Di violenza sulle donne, purtroppo, non si finisce mai di parlare. Violenze fisiche, psicologiche, verbali. Violenze che spesso avvengono tra le mura di casa e che vanno a ledere la donna sotto tutti i punti di vista, producendo ferite talmente profonde da diventare permanenti.

Perché quelle domestiche sono violenze continue, ripetute, che a poco a poco minano l’identità della donna impedendole di parlare, per paura o perché, sempre più spesso, non possono più farlo.

Sono abusi fatti di parole e di gesti. E se da un lato la violenza fisica si può vedere dai segni lasciati sulla pelle, come si fa a sapere quando questi segni sono dentro, lasciati dalle parole?

Spesso questi avvenimenti si verificano in assenza di testimoni e spesso, proprio per la paura di non essere credute, le donne non li denunciano.

A questo proposito il National Resource Center on Domestic Violence ha indetto la campagna No More Verbal Abuse.

Un’iniziativa diffusa e promossa dall’hashtag #NoMoreVerbalAbuse attraverso il quale è possibile condividere le testimonianze delle vittime di violenza verbale. Lo scopo è quello di lanciare un messaggio che punti alla consapevolezza e alla conoscenza verso questo tipo di azioni.

A sostegno di questa iniziativa l’assistente vocale di Amazon, Alexa, dona la possibilità di registrare la propria voce contro gli abusi verbali. Come?

Accedendo alla funzionalità dedicata l’utente deve pronunciare la frase: “Alexa, apri No More”. In questo modo si attiverà lo strumento dedicato contro la violenza che mira a far conoscere le storie di chi l’ha subita e come intervenire.

L’intervento di Alexa, però, non si limita a questo. I dispositivi vocali, infatti, possono essere un aiuto concreto e decisivo per le vittime abusi, soprattutto quando avvengono in casa.

Un aiuto che salva

Sono diversi gli episodi di violenza avvenuti a livello domestico in cui è stata proprio la tecnologia ad “accorrere” in aiuto della vittima.

Un esempio è la vicenda avvenuta in New Mexico (USA), in cui un uomo, il Signor Eduardo Barros, è stato arrestato dalla polizia per aver picchiato in casa la sua fidanzata durante un litigio. A chiamare il soccorso è stato proprio il dispositivo Alexa. In che modo?

A quanto pare, mentre l’uomo picchiava la ragazza brandendo un’arma da fuoco, ha pronunciato una frase del tipo “Hai chiamato gli sceriffi?”. Alexa, riconoscendo queste parole come un comando ha chiamato il 911 diventando, di fatto, parte attiva nel salvataggio.

La polizia è riuscita a intervenire prontamente salvando la donna e il figlio da lesioni gravi o peggio da un omicidio. L’uomo è stato poi arrestato e portato in carcere.

Lo sceriffo della contea, Manuel Gonzales III, in seguito alla vicenda ha affermato che “questa straordinaria tecnologia ha sicuramente aiutato a salvare una madre e il suo bambino da una situazione molto violenta”.

Ma questo non è stato l’unico episodio in cui questo tipo di dispositivi si sono resi protagonisti.

Alexa diventa una testimone

In Florida Alexa venne utilizzata come “testimone” durante il processo per un caso di presunto omicidio domestico.

In seguito ad un litigio tra coniugi avvenuta tra le mura di casa, la trentaduenne Sylvia Galva Crespo, scomparve. Solo poi si scoprì che aveva perso la vita. La cosa non chiara era la dinamica dell’accaduto. Si trattava di un incidente o di un omicidio da parte del marito Adam Crespo?

Su suggerimento di un testimone che aveva sentito litigare la coppia la sera prima, il giudice che si occupava del caso decise di ammettere al processo la testimonianza di Alexa, richiedendo ad Amazon di consegnare gli Amazon Echo, gli speaker che lavorano per Alexa.

Le registrazioni captate da questi speaker, infatti, potrebbero aiutare a ricostruire la dinamica dell’evento, identificando il colpevole e confermando o screditando le affermazioni del marito.

Nonostante il caso non sia ancora chiuso, l’introduzione di Alexa come testimone al processo ci pone davanti alla possibilità reale che questi dispositivi possano essere un aiuto per la nostra vita e per chi la tutela.

Episodi come questi ci mostrano come la tecnologia possa essere la protagonista inconsapevole di azioni decisive che separano la vita dalla morte. Ma è sempre così?

Se da un lato, infatti, è innegabile l’aiuto dato dai dispositivi vocali nei casi di violenza domestica, dall’altro c’è da dire che questi strumenti entrano nelle nostre vite in modo silente, noncuranti della nostra privacy.

Assistenti vocali, aiuto o violazione della privacy?

Le nostre case sono dotate di serrature blindate a distanza, impianti di domotica, linea w-fi che permette di essere sempre connessi. Ma fino a che punto tutta questa tecnologia è un supporto? E quando, invece, diventa uno svantaggio? Questa questione ha aperto molti dibattiti.

Assistenti vocali come Alexa o Google Home sono abilitati da un software attraverso dei meccanismi di machine learning. Riconoscono il linguaggio naturale e tramite l’auto-apprendimento sono in grado di migliorarsi, diventando sempre più precisi sia in fase di ascolto che di comprensione e di risposta.

Grazie allo stand-by vigile ovvero la capacità di restare sempre in ascolto, sono pronti ad attivarsi in ogni momento in cui ne viene fatta richiesta. Ma non solo. Questi dispositivi sono sempre vigili, un po’ come i meccanismi di geolocalizzazione che sanno sempre dove ci troviamo.

Per poter recepire gli ordini che gli vengono imposti, infatti, devono ascoltarci. E lo fanno costantemente mantenendo sempre attivi i loro microfoni. In questo modo registrano tutto ciò che avviene e che “sentono”, dalle voci ai rumori che produciamo.

Alexa conosce ogni nostra conversazione?

Come specificato dal sito di amazon I dispositivi Echo sono progettati per rilevare solamente la parola di attivazione che hai scelto. Il dispositivo rileva la parola di attivazione recependo gli impulsi sonori che corrispondono a tale parola di attivazione.”

Ma non è tutto. Nel tempo questi strumenti possono imparare e memorizzare i nostri interessi e gusti, grazie ad una funzione con la quale mettono in relazione ciò che gli viene chiesto, come gli viene chiesto, quanto tempo viene dedicato a ogni ricerca e quali argomenti o interessi vengono ricercati.

Per migliorare ed evolverne le prestazioni è indispensabile la componente umana. Team composti da migliaia di persone a livello mondiale possono ascoltare e analizzare le registrazioni fatte anche senza avere accesso all’identità di chi le ha generate. Queste gli vengono inviate a campione direttamente dai dispositivi.

In questo modo appare chiaro come i nostri interessi o ciò che diciamo nelle nostre case non rimanga relegato unicamente tra le quattro mura di casa. Un problema che va a ledere la sicurezza della privacy personale.

Se per alcuni dispositivi (esempio quelli di Microsoft) non è possibile eliminare questo stato di ascolto permanente, per altri esiste la possibilità di bloccare l’ascolto umano delle registrazioni fatte anche se non è possibile evitarne del tutto l’invio. Parliamo dei dispositivi come Siri o Alexa.

Come fare con Alexa?

Nel caso dell’assistente vocale Alexa, la procedura è molto facile. Aprendo l’applicazione e andando in “Impostazioni” si deve scegliere l’opzione “Privacy Alexa”. Poi è necessario seguire quattro passaggi:

  • abilitare “elimina automaticamente le registrazioni”;
  • eliminare la cronologia andando in “gestisci cronologia”. Da qui è possibile anche ascoltare tutto ciò che è stato registrato;
  • disabilitare “usa le registrazioni per migliorare i servizi”;
  • disabilitare “utilizza i messaggi per migliorare le trascrizioni”.

Ma esiste anche un’altra questione, di tipo etico. La domanda che ci si pone è: se questi dispositivi sanno tutto di noi, il rischio non è quello che si sostituiscano alle persone?

Azzardando (ma forse nemmeno troppo) un futuro in cui gli assistenti vocali potranno comunicare e condurre conversazioni autonome con gli esseri umani, si arriverebbe ad un enorme paradosso moderno.

In questo momento storico, infatti, le persone stanno via via perdendo la loro capacità empatica, di ascolto, di aiuto e il rapporto gli uni con gli altri. Le macchine sarebbero nelle condizioni di sostituirsi ad essi, percependone le emozioni e capendo come reagire in modo appropriato.

Un rischio che rasenta la fantascienza ma che è possibile e presente più di quanto non si pensi.

Per entrambe le questioni quindi, quello che davvero può fare la differenza, è un utilizzo consapevole di questi strumenti. Informarsi sulle loro caratteristiche e su come usarli al meglio senza che “invadano” la propria vita ma solo come supporto volontario e circoscritto.

Queste sono le basi e le premesse necessarie per usare la tecnologia senza diventarne, a nostra volta, succubi e vittime.

Detto questo, nonostante sia vero che gli assistenti vocali rappresentano un aiuto immediato nei casi di violenza domestica, intervenendo quando nessun altro a parte loro è in grado di parlare, forse sarebbe bene imporsi qualche domanda in più. Non solo su chi abbiamo in casa ma anche su cosa.

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