È difficile pensare che una come Alice Mangione, della Pozzoli’s Family, generalmente amatissima per il tipo di messaggi che lancia sui social, paladina della body acceptance e voce di milioni di mamme alle prese con difficoltà quotidiane, possa essere subissata di insulti e critiche su quelle stesse piattaforme mediatiche dove è seguita da tantissime persone.

Ma così è stato, perché nella vita, si sa, scivolare su una buccia di banana può capitare a tutti prima o poi e, se non si deve essere demonizzati per questo, accorgersi dell’errore e fare retromarcia per chiedere scusa è sempre sintomo di profonda intelligenza. Ma cosa è successo?

Il tutto nasce da un post pubblicato da Alice sull’account Instagram della Pozzoli’s Family, questo, nel quale accosta Instagram a Pornhub, facendo riferimento a un numero elevato di foto di ragazze svestite che, evidentemente, ha trovato sui social.

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E con questa foto da akkiappona, ora che ho la vostra attenzione volevo condividere con voi una riflessione: ho aperto la home di Instagram e per un attimo ho temuto di aver sbagliato e di essere finita su PornHub. Una domanda ragazze: why?

Un post condiviso da The Pozzolis Family (@thepozzolisfamily) in data:

Il post ha suscitato immediatamente molte reazioni.

Le reazioni al post e l’errore maschilista alla base

Donna in costume o mezza nuda = PornHub.
Esiste un cliché più pericoloso?
Ah si!
Donna che critica con ironia stucchevole un’altra donna che decide di mostrarsi in un modo diverso dal proprio.

È uno dei commenti comparsi sotto il post di Alice; ma ce n’è un altro, forse ancor più significativo perché in grado di evidenziare proprio l’errore alla base dell’infelice uscita dell’attrice.

Mi piace mostrare tette e culo. Non lo faccio per bassa autostima o per acchiappare (anche in quel caso non ci sarebbe niente di male). Lo faccio perché mi piaccio, mi trovo bella e condivido tra le altre cose anche miei selfies sexy. Mi ritengo anche intelligente, profonda e introspettiva.

C’è di più: un problema di fondo, alla base, che dipende da un meccanismo sessista – in cui cadono sia uomini che donne –  per cui le donne, e i loro corpi, hanno perennemente qualcosa di sbagliato, di “sporco”. Laddove quindi il corpo venga mostrato, e si abbia “l’ardire” di farlo scientemente, l’associazione vola istantanea a velleità sessuali, erotiche, pornografiche addirittura. E questa associazione riguarda quasi sempre il corpo femminile, non a caso Alice rivolge la sua perplessità alla “ragazze”.

Anche Carlotta Vagnoli, che è abituata a mostrare il proprio corpo sul social, in alcune delle stories pubblicate a commento dell’accaduto sottolinea come

Affermare che chi si sente sensuale in uno scatto per i social – e magari non ha reticenza nel mostrarlo anche nella vita reale – sia materiale di cui poter fruire al pari della pornografia mainstream (in cui la donna è oggetto e mai soggetto: coincidenze? Non credo) è grave quanto terrificante. È un costante e sottile sibilo che racconta e divulga la cultura dello stupro in cui viviamo: la ragazza è sensuale allora ha sicuramente molta voglia di ca**o e molta poca decenza, possiamo fruirne tutti senza riserve alcune e al tempo stesso possiamo svalutarla perché dopotutto una così ‘se la cerca’.

Fonte: instagram @carlottavagnoli

Carlotta, peraltro, anche in un post recente sul suo Instagram aveva affrontato la questione, domandandosi come mai la nudità femminile, o l’esposizione del corpo femminile, non riescano a essere sdoganati e a essere scissi dal concetto esclusivo di mercificazione della donna o dal male gaze.

Può una donna non essere femminista? Cosa intendiamo quando parliamo di ‘donna oggetto? È possibile riformare il porno? Dobbiamo davvero edulcorare sempre i tempi passati? E soprattutto: che cosa c’è di così aberrante nelle donne sessualmente esplicite?

Mostrare il corpo perciò non è necessariamente sinonimo di svilimento personale, di scarsa moralità – sempre secondo la logica della dicotomia santa/puttana che tende a dividere le donne in “degne e non” – o l’evidenza del fatto che non si abbia altro da mostrare. E pensarlo significa perpetuare quell’errore maschilista che per anni ci ha convinte che il corpo femminile esibito non potesse che essere sessualizzato.

Le scuse di Alice e il bisogno di ripensare il corpo femminile

Con profonda intelligenza, Alice si è resa conto del problema di fondo del suo post, non lo ha cancellato ma, piuttosto, ha deciso di farne un altro, per chiedere scusa.

[…] Passo la giornata a cercare di concentrare l’attenzione di mia figlia su quello che le piace fare, sul valorizzare la sua personalità, i suoi interessi, e se le parlo di bellezza lo faccio evitando paragoni con principesse o fate – si legge nel post – Sì alla libertà dell’esibizione, di qualunque corpo, ci mancherebbe, ma emancipazione è anche espressione del pensiero, dei talenti, delle idee, dei dubbi […] Penso alle giovanissime che approcciano ai social e si trovano di fronte a migliaia di immagini con un’estetica che suggerisce alcune cose a mio parere pericolose, come il fatto che il valore di una persona passi dalle attenzioni che riceverà per il suo aspetto fisico.

Che poi, il corpo dovrebbe essere solo quello che è, ovvero un corpo. Nudo o vestito che sia. Spesso la stima (o la non stima) per il proprio corpo finisce per mescolarsi a quella per la propria persona, e non dovrebbe essere così.

La questione non è ‘con il mio corpo faccio ciò che voglio’, che è giusto, sacrosanto. Bensì ‘ Ma io faccio davvero quello che voglio?’. Per me questa sarebbe la vera libertà.

Le scuse di Alice mostrano una buona fede e fanno sì che il dibattito costruttivo aperto da chi l’ha criticata possa continuare. Una discussione fatta con le giuste parole, oltre agli stereotipi e con quel salto di mentalità che noi donne dovremmo costringerci a fare, per parlare seriamente di libertà di espressione del nostro corpo, liberandoci dall’idea che significhi usarlo solo secondo il male gaze.

Non è importante mostrare o meno il corpo, quindi, quanto la consapevolezza con cui lo si fa: che sia esso lo strumento per rivendicare un atto politico (come vediamo nelle varie battaglie del Free the Nipples, contro il bodyshaming o lo slut shaming), o un modo per mostrare di piacersi, anche esteticamente. Tutto questo non significa ritenere che il valore personale di ciascuna di noi passi da una pancia piatta o da un culo tonico, e ovviamente, di conseguenza, dal numero di like o commenti maschili conquistati.

A capirlo, per prime, dovremmo essere proprio noi donne.

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