“Un grande artista, mesdames, non è mai povero. Abbiamo qualcosa, mesdames, di cui gli altri non sanno nulla”: questa frase, tratta da Il pranzo di Babette, ci dice molto della sua autrice Karen Blixen. Pubblicato nel 1958 sotto lo pseudonimo di Isak Dinesen e contenuto nella raccolta Capricci del destino, è certamente il racconto più noto nella carriera letteraria di Karen Blixen.

In un remoto villaggio della Danimarca di fine Ottocento, due anziane sorelle nubili vivono per i pochi fedeli rimasti della comunità luterana che aveva radunato il padre ormai scomparso. Quando alla loro porta si presenta una cuoca francese, sfuggita alla persecuzione della Comune di Parigi e mandata da un lontano amore perduto di una delle due donne — il cantante d’opera Achille Papin  — tutto cambia.

Filippa e Martina accolgono Babette nella loro casa e le chiedono di cucinare semplici piatti del nord, come lo spezzatino di merluzzo e la zuppa di pane e birra. Quando Babette vince una somma ingente alla lotteria, invece di tornare in patria decide di spendere tutto il denaro per preparare un magnifico banchetto francese per le due padrone di casa e i loro amici, lasciando tutti senza fiato.

Solo allora rivela di essere stata una grande chef in uno dei migliori ristoranti di Parigi. Babette, proprio come l’uomo che l’ha salvata mandandola dalle due sorelle — e come la stessa Karen Blixen —  racconta loro di sentirsi felice solo quando può dare il suo meglio.

“È stato così anche per Monsieur Papin,” disse.
“Per Monsieur Papin?” chiese Filippa.
“Sì, per il suo Monsieur Papin, povera signora mia,” disse Babette. “Me l’ha detto lui stesso: ‘È terribile ed insopportabile essere un artista,’ diceva,’essere incoraggiato a fare, essere applaudito per aver fatto meno del mio meglio.’ Diceva: ‘Per tutto il mondo risuona un solo lungo grido che esce dal cuore dell’artista: consentitemi di fare il meglio che posso!'”

Capricci del destino

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Una raccolta che contiene cinque tra i racconti più amati di Karen Blixen, tra cui "Il pranzo di Babette", da cui è stato tratto l'omonimo film.
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Come un matrimonio sbagliato cambiò la vita di Karen Blixen

Prima di tutto, bisogna essere coraggiosi. Non si può vivere senza un grande coraggio. E se me lo chiedessero di nuovo, direi: bisogna essere in grado di amare e bisogna avere il senso dell’umorismo.

Questo stralcio di intervista, riportato dal sito del Karen Blixen Museum, offre un riassunto del carattere indomito della scrittrice. Nata nel 1885 come Karen Christentze Dinesen visse un’infanzia privilegiata nella grande tenuta di Rungstedlund con i genitori, due sorelle e due fratelli. Suo padre si divertiva a portarla a fare passeggiate nei boschi circostanti, insegnandole i nomi degli uccelli e instillandole un profondo amore per il mondo naturale. Il suo suicidio, quando aveva solo nove anni, la traumatizzò profondamente.

Costretta a studiare a casa insieme alle sorelle con un tutore privato, mentre i fratelli potevano andare a scuola perché maschi, ancora bambina iniziò a scrivere commedie, che poi metteva in scena in famiglia. Diventata una giovane donna, faticò ad arrendersi all’idea di dover sposare un uomo ricco e condurre la vita che chiunque si aspettava da lei.

Dopo lunghi tormenti interiori, Karen cedette e si fidanzò con il cugino di secondo grado, il barone Bror von Blixen-Finecke. terzo figlio di una famiglia aristocratica svedese, come tale poteva scegliere la propria carriera, anche all’estero. La scelta cadde sul Kenya, dove decise di acquistare una piantagione di caffè che chiamò Karen Coffee Company Ltd., in onore della futura moglie.

All’inizio di dicembre 1913, Karen lasciò la Danimarca per un viaggio di sei settimane a Mombasa dove sposò Bror e divenne la baronessa von Blixen-Finecke. Ancora freschi sposini, lui iniziò a tradirla e le passò anche la sifilide, malattia venerea che minò la salute di Karen Blixen fino alla fine dei suoi giorni.

Il vero amore arrivò solo qualche anno dopo: nel 1918, mentre si trovava a una cena a Nairobi, Karen Blixen incontrò il colto aristocratico inglese Denys Finch Hatton e fu amore a prima vista. Qualche anno più tardi, nel 1925, divorziò dall’inaffidabile e infedele Bror, che aveva portato la fattoria quasi al fallimento; Karen prese il suo posto come responsabile della piantagione, ma presto le fu chiaro che la zona scelta era troppo fredda e che il caffè non sarebbe mai cresciuto.

Sempre più disperata, assistette senza poter far nulla allo scioglimento della Karen Coffee Company Ltd. nel 1931 e si preparò a tornare in Danimarca, dove sperava di potersi ricostruire una vita scrivendo. Pochi mesi prima della partenza, Denys Finch Hatton morì tragicamente in un incidente aereo: non c’era davvero più nulla che potesse trattenerla in Africa e non vi tornò mai più.

La nuova vita da scrittrice

Tornata nella tenuta di famiglia, quasi uno spettro di sé stessa, Karen Blixen pubblicò le Sette storie gotiche usando il suo pseudonimo Isak Dinesen. Il successo vero arrivò con la pubblicazione del libro La mia Africa, nel 1939, racconto biografico dei suoi anni in Kenya e bestseller trasposto anche su Grande Schermo nell’omonimo film del 1985 con Meryl Streep.

In Africa avevo una fattoria ai piedi degli altipiani del Ngong. A centocinquanta chilometri più a nord su quegli altipiani passava l’equatore; eravamo a milleottocento metri sul livello del mare. Di giorno si sentiva di essere in alto, vicino al sole, ma i mattini, come la sera, erano limpidi e calmi, e di notte faceva freddo.

La mia Africa

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La storia di una donna e dell'amore per un continente intero: il libro più celebre di Karen Blixen, diventato poi un film di successo, è una dichiarazione per l'Africa, in cui ha vissuto a lungo.
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Nel 1939 Karen Blixen ricevette una rendita vitalizia dalla Fondazione Culturale dello Stato danese, ma faticò a sentirsi veramente accettata dal Paese in cui era nata. Si rimise in viaggio, stavolta come corrispondente di un giornale, e nel 1940 arrivò nell’occhio del ciclone europeo, in Germania: l’occupazione della Danimarca la costrinse a cercare riparo nella neutrale Svezia. Nel frattempo contattò gli amici che erano entrati a far parte della Resistenza danese e li invitò ad andare a cercare riparo nella sua casa.

Alla fine della guerra e fino agli anni Sessanta fu spesso indicata come candidata al Nobel per la letteratura, ma il riconoscimento non giunse mai. Nel 1960 pubblicò il suo ultimo romanzo, Ombre sull’erba, seguito da una raccolta postuma di racconti. Karen Blixen morì il 7 settembre 1962, nel suo letto a Rungstedlund, e fu poi sepolta sotto i rami di un grande e vecchio faggio del suo giardino.

In un certo senso credo che l’unica vera felicità di cui si possa parlare sia la pura gioia di vivere, una sorta di sensazione trionfale legata al solo fatto di esistere. E, per fortuna, io sono nata con questa sensazione.

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