Se davvero esistesse un teorema secondo cui una donna di cinquant’anni è preferibile a due di venticinque, si chiamerebbe “teorema di Laura Dern”.

È infatti quest’attrice di lungo corso, da poco premiata ai Golden Globe per l’interpretazione dell’avvocatessa Nora Fanshow in Storia di un matrimonio, l’ultima in ordine di tempo ad averne data dimostrazione.

Chi l’ha vista sullo schermo agli inizi della carriera ricorda una ragazza alta e spigolosa – troppo, per gli standard estetici hollywoodiani, che infatti le preferivano bellezze dai lineamenti regolari e lo sguardo rassicurante come Demi Moore o Daryl Hanna. Laura Dern non era bella nemmeno negli anni deputati alla bellezza, quando la gioventù rende splendide grazie a quella che le nonne definiscono “la bellezza dell’asino”.

Talentuosa, certamente, tanto da ricevere quattro Golden Globe prima di quest’ultimo, due candidature agli Oscar, un’interminabile lista di nominations agli Emmy Awards e il riconoscimento di un regista visionario come David Lynch del quale era l’attrice-feticcio .

Eppure, chi di noi ragazze degli anni Novanta avrebbe scelto Laura Dern come modello a cui somigliare? Chi avrebbe voluto essere una bionda tormentata che nei suoi primi venticinque anni era già stata un’adolescente incinta (Citizen Ruth), una ragazza cieca (Mask) e l’amante promiscua di un fuorilegge (Wild at heart)? Lei rappresentava l’amica problematica da cui era meglio tenersi alla larga, quella che si metteva nei guai, inquieta, disturbante e in polemica con il mondo, mentre noi volevamo solo essere carine e accomodanti.

Poi è successo quello che tutti sappiamo: Laura Dern è invecchiata e da spigolosa è diventata strepitosa. “Il classico tipo di donna che a diciott’anni ne dimostrava trenta e ora che ha superato i cinquanta continua a dimostrarne trenta” chiosa un utente su YouTube esprimendo il pensiero di molti ma mancando nuovamente il punto.

E il punto è che la bellezza dell’attrice non deriva dall’aver conservato un aspetto giovanile, quanto dall’aver trasformato quel volto irregolare e precocemente segnato in fascino e personalità. O forse siamo noi ad aver finalmente raggiunto la maturità necessaria per apprezzarne l’intensità.

“Nei miei primi vent’anni ho pianificato attentamente la carriera affinché, una volta adulta e responsabile della mia vita e delle mie scelte professionali, potessi interpretare in modo convincente ruoli diversi e sfaccettati come Nora di Storia di un matrimonio o Marmee di Piccole Donne, magari nello stesso anno” dichiara adesso godendosi l’ultimo riconoscimento alla sua bravura.

La storia di Laura Den è dunque una variante moderna del brutto anatroccolo, con la differenza che ad averla trasformata in cigno non è stata la giovinezza ma la maturità con tutto quello che ne consegue: rughe d’espressione e palpebre pesanti ma anche carisma, carattere e capacità di dominare la scena senza sforzo.

È stato il tempo a cesellare la fisicità e l’intensità dell’attrice dando armonia e profondità a quello che in gioventù era talento abbozzato e goffaggine. Ne è prova il monologo che in Storia di un matrimonio sciorina a un’attonita Scarlett Johansonn, una prova attoriale che sarebbe difficile immaginare interpretata da un’attrice più giovane.

“È bella come in Jurassic Park, quando aveva 24 anni ” scrive un fan entusiasta ignorando che all’epoca la Dern reintrava tra “the most unattractive movie stars” mentre oggi è tra le attrici più desiderate e apprezzate.

È sufficiente tutto questo a dimostrare il teorema secondo il quale “è meglio una donna di cinquant’anni che due di venticinque”? Assolutamente no. Al limite dimostra che non importa come tu sia a venticinque anni: a cinquanta sarai la versione migliore di te stessa.

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