Tutta Italia ricorderà per sempre l’orologio fermo alle 3:36 del 24 agosto 2016, quando la terra, nel centro Italia, è tornata a tremare, 7 anni dopo L’Aquila, distruggendo i paesi di Amatrice, Accumoli e Arquata del Tronto.

Il bilancio di quel sisma è tremendo: 299 persone morte, 238 estratte dalle macerie, alcune delle quali moriranno più avanti per le conseguenze riportate (saranno complessivamente 303 i deceduti) e, in generale, danni inquantificabili, che costringeranno i supersititi a trovare sistemazioni alternative per vivere, perché le case sono andate distrutte.

Saranno 41 mila, in tutto, gli sfollati; persone che in quei paesi avevano costruito una vita intera, o che vi avevano fatto ritorno dopo anni passati altrove, che avevano delle attività, delle professioni, e che dal giorno alla notte si sono ritrovate con un cumulo di macerie fra le mani. Sopravvissute, certo, e per questo già grate alla vita, ma con la necessità di ripartire da zero, di ricostruirsi, assieme a quelle abitazioni sconquassate dalla magnitudo 6.0 del terremoto, che non ha dato pace a quelle zone per i giorni e i mesi a venire (nel gennaio del 2017 si verificherà un’altra tragedia, quella dell’hotel di Rigopiano).

Cinque anni sono passati da quella notte, e le cose sembrano, finalmente, volgere al meglio. Avevamo intervistato alcune delle superstiti al sisma, Assunta, Patrizia e Marta, e oggi due di loro hanno accettato di raccontarci come è la situazione, a più di 1800 giorni dal sisma.

Da alcuni mesi il Commissario della ricostruzione Giovanni Legnini si è impegnato tanto – ci racconta Assunta, che abita a Campotosto, epicentro del sisma 2017 – Sono partiti i primi aggregati, ci sono tantissimi turisti perché Campotosto ha una bellissima natura, fra lago e montagna. L’animo si è abbastanza alleggerito.

Della figura di Giovanni Legnini, nominato Commissario straordinario di Governo per la ricostruzione, ha parlato anche Patrizia, che nel sisma del 2016 ha perso casa e lavoro; Patrizia era infatti proprietaria del b&b La casa dell’ortigiana, ricavato proprio da una parte della sua abitazione, a Ussita, andata distrutta.

“Le cose per fortuna sono cambiate, il cambiamento l’ha fatto il nuovo Commissario; qualche progresso si comincia a vedere, da un annetto a a questa parte si cominciano a vedere i cantieri”.

Patrizia ci spiega che anche il suo La casa dell’ortigiana rientra tra i progetti in cantiere, stanno lavorando sul Piano Straordinario di Ricostruzione seguendo vari criteri prima di fare un check con il comune, per capire se le piccole variazioni proposte possono andare bene; dopodiché sarà la volta della presentazione all’ufficio ricostruzione.

Ho amici che hanno finito la fase di ricostruzione, molti sono in dirittura d’arrivo. Io sto ancora nella SAE, i moduli abitativi d’emergenza, ma è stata una scelta; noi in queste case ci rimaniamo fin quando non possiamo andare a vivere nelle nostre.

Se mi chiedi quanto tempo ci vorrà non posso risponderti, e un po’ non voglio illudermi, anche perché in questo momento abbiamo una carenza di materie prime, di prezzi che si alzano, insomma qualche problematica c’è sempre. Ma ho sicuramente più speranza di prima.

Se decidi di rimanere a vivere in queste zone devi imparare a convivere con il sisma, se senti due o tre scossette l’ansia ti verrà sempre, quello che uno spera è che almeno stavolta gli edifici vengano ricostruiti con criterio, in modo che non debba esserci un altro esodo o altri danni gravi. Ovviamente molto dipende anche da noi privati cittadini, rispetto alla fiducia che diamo ai nostri tecnici e alle ditte che scegli. Per quanto mi riguarda mi sono resa conto che seguire la ricostruzione della propria casa è un vero e proprio lavoro, si spendono energie, tempo, proprio per evitare che ci siano fraintendimenti, malintesi. Vista la paura nessuno vuole rischiare usando materiali scadenti, si fanno indagini idrogeologiche per capire se la casa potrà avere fondamenta valide, insomma si stanno facendo dei lavori con la massima attenzione.

Sicuramente saranno anni di passione, di frustrazione, però almeno si inizia un percorso. Se si potesse riassumere in una parola il mio umore dire “speranzoso”.

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