.

Per capirne di più abbiamo chiesta a un investigatore privato di raccontarci, ovviamente in forma anonima, la sua giornata tipo a caccia di prove. Quella che segue è la sua testimonianza.

Le prove dell’infedeltà coniugale

Tanti, tantissimi, mi chiedono chi me lo faccia fare. Di fare l’investigatore privato a caccia di prove di infedeltà coniugale, dico. La domanda che mi fanno più spesso quando scoprono il mio lavoro è “Come ti senti a farlo?”. Io rispondo che il tradimento è sempre esistito, snocciolando anche due o tre stime aggiornate su chi tradisce, perché lo fa e come lo fa per inquadrare meglio quello che faccio tutti i giorni.

Il mio lavoro, tra parentesi, non è macchina fotografica con teleobiettivo per riprendere in flagrante qualcuno che tradisce la moglie o il marito, come si vede nei film. E neanche appostamenti ai limiti della resistenza fisica. Almeno, non è solo questo. Certo, da investigatore privato faccio davvero degli appostamenti, pedino davvero la persona che, in quel momento, è l’oggetto delle mie indagini. Ma non immaginatevi inseguimenti da film, il mio è un settore che ha molto a che fare con la pazienza e la delicatezza, molto più di quanto le leggende intorno al mio lavoro raccontino.

Fare l’investigatore privato significa soprattutto fornire delle prove valide, una sorta di asso nella manica con il potere di cambiare molte vite. Non solo della persona che tradisce e che viene scoperta, ma anche di chi viene tradito. Le prove raccolte durante una giornata di lavoro particolarmente proficua sono un elemento che le coppie arrivate al capolinea portano in tribunale per chiudere in un modo o nell’altro la separazione in tutti quei casi in cui non c’è consensualità.

Quando mi chiedono “Come fai?”, come se fossi l’artefice della distruzione di quel matrimonio o di quella relazione, mi viene da sorridere perché penso che i tradimenti, intesi come istinti primordiali ad avere ciò che (in teoria) non si dovrebbe avere, sono sempre esistiti. Tendiamo sempre a dare la colpa all’uno o all’altro quando si tratta di rapporti che si chiudono con un infedeltà coniugale, ma quello che vedo tutti i giorni durante gli appostamenti è che i motivi di un tradimento sono tantissimi e spesso non hanno nulla a che fare con la colpa.

O comunque non sono certo io che devo addebitarla ai miei assistiti, ma il tribunale, che, prove alla mano, decide modi e tempi della rottura: non tutti sanno che l’infedeltà coniugale (con evidenze raccolte senza violare la legge o la privacy, ovviamente!) è un argomento fondamentale per la separazione giudiziale tra i coniugi. Ed è proprio per questo che mi sveglio ogni mattina, pronto a rispondere alla chiamata dei miei assistiti.

Come accertare l’infedeltà coniugale

La mia giornata tipo inizia con un riassunto mentale del “caso” del giorno, vale a dire la persona che è entrata nel radar della mia agenzia e che mi è stato affidata. L’altra persona della coppia si è accorta di comportamenti strani e ha contattato l’agenzia per vederci chiaro e fugare i suoi dubbi. D’altronde è sempre così: il tradimento lo potete considerare come una sorta di “variazione sul tema” in una relazione stabile.

Sono frasi, gesti o azioni che cambiano all’improvviso, in alcuni casi spariscono, in altri compaiono a voler celare altro. L’altra persona se ne accorge, sente che c’è qualcosa che non va, comincia a farsi delle domande ed è qui che compaio io.

Sono un professionista e mi comporto come tale: appostamenti mirati e pedinamenti vengono portati avanti grazie al supporto delle tecnologie satellitari e per anticipare un’altra delle domande che mi vengono poste spesso rispetto alla validità del materiale che raccolgo sì, le prove sono tutte a norma e non ledono la privacy di nessuno. E se foto e video prodotti non sono illegali e il risultato è di alta qualità, diventano elementi importanti per la separazione giudiziale, nel caso in cui si verifichino fatti che spingono una persona a chiudere un rapporto matrimoniale a causa di un tradimento subìto. Lo dice l’articolo 151 del Codice Civile, che

la separazione legale giudiziale può essere pronunciata nel caso in cui si verifichino fatti tali da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza tra i due coniugi.

Mica io.

Foto e prove di alta qualità e inoppugnabili dal punto di vista legale servono per onorare il principio di risarcibilità dei danni derivanti da un’infedeltà. Lo dice la sentenza n. 18853 del 15 settembre 2011 emessa dalla Suprema Corte di Cassazione Sezione I Civile. In parole povere questo vuol dire che, alla scoperta di un tradimento, l’altro partner può essere risarcito nel caso in cui vengano toccate salute e dignità di chi viene tradito.

Così la mia giornata scorre, sia lenta che veloce, spesso in attesa di un gesto o di una mossa che facciano davvero la differenza e che diano una scossa alla ricerca.

In tutto questo, io non giudico nessuno, non è il mio ruolo: documento soltanto l’atto. Se sono “fortunato”, lo faccio nel momento stesso in cui l’atto è in corso – se vogliamo usare un eufemismo un po’ ironico – così che quelle prove diventino elemento che può cambiare la vita di una persona nelle sedi giuste, ovvero in tribunale.

Discrezione, pazienza e affidabilità sono tre qualità che devo avere sempre, durante tutto il corso dell’indagine. Una buona dose di empatia non guasta, anche se cerco sempre di non lasciarmi trascinare in giudizi su chi tradisce e su chi è tradito, perché non posso (e non voglio. Neanche devo, a dire il vero!) sapere cosa c’è dietro. Io arrivo a cose fatte: devo solo cristallizzare il momento, fornire prove e aiutare il cliente a dipanare un dubbio. A volte sono solo il messaggero di una conferma: il campanello d’allarme più forte suona spesso grazie al proprio istinto, il mio lavoro gli dà solo man forte.

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