Ildegarda di Bingen è stata una delle poche donne del Medioevo a poter scrivere (persino di sessualità), insegnare, comporre e predicare in pubblico.  Se vi state chiedendo come questo sia stato possibile, secondo lo storico Alessandro Barbero forse è perché avete un’idea sbagliata di quel periodo storico.

L’esperienza straordinaria di questa mistica tedesca è la dimostrazione che in quella che troppo a lungo è stato considerata l’epoca più fosca, sicuramente c’era qualcuno che si orientava bene con le stelle. E i monasteri, come quello in cui Ildegarda di Bingen entrò a soli otto anni, erano luoghi di cultura, oltre che di religione, dove vivere di libri era possibile.

La vocazione di Ildegarda di Bingen

La Sibilla del Reno, come verrà poi soprannominata Ildegarda di Bingen, nasce nel 1098 a Böckelheim, in Germania. Decima e ultima figlia di una famiglia nobile, Ildegarda fin da bambina si sente diversa; decisiva, secondo lei, è la prima visione celestiale, a tre anni, che non sa spiegarsi ma che le fa “tremare l’anima”, come racconterà molto più avanti.

Sono forse queste premature esperienze mistiche a convincere i suoi genitori a mandarla nel remoto monastero benedettino di Disibodenberg a soli otto anni, affidata a una ragazza poco più grande di lei, Jutta. Lì vive in una piccola cella, senza poter comunicare con il mondo esterno, ma inizia per lei un grande cammino di studio e impegno.

Per la prima metà della sua vita, Ildegarda è l’ombra di Jutta, che è il suo punto di riferimento nel mondo. Quando quest’ultima muore, nel 1136, prende non ufficialmente il suo posto come badessa del monastero. In quegli anni non si sono fermate le visioni, accompagnate da diversi problemi fisici, ma lei non ne parla con nessuno.

Le visioni profetiche

Tutto cambia nel 1141: Ildegarda, sempre obbediente alla “voce” che crede appartenere a Dio, inizia a scrivere le sue visioni su tavolette di cera, tradotte poi in latino dal monaco e scriba Volmar e impreziosite da disegni attribuiti alla monaca.

Le cose che scrivo delle visioni sono ciò che ho visto e udito; e non aggiungo altre parole oltre a quelle che sento e che riferisco in un latino imperfetto, come le ho udite nella visione; poiché nelle mie visioni non mi si insegna a scrivere come scrivono i filosofi, e le parole udite nella visione non sono come quelle che risuonano sulla bocca degli esseri umani, ma come fiamma che abbaglia o come una nube che vaga nella sfera dell’aria più pura.

Nel 1147 papa Eugenio III si trova tra le mani una prima copia di Scivias e si rende conto di aver davanti qualcosa di importante per la Chiesa. Solo molto tempo dopo, nel Novecento, alcuni neurologi interpretano la “pioggia di luce” e i dolori che accompagnano le visioni di Ildegarda di Bingen come l’effetto di gravi emicranie o dell’epilessia.

Molti storici sono d’accordo sul fatto che la santa abbia utilizzato questa dimensione visionaria e profetica per conquistare il suo posto al sole in una società fortemente patriarcale, in cui la donna non aveva possibilità di parlare, soprattutto di argomenti sacri.

Parallelamente, la Chiesa era anche consapevole del fatto che le figure mistiche attirassero fedeli e denaro: e infatti i pellegrini cominciano presto a farle visita e portare le loro offerte.

L’universo secondo Ildegarda

Descrivere Ildegarda di Binden solo come una mistica significa ridurre l’importanza della sua figura nell’ambito della filosofia medievale. Se le riflessioni sulla veridicità delle visioni non ci competono, poiché rientrano nel campo della fede, ci affascinano però tutte le altre sfaccettature della monaca tedesca.

Oltre ad aver creato la Lingua ignota, un idioma artificiale basato su 23 lettere e con un glossario afferente, compone dei canti gregoriani, scrive trattati medici e botanici, oltre a diversi codici. E, soprattutto, è una delle prime donne a occuparsi di sessualità: lo racconta un saggio approfondito della storica Joan Cadden disponibile su JSTOR.

Interessante è la sua raffigurazione dell’universo, che per alcuni studiosi si basa sull’anatomia femminile e ricorda proprio una vagina. Ed è la sua descrizione accurata dell’orgasmo femminile a sorprendere:

Nella donna il piacere è paragonabile al sole, che con dolcezza, lievemente e con continuità imbeve la terra del suo calore, affinché produca i frutti, perché se la bruciasse in continuazione nuocerebbe ai frutti più che favorirne la nascita.

Un monastero tutto suo

Nel 1148, mentre la sua notorietà cresce a dismisura, Ildegarda afferma di aver avuto una visione in cui Dio le ordina di lasciare il monastero di Disibodenberg e costruire un nuovo monastero. Al primo no dei vertici religiosi, si ammala: torna in salute solo dopo il via libera del clero.

Il monastero di Rupertsberg viene aperto a Bingen intorno al 1150 e in poco tempo diventa il suo piccolo regno, attraverso cui sfidare le antiquate tradizioni ecclesiastiche. Facendo alzare più di un sopracciglio, permette alle cinquanta suore di tenere i capelli lunghi, indossare gioielli e vestirsi di bianco, spiegando che è stato sempre Dio a suggerirlo. Leggenda o verità? Impossibile stabilirlo.

Continua a descriversi come una paupercula forma, ovvero una “povera, piccola figura”, ma intanto riceve lettere da re, regine, imperatori e alti prelati, che si rivolgono a lei per consigli e richieste varie.

Ildegarda di Bingen muore il 17 settembre del 1179, a 82 anni, nel giorno in cui si dice avesse predetto la sua morte. Per il popolo diventa subito una santa, ma per l’ufficialità bisogna aspettare diversi secoli: nel 2012 papa Benedetto XVI la proclama santa e dottore della Chiesa, un titolo attribuito solo ad altre tre donne, oltre a lei.

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