Veuve Clicquot, la vedova dello champagne che l'essere donna non ha fermato

Vedova a soli 27 anni, Barbe-Nicole Ponsardin, meglio nota come Madame Clicquot, fu una delle prime donne d’affari del mondo moderno. Con la sua intelligenza e il suo coraggio, seppe guidare con maestria la Maison di champagne, apportando modifiche e innovazioni ancora attuali.

Se fosse vissuta nel 2021, probabilmente avrebbe avviato una start up. L’inventiva, l’audacia e la passione per le sfide che caratterizzarono la giovane Madame Clicquot furono, infatti, le sue chiavi per il successo, la cui risonanza toccò presto tutti gli angoli del mondo.

Con una differenza sostanziale: a renderla nota non furono condivisioni sui social o hashtag, bensì grande caparbietà e lungimiranza. Doti che, a inizio Ottocento, resero Barbe-Nicole Ponsardin, poi denominata “La Grande Dame de la Champagne”, una delle prime imprenditrici dei tempi moderni.

Ancora oggi emblema di indipendenza e coraggio, si devono alla “Veuve Clicquot” (la vedova di François Clicquot, figlio del fondatore dell’omonima casa produttrice di champagne) l’invenzione del primo Millesimato della regione della Champagne, la creazione della “table de remuage” e, soprattutto, la notevole espansione di cui godettero i vini della Maison, giunti persino a San Pietroburgo.

Onorando, così, il motto che la Maison si impose fin dagli albori, ossia andare:

al di là di tutti i confini.

Mai nessuno prima di lei, però, giunse tanto lontano.

Chi era Barbe-Nicole Ponsardin

Già prima di divenire Madame Clicquot, Barbe-Nicole Ponsardin ebbe modo di carpire i segreti del mondo degli affari e di interiorizzarne il senso e le dinamiche precipue grazie alla sua famiglia di origine. Nata a Reims nel 1777, Ponsardin era, infatti, la prima delle due figlie del barone Nicolas Ponsardin, ossia il più ricco commerciante della regione, reso nobile da Napoleone I nel 1813.

Forgiata da un’educazione consona al contesto agiato in cui crebbe, basata su valori morali solidi e insegnamenti eccellenti, nel 1798 Barbe-Nicole sposò, appena ventenne, il rampollo della Maison Clicquot, François, fondata da Philippe Clicquot nel 1772. Dall’unione nascerà, l’anno seguente, anche una figlia, Clémentine.

François, dedito all’impresa di famiglia, coinvolse fin da subito la sua giovane sposa in tutte le attività che interessavano l’azienda, portandola con sé tra i vigneti di Bouzy e trasmettendole la passione e le competenze necessarie per la produzione e la commercializzazione dello champagne.

Un addestramento che, inconsapevolmente, sarebbe tornato utile molto presto a Barbe-Nicole, la quale, a soli 27 anni, vide la scomparsa prematura del marito e l’imporsi di una decisione senza eguali per l’Ottocento: assumere la gestione della Maison Clicquot.

In poche settimane, la “Veuve Cliquot”, impavida di fronte alla solitudine e agli ostacoli che l’avrebbero attesa lungo il cammino, divenne, così, la responsabile dell’azienda vinicola, scardinando gli stereotipi sessisti e maschilisti che, all’epoca, volevano la donna relegata al mero ruolo di moglie e madre, e perciò distante dagli affari e dal mondo del lavoro.

Tenace e decisa, Madame Clicquot avviò il suo percorso verso la perfezione e fece proprio un altro dei motti fondanti dell’attività di famiglia:

una sola qualità, la migliore.

Le innovazioni introdotte da Veuve Clicquot

Barbe-Nicole Clicquot
Fonte: Wine Folly

Con grande determinazione e spirito creativo, Barbe-Nicole mise immediatamente il suo temperamento ardito e il suo acume al servizio della produzione vitivinicola, dando un volto nuovo all’azienda lasciatele in eredità dal marito e ai suoi prodotti.

Nel 1810, quindi, a soli cinque anni dall’inizio della vedovanza, Veuve Clicquot diede prova di coraggio e inventiva creando il primo Millesimato vintage della regione della Champagne-Ardenne, mentre nel 1811, in occasione del passaggio della cometa e in seguito a un’annata premiata da una vendemmia eccezionale, produsse “le vin de la Comète”.

Il successo è immediato. Ma, per Barbe-Nicole, non era ancora sufficiente. Di qui, l’idea: tentare l’espansione che non era riuscita al marito François. Nel 1814, quindi, con audacia e una profonda fiducia nelle proprie capacità, Madame Clicquot decise di sfidare il blocco continentale che paralizzava l’Europa aggirando l’embargo imposto da Napoleone I.

Obiettivo: San Pietroburgo, alla cui corte fece recapitare ben 10.550 bottiglie di champagne. Il palazzo degli Zar divenne, così, uno dei suoi più affezionati clienti, meritevole di aver acuito i commerci con l’estero, i vigneti impiegati e, in generale, i ricavi dell’azienda. In tutta la Russia, inoltre, lo champagne fu accolto da un consenso ingente, incontrando anche gli elogi di esponenti del mondo letterario del calibro di Puškin, Čechov e Gogol.

Merito del perfezionismo di Veuve Clicquot, dedita a curare e seguire con attenzione ogni passaggio della commercializzazione: dalla recluta dei rappresentanti nelle capitali europee ai controlli dei trasporti al porto d’imbarco, fino alle trattazioni con le truppe d’occupazione (siamo negli anni dei cambiamenti di regime e della crisi economica) e alla difesa delle caves dai soldati prussiani e austriaci.

Lo spirito innovativo e il fiuto per gli affari di Nicole-Barbe, tuttavia, non si limitarono alla sola commercializzazione, ma coinvolsero anche la produzione stessa dello champagne e le sue fasi, osservate sempre in prima persona.

Al 1816 risale, infatti, un’invenzione in uso ancora oggi: la “table de remuage”, una costruzione con dei ripiani in legno inclinati contenenti ciascuno bottiglie di vino di seconda fermentazione, ruotate ogni giorno di un quarto di giro per eliminare i sedimenti e garantire la limpidezza cristallina propria dello champagne.

Barbe-Nicole divenne, così, “La Grande Dame de la Champagne”, e attirò su di sé la stima e il rispetto degli altri operatori del settore. Tutti, rigorosamente, uomini.

Una fama accresciuta anche da un’altra idea vincente, realizzatasi attraverso una rottura con la tradizionale preparazione dello champagne rosé: la nascita, nel 1818, del primo “rosé d’assemblage”, sorto dalla miscela di alcuni vini rossi di Bouzy all’interno dello champagne stesso.

Il nome di Madame Clicquot era ormai divenuto una leggenda, e, per rinsaldare la sua presenza sul mercato, la Maison decise di vestire le sue bottiglie con un tocco estetico rivoluzionario per l’epoca: l’introduzione di un’etichetta gialla, colore inusuale ma distintivo che, ben presto, divenne uno dei tratti peculiari di Clicquot.

Una volta tornata la monarchia, Barbe-Nicole diede in sposa la figlia al conte di Chevigné e, per rispondere alla domanda sempre più elevata dei suoi prodotti, iniziò ad acquistare i migliori vigneti della regione. Provocando, ancora una volta, un’impennata del commercio dell’azienda. Nel corso dei decenni successivi, infatti, la vendita non cesserà di crescere esponenzialmente, giungendo, nel 1841, a circa 760.000 bottiglie vendute all’anno (dalle circa 100.000 di inizio secolo, alla morte del marito).

Poco dopo, Veuve Clicquot decise di ritirarsi e di cedere la direzione dell’azienda a Edouard Werlé. Barbe-Nicole Ponsardin Clicquot morì nella tenuta neo-rinascimentale di Boursault nel 1866: 89 anni di vita all’insegna dell’anticonformismo, dello spirito di iniziativa e del coraggio, emblema di un successo al femminile che, spesso, è ancora una rarità nel mondo contemporaneo.

Un successo dal quale è, però, utile lasciarsi ispirare, ogni volta che, magari, ci capiterà di sorseggiare il Veuve Clicquot Gran Dame. Ovviamente, lo champagne di punta della Maison di Reims.

E se la sete di imprenditoria femminile non è ancora soddisfatta, ci pensano le scrittrici Michela Murgia e Chiara Tagliaferri, che proprio nel mese di marzo hanno deciso di rendere omaggio a Madame Clicquot nel podcast “Morgana, disponibile su storielibere.fm.

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