La tecnologia ha ormai invaso anche le nostre case, fra sistemi di allarme, videosorveglianza e termostati tutti regolabili e utilizzabili anche da lontano, semplicemente via app.
Ma, come spesso accade, anche in questo caso un rovescio della medaglia, e piuttosto serio, c’è; secondo quanto emerso da un articolo del New York Times, infatti, proprio i dispositivi per la casa collegati a Internet sarebbero mezzi attraverso cui oggi si consumano le molestie domestiche, in particolare negli Stati Uniti, dove la loro diffusione è particolarmente incentivata anche per via della forte pubblicità e dalle promozioni che invitano al loro uso.

La giornalista Nellie Bowles, nell’articolo, ha spiegato di aver intervistato più di 30 persone coinvolte in casi di abusi che sono stati perpetrati proprio attraverso i dispositivi per la casa, confermando così le segnalazioni giunte, negli ultimi mesi, dalle organizzazioni che si occupano di tutelare le persone vittime di molestie domestiche.

A essere interessate da questi nuovi tipi di abusi, contro cui tuttavia non esistono ancora leggi adeguate, sono soprattutto le donne, che però, proprio in virtù dell’incapacità della legge di fronteggiare il nuovo fenomeno, molto spesso vedono cadere nel vuoto le loro cause in tribunale.

Come si consumano le molestie?

Di solito è uno dei due partner a installare un nuovo dispositivo per la casa connesso a Internet, come una videocamera di sicurezza o una serratura elettronica, a conoscerne il funzionamento e la password e a comandare l’app per gestirlo a distanza, cosa che gli permette di avere il controllo della situazione anche qualora sia lontano dall’abitazione, per volontà del/la partner o dopo aver ricevuto, ad esempio, un’ingiunzione restrittiva.

I responsabili delle linee di ascolto e assistenza contro le violenze domestiche hanno dichiarato che nell’ultimo anno solo negli USA sono sensibilmente aumentate le chiamate di persone che denunciavano di non avere il controllo delle proprie abitazioni; molte testimonianze raccontato di termostati portati a temperature insostenibili, di improvvise riproduzioni di musica da altoparlanti nel cuore della notte, di porte che non si aprono più inserendo i normali codici, e ancora di lampadine WiFi che si accendono autonomamente o di inaspettate attivazioni delle videocamere di sicurezza. Queste persone

Si sentono come se avessero perso il controllo della loro casa. Dopo qualche giorno, si rendono conto di essere sottoposte ad abusi

Ha spiegato la responsabile di una casa di accoglienza per persone che subiscono violenze domestiche a San Rafael, in California.

Tra le storie raccolte dal New York Times a suffragare l’argomento c’è quella di una donna il cui marito era in grado di controllare, da lontano, termostato, luci, musica, dispositivi di cui lei ignorava l’esistenza e a cui, ovviamente, non aveva accesso.

E se pensate che la soluzione per smettere di essere vittima di tali abusi sia solo quella di disattivare i dispositivi, staccarli dalla corrente o distruggerli fisicamente, sappiate che in realtà le cose sono più complicate.
Se chi commette gli abusi domestici si accorge di non potere più controllare a distanza un dispositivo, spesso perché gli viene segnalato da un’app, infatti, la sua reazione può essere estremamente violenta e portare il livello conflittuale a margini molto più alti e pericolosi, in cui la molestia “elettronica” può tramutarsi in vera e propria violenza fisica. Senza contare che le vittime potrebbero sentirsi “disorientate” dal non essere in grado di prevedere che cosa aspettarsi dal partner, con importanti conseguenze in termini di stress.

Proprio per affrontare il problema dopo le decine di denunce giunte negli ultimi mesi, gli avvocati e, più in generale, gli esperti del settore cercano di fare in modo che, in sede di giudizio in tribunale, tra le decisioni del magistrato rispetto alle ordinanze restrittive rientrino anche i dispositivi per la casa, che, per espressa richiesta, devono esser disattivati e rimossi. Anche qui, però, resta ovviamente il problema di verificare personalmente che la rimozione avvenga effettivamente. Inutile dire, poi, che un ruolo importante nella prevenzione del pericolo la giochi anche la conoscenza informatica personale, e che comprendere il funzionamento di tali dispositivi, riuscire eventualmente a resettarne le impostazioni per cambiare password o per disattivarli, possa aiutare le vittime a smettere di essere tali.

Insomma, sarà pure smart home, ma di certo non safe.

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