“Ora siamo nel trauma ma vedrai, passerà presto.

La sensibilità sociale arginerà le inevitabili sperequazioni, solidarietà e giustizia aiuteranno il processo di cambiamento e diventeranno componenti essenziali della nuova società. Già vedo nei giovani una mentalità nuova: sono meno egoisti, più aperti, amanti della pace, rispettosi della natura, figli di un mondo senza confini. E poi ricorda, vale sempre il principio secondo cui l’ora più buia è quella prima dell’alba. Non sono frasi fatte, fidati: è così! Posso affermarlo dall’alto dei miei ottant’anni vissuti intensamente e, spero, non invano.”

Questo messaggio di mio padre, ricevuto dopo il quotidiano momento di sconforto in cui lo informavo che saremmo morti tutti, mi ha ricordato che non serve arrivare alla maturità se poi non si è capaci di mettere in prospettiva timori e paure.

Gli inglesi dicono “In youth we learn, in age we understand”: in gioventù si impara e in vecchiaia si comprende. Sarà. Quello che finora ho capito io è che Elisabeth Kübler-Ross aveva ragione.

Secondo la psichiatra svizzera le principali tappe di elaborazione del luttonegazione, rabbia, negoziazione, depressione e accettazione – ricorrerebbero anche in quei casi in cui il lutto è solo metaforico, quando si è costretti ad abbandonare la realtà che conosciamo come, ad esempio, dopo un licenziamento o la fine di un amore. E cosa c’è di meglio di una pandemia per valutare la correttezza di questo postulato? Quando ci sente sopraffare dall’angoscia, infatti, può essere d’aiuto osservarsi dall’esterno e incasellare il proprio stato d’animo in una fase precisa, attendendo la successiva con fatalità e un po’ di distacco. Proviamoci assieme.

Fase 1: negazione

“Andrà tutto bene”. Questa, nei film, è la frase che viene detta dal protagonista all’amico che sta morendo malissimo. “Andrà tutto bene” dice Naomi Watts al marito in Shut in; due minuti dopo è vedova e perseguitata da un assassino.

Fase 2: rabbia.

Okay, forse non tutto è andato tutto bene, ma la colpa di chi è? Dei runner, anzi, no, delle mamme coi bambini. Del cane del vicino che soffre di incontinenza urinaria (il cane, ma forse anche il vicino). Dell’anziano che cammina per strada. Bisogna restare a casa, qualcuno ci resta meglio degli altri e vuole che si sappia. Cittadini rabbiosi elevano la frustrazione a virtù mettendola a disposizione della delazione. Nei social è gara a chi blocca l’altro per primo, amicizie di una vita si sfaldano davanti al calcolo dei duecento metri entro i quali è concesso allontanarsi – in totale o in linea d’aria? Il mondo che conosciamo sta evaporando, qualcuno dovrà pagare per questo.

Fase 3: contrattazione

L’idea è di uscire dalla quarantena meglio di come ci si è entrati, così magari finisce prima. Dunque sotto con i workout casalinghi, con la lettura dei libri acquistati e mai aperti, con la preparazione del lievito madre. Forse, se dimostreremo di non essere rimasti uguali a noi stessi e di aver capito la lezione, ne saremo fuori incolumi. Diversamente sprofonderemmo nella…

Fase 4: depressione

Lo sconforto coglie all’improvviso mentre si è intenti a fare altro, magari dentro un centro commerciale dove, tra le serrande abbassate, si intravedono le collezioni primaverili esposte mesi prima. Distanza sociale, silenzio e inquietudine fanno il resto ed ecco che ci si può trovare a piangere davanti alle casse – sconsigliatissimo se si indossa una mascherina. Ma poi finalmente arriva la…

Fase 5: accettazione

“Accettazione un cavolo, sorella. Io di questa storia spero rimanga a malapena l’abitudine a lavarsi bene le mani, per il resto mi auguro si trovi in fretta un vaccino come è successo per il vaiolo. La vita di prima la rivoglio indietro con interessi da strozzino” chiosa un’amica eppure, nonostante le resistenze di molti, ci si scoprirà inevitabilmente cambiati. Succederà come per quegli amori che si ritenevano eterni e di cui si scopre che si può fare a meno, ché la fatica fatta per superare l’abbandono non vale la riconquista.

Tutto qui, dunque? Bisognerà rassegnarsi? No, forse si può aggiungere una sesta fase: la rinascita.

“Eravamo convinti che le nostre vite sarebbero andate avanti senza intoppi e questo macigno che ci siamo trovati davanti all’improvviso ci sgomenta e ci blocca. Ma negli ultimi decenni c’è stata una evoluzione nella tecnologia, nelle coscienze, nell’attenzione all’ambiente. Insomma, le conquiste morali e materiali degli ultimi anni serviranno a sviluppare un mondo sicuramente migliore” chiosa quell’ottimista di mio padre secondo cui il mondo non si è ammalato ma si rigenera. E nel frattempo, come facciamo ad andare avanti nell’incertezza? “Nel frattempo, stiamo nel presente e diamo significato alle nostre giornate.”

La discussione continua nel gruppo privato!
Seguici anche su Google News!
  • Prendiamoci una (meno)pausa