"Perché da disabile ogni volo è un'umiliazione": lo sfogo di Giulia Lamarca

Lo sfogo di Giulia Lamarca ci invita a riflettere sui problemi, reali, che i disabili affrontano per affrontare un viaggio in aereo, anche attraverso una petizione. Ma in realtà speriamo faccia riflettere soprattutto le compagnie aeree per trovare soluzioni adeguate a garantire loro il diritto di volare.

Se pensiamo che la vita per una persona disabile possa essere ancora difficile rispetto a moltissime azioni quotidiane che sono banali per la gran parte di noi, proviamo per un attimo a riflettere su cosa significhi per i disabili affrontare un viaggio in aereo.

Oltre alle ancora numerose barriere architettoniche che affollano le nostre città – e che danno l’idea di quanto la parola “inclusività” sia a tutt’oggi un concetto perlopiù astratto – pensiamo infatti a quanto le complicazioni possano amplificarsi di fronte a un volo, fra check in, controlli di sicurezza vari e, naturalmente, sedie a rotelle da portare con sé.

Per far aprire gli occhi alle persone su come sia davvero la situazione Giulia Lamarca sta ormai lottando da otto anni, da quando cioè, è stata resa paraplegica da un incidente in motorino il 6 ottobre del 2011.

La psicologa torinese ventottenne è infatti diventata anche un’affermata travel blogger, che proprio dal suo account Instagram cerca di sensibilizzare gli altri su tutta quella serie di complessità e disavventure che lei – e come lei moltissimi altri disabili – deve affrontare ogni volta che si trova in un aeroporto.

Giulia oggi ha lanciato anche una petizione, che potete firmare sulla piattaforma Change.org, in cui, dopo aver brevemente riassunto la sua storia, ha scritto:

[…] La verità ad oggi è che tantissime persone con disabilità hanno problemi a volare in aereo, che siano dovuti all’assistenza a terra o all’esperienza a bordo, e tante altre non viaggiano per la paura o la frustrazione che il viaggio aereo comporta. […]

Firma questa petizione per permettere alle persone con disabilità di viaggiare liberamente e senza discriminazioni. […] Stiliamo insieme gli standard che ogni aeroporto e ogni compagnia devono soddisfare. Organizziamo formazioni specializzate per il personale di terra e per l’equipaggio a bordo.
Un primo passo è quello di facilitare l’acquisto dei biglietti e le procedure online per contattare l’assistenza in caso di esigenze speciali, rendendo anche i portali internet più accessibili.

Per provare a riassumere otto anni di lotte, di arrabbiature, di sconfitte ma anche di piccoli traguardi Giulia ha postato un igtv, che vi riportiamo.

In realtà c’era anche una serie di storie in evidenza, chiamate Problems, che ha però deciso di cancellare perché, come spiegato nelle storie pubblicate in seguito, la sua volontà non è cercare responsabili o dare colpe, ma piuttosto aiutare a trovare soluzioni. Che è poi quello che ha spiegato a noi, quando l’abbiamo contattata per farci raccontare meglio le sue difficoltà:

Non voglio essere un focolaio isolato fine a se stesso, né fare una polemica via social che sia e rimanga solo quella – ci dice – Perché ci sono davvero tante cose da sistemare, e io voglio aiutare con tutta me stessa anche e soprattutto le compagnie aeree, affinché prendano coscienza del fatto e si impegnino davvero a garantire a tutti i disabili quello che, in fin dei conti, è un loro diritto.

Quando dico che siamo la più grande minoranza al mondo non è un’esagerazione, per cui i numeri per occuparsi di questo target ci sono eccome. Il problema è che dei disagi che affrontano in aeroporto prima, e in aereo poi, non parla quasi nessuno, un po’ per vergogna, un po’ per paura, un po’ perché i disabili stessi sono ‘inglobati’ in quello stigma sociale che li circonda. Su Instagram sto raccogliendo tantissime testimonianze di persone che non hanno avuto il coraggio di denunciare situazioni spiacevoli in cui sono state coinvolte, che hanno rinunciato a protestare, alle azioni legali, che magari in pubblico dicono di non aver mai avuto problemi e poi in direct mi scrivono l’esatto contrario.

Alla fine, quando sei abituato a non avere diritti ti adegui.

Io stessa, dopo otto anni passati a viaggiare e a incontrare difficoltà continue, ho deciso di aprire il mio account Instagram solo quest’anno, e penso che la viralità dei miei post dipenda proprio dal fatto che qualcuno, forse per la prima volta, abbia ammesso che esistono delle problematiche non indifferenti“.

Giulia si addentra nel dettaglio, raccontando quali sono i maggiori ostacoli che incontra durante i suoi viaggi, fin dalla prenotazione del biglietto.

Ci sono davvero varie problematiche di malfunzionamento, sotto diversi aspetti; magari una compagnia aerea funziona benissimo per l’assistenza ma non per la prenotazione online, un’altra per il contrario, insomma salvarne qualcuna alla fine è davvero difficile. 

Al momento dell’acquisto online del biglietto, devi specificare di aver bisogno di assistenza: molte compagnie forniscono subito la mail a cui inviare la richiesta, per altre trovare l’indirizzo corretto è un’Odissea. E non dipende dall’essere una compagnia low cost o meno, anzi: a volte le prime sono molto più efficienti da questo punto di vista, mentre mi è capitato, ad esempio, di inviare il messaggio a cinque mail diverse prima di trovare quella giusta, con una compagnia molto importante.

La legge chiarisce che la richiesta di assistenza debba essere fatta entro le 48 ore precedenti al volo; in realtà, potrei dirlo anche all’ultimo minuto, ma la risposta che mi aspetto è che, per motivi interni, mi rifiutino l’assistenza, quindi per sicurezza la chiedo sempre due giorni prima”.

C’è però anche una serie di domande che ti vengono fatte dopo questo primo passaggio, vero?

“Dopo la mail ti viene fatta una serie di domande, alcune ovviamente indispensabili – ad esempio ‘ Cammini o non cammini?’ – altre obiettivamente discutibili: ad esempio, che importa a loro sapere quando mi hanno operata, quanto tempo fa ho avuto la problematica, o di avere il certificato medico che attesti che possa volare?  Secondo la legge europea per il diritto al volo io potrei rifiutarmi di fornire certe informazioni, ma se alcune compagnie si dimostrano ragionevoli su questo punto, altre molto seccante ti rispondono che senza quelle non ti fanno volare”. 

Tu fai quasi sempre viaggi piuttosto lunghi, con scali. Cosa accade nelle ore di attesa fra un aereo e l’altro?

“Io parto generalmente da Malpensa, che ha una buonissima assistenza devo dire; capita che, se devo passare un’ora o due durante lo scalo, chiedo sempre la mia carrozzina, in primis perché non riesco a muovermi agevolmente con le sedie a rotelle dell’aeroporto, e poi perché preferisco tenerla con me. Ma anche qui mi aspetta una lotta costante, ti ritrovi a discutere con il personale che ti chiede se avevi mandato la mail per fare richiesta di avere la carrozzina con te, senti la tua buona fede messa in dubbio, una volta mi sono persino sentita dire che quella mail non valeva. Mi è capitato di aspettare un’ora e 45 minuti – su uno scalo di due – prima di avere la carrozzina”.

Le cose non vanno certo meglio quando si arriva al momento del check in, ci spiega ancora Giulia.

“Arrivi al check in e ti può capitare di trovare persone competenti e formate, con anni di esperienza alle spalle, che sanno come comportarsi, e altre che vanno in panico e ignorano le procedure da seguire, che sulla carta sono perfette, ma spesso proprio per questo non vengono applicate.

Ho trovato persone che mi hanno detto ‘Giulia, ma perché vai in India?’, come se il poter fare viaggi lunghi non potesse essere una mia prerogativa; secondo me anche questo è il punto, io ho il diritto di andare dove mi pare!

In Thailandia, per un viaggio interno, mi è capitato di essere rifiutata da due compagnie aeree nonostante avesse già acquistato il biglietto, mi avevano detto che potevo volare con loro e arrivata lì invece mi hanno detto di no, perché non avevano l’assistenza adeguata. Ho cambiato il mio biglietto con un altro, non ho fatto un’azione legale ma dopo mille mail di minaccia alla fine mi hanno offerto la stessa tratta di volo interno. Con me che pensavo ‘Che significa? Magari non tornerò mai più in Thailandia, che rimborso sarebbe?'”.

Racconta anche due episodi piuttosto spiacevoli che hanno vista coinvolta la sua sedia a rotelle.

“Un paio d’anni fa mi hanno rotto la carrozzina, volevo fare denuncia ma il referente della compagnia aerea mi ha detto che avrei dovuto farla il giorno dopo; sono arrivata a casa, ho scritto la mia lettera e quando l’ho presentata un altro referente mi ha spiegato che invece avrei dovuto farla il giorno stesso.

Un’altra volta invece mi hanno smarrito la carrozzina; è accaduto 3 anni fa, quando ho chiesto informazioni, dopo varie insistente, una hostessi mi ha detto che non sapevano dove fosse e mi ha redarguita

Signora, si calmi, è un bagaglio.

Io le ho detto ‘lei ha una figlia? Bene, immagini che sua figlia perda entrambe le gambe… Quella carrozzina sono le mie gambe, non è un bagaglio!’. Si è ammutolita, ma la carrozzina è arrivata alla fine solo dopo un’ora e mezzo”.

Andiamo avanti: arriviamo al momento in cui si deve salire sull’aereo, dove le cose non migliorano affatto, vero?

Alcuni aerei non hanno né il finger né il sollevatore per farmi salire, in Indonesia sono dovuta scendere tra le braccia di mio marito Andrea. Quando sali a volte i braccioli non si alzano, il famoso pulsante che permette di sollevarli è solo un optional che non hanno tutti gli aerei. C’è poi il problema dei bagni, che è davvero fastidioso ma di cui molte persone si vergognano di parlare: una persona con una disabilità più grave della mia non riesce affatto a entrare, e io stessa, che pure cerco di muovermi meglio che posso, ho rischiato più volte di farmi male”.

Ci sono però problemi anche per il posto a sedere, prosegue:

“Non posso scegliere di prenotarmi il posto a sedere – nonostante, beninteso, paghi un biglietto proprio come lo pagate tutti voi, senza sgravi o sconti – perché quello per il disabile è un posto scelto a discrezione della crew per questioni di sicurezza. Se questo non è un problema per me (anche se mi chiedo se non sarebbe più facile individuare in anticipo il posto che garantisca maggior sicurezza, dato che si dovrebbe sapere di avere un disabile a bordo) lo è però per il mio accompagnatore, ad esempio, dato che neppure lui può prenotare il posto ed è capitato, seppur poche volte, di averlo lontano e di dover ‘bisticciare’ con la crew per avere Andrea vicino.

La cosa grave è anche che non esiste comunicazione tra l’equipaggio di terra e quello di bordo: come detto, tutti dovrebbero essere informati di avere un disabile sul volo, invece una hostess ultimamente mi ha detto ‘Ti sei rotta una gamba in viaggio?’ perché chiedevo la mia carrozzina. Io salgo per prima e scendo per ultima, ovviamente, e tante volte resto seduta e arriva l’hostess che mi dice ‘Prego, si alzi pure’.

Giulia, infine, spiega il perché di questa battaglia, che non è tesa, come detto, a screditare nessuno, quanto piuttosto a cercare soluzioni.

Vorrei trovare anche solo una compagnia disposta a parlare insieme di qualcosa e di come risolvere la situazione. Il mio appello va a loro. Ho invitato varie compagnie a riflettere sul fatto che avere anche una travel blogger come sono io, coinvolta nei loro progetti, sarebbe importante, perché nel mio piccolo ormai ho esperienza e so di cosa parlo. Noi disabili siamo un target reale, c’è bisogno di trovare soluzioni.

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