Protofemminismo: le figure che hanno anticipato le ondate femministe

Ipazia d'Alessandria, Chiara d'Assisi, Christine de Pizan, Mary Astell e Mary Wollstonecraft sono donne celebrate dal femminismo moderno pur senza esserne state partecipi. Quando ci riferiamo a loro facciamo bene a parlare di protofemminismo?

Quello del protofemminismo è un concetto moderno, che nasce per indicare tutte quelle idee e quelle figure che al femminismo sono associabili, pur essendo cronologicamente antecedenti alla sua nascita in senso proprio. In quanto tale, la validità di questo concetto è ancora dibattuta. Infatti, secondo molti studiosi avallerebbe la prospettiva di una storia univoca del femminismo, che non tiene conto dei suoi numerosi filoni non temporalmente delimitabili.

Tuttavia, proprio in virtù dell’impossibilità di determinare con precisione l’origine del movimento, è importante considerare tutti i momenti in cui le voci di donne si sono fatte sentire. Quindi, chi si occupa di protofemminismo tiene in considerazione la forma e la portata rivoluzionaria di figure femminili, ovviamente, contestualizzandolo in un tempo specifico. Questo è importante perché da un punto di vista sociale ci permette di ricostruire le diverse modalità di opposizione alla cultura patriarcale.

Nonostante non possa esistere, quindi, un vero e proprio catalogo di figure protofemministe, può essere utile prendere in considerazione alcune personalità di spicco a dimostrazione del fatto che il discorso femminista, sin dalle sue origini, ha costretto il pensiero occidentale a una revisione dei rapporti politici, giuridici e sociali. È, perciò, proficuo ragionare anche in ottica retrospettiva su quelli che potrebbero essere stati, anche se in maniera episodica, gli albori del movimento femminista.

Ipazia d’Alessandria, la prima ‘eroina’ femminista

La storia del pensiero occidentale è costellata di figure femminili dimenticate e che non hanno avuto la possibilità o l’educazione adeguata a poter emergere. Tra tutte queste voci cancellate del mondo antico, la figura di Ipazia d’Alessandria (350/370-415 d.C.) rappresenta una rara eccezione. Matematica, astronoma e filosofa, all’età di soli 31 anni assunse la guida della Scuola neoplatonica di Alessandria.

Personaggio scomodo, attirò l’odio dei fanatici cristiani, che poco tolleravano la dimensione pagana della Scuola. Il crescente disprezzo per Ipazia culminò con la sua uccisione per volere del vescovo Cirillo. Fu aggredita per strada, il suo corpo fu dilaniato con cocci aguzzi e le furono cavati gli occhi. Considerata la prima protofemminista della storia, la storica Silvia Ronchey ritiene che la sua figura sia stata mistificata e strumentalizzata da storiografia e letteratura.

scienziata punita per le sue scoperte, eroina protofemminista, martire della libertà di pensiero, illuminista e romantica, libera pensatrice e socialista, protestante, massone, agnostica, vestale neopagana e perfino santa cristiana. Ma Ipazia non era nulla di tutto questo.

S. Chiara d’Assisi, una santa ‘disobbediente’

Alle donne religiose la storia ha sempre riservato uno spazio speciale perché ottemperanti al modello di donna imposto dal sistema patriarcale. Tra queste, però, santa Chiara d’Assisi (1194-1253) gode della fama di ‘santa ribelle’, per via della ferma opposizione che esercitò contro la volontà della sua famiglia di farle prendere marito. Solo la storiografia più recente, però, sta provvedendo a slegare la figura della fondatrice dell’ordine monastico delle Clarisse da quella di San Francesco d’Assisi. Profondo fu, infatti, il legame stretto con il frate, che spesso l’ha relegata nell’ombra.

Christine de Pizan e le dame virtuose

È stata Simone de Beauvoir a citare nella sua opera più nota, Il Secondo Sesso, la scrittrice francese Christine de Pizan (1365-1430 circa), per il merito di essere stata la prima donna a denunciare la misoginia e a parlare della relazione tra sessi. De Pizan è riconosciuta come la prima scrittrice professionista e la prima storica laica. Rimasta vedova molto giovane, si dedicò alla composizione e ottenne la guida di un centro scrittorio di amanuensi. La sua opera più nota, scritta come risposta a Boccaccio e Jean de Meun che definivano nei loro testi le donne come essere viziosi per natura, è La città delle dame, in cui descrive una società utopica abitata da donne virtuose della storia. Nei suoi testi insiste sull’importanza dell’educazione femminile. Quella che viene considerata un’inferiorità naturale, infatti, altro non è che la conseguenza del limitato accesso alla cultura riservato alle donne.

Se ci fosse l’abitudine di mandare le bambine a scuola e di far loro imparare le scienze come si fa per i ragazzi, capirebbero anch’esse le sottigliezze di tutte le arti.

Mary Astell e la battaglia per l’istruzione femminile

Sulla necessità di offrire alle donne un’istruzione completa e pari a quella degli uomini spese molte parole anche l’inglese Mary Astell (1666-1731). La filosofa e teologa si impegnò nelle sue opere per dimostrare come l’idea di inferiorità femminile fosse filosoficamente insostenibile. Astell si oppose apertamente al sistema politico teorizzato da John Locke che escludeva le donne, ribattendo alle tesi esposte dal noto filosofo nel suo saggio Paraphrase and Notes on the first Epistle of St Paul to the Corinthians del 1706.

Mary Wollstonecraft e Olympe de Gouges, le ‘madri’ del femminismo

È opinione comune che la Rivendicazione dei diritti della donna di Mary Wollstonecraft (1759-1797), per l’Inghilterra, e la Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina di Olympe de Gouges (1748-1793), per la Francia, siano i due testi che aprirono le porte alle rivendicazioni femministe in senso proprio. Non solo perché reclamarono la pretesa di accesso delle donne alla piena cittadinanza, ma anche perché misero in evidenza i limiti e la parzialità dell’universalismo.

De Gouges fu una ferma sostenitrice della Rivoluzione francese, si interessò di uguaglianza civile, propose la creazione di istituti di maternità e l’abolizione del matrimonio religioso in favore dell’unione civile.

Ma è a Mary Wollstonecraft che viene attribuita la fondazione del femminismo liberale. La scrittrice e filosofa, madre di Mary Shelley, sostenne fermamente che solo con una buona educazione le donne avrebbero potuto emanciparsi, ampliare le proprie aspettative e distaccarsi dall’immagine di mogli soggiogate dalla figura maschile.

Non solo la virtù ma anche la conoscenza dei due sessi dovrebbe essere della stessa natura, se non dello stesso livello, e le donne, considerate creature razionali e non solo morali, dovrebbero cercare di acquisire virtù umane (o perfezioni) attraverso gli stessi mezzi degli uomini, invece di essere educate da esseri umani a metà.

Se sia giusto riferire una categoria moderna come quella del femminismo a figure che lo hanno preceduto, e se si possa parlare di protofemminismo, è ancora oggetto di dibattito. A essere certa, però, è la necessità di celebrare e, soprattutto, ricordare personalità come queste per costruire uno spazio di discussione sulle donne laddove la ricostruzione storica le ha lasciate in disparte.

La discussione continua nel gruppo privato!
Seguici anche su Google News!