Oggi che sono passati più di vent’anni, posso dirlo: sono stata anche io una ragazzina bullizzata.

Ogni giorno, quando scendevo alla fermata del bus SIA (la bestia blu, come la chiamavano qui a Brescia), mi aspettava un gruppo di ragazzini che, inevitabilmente, lastricava la mia strada verso casa di insulti. Ero secchiona, grassa, avevo il viso tempestato di acne, portavo vestiti larghi in cui speravo di nascondere tutte le mie insicurezze. Erano gli anni ’90: quando chiudevo la porta di casa mia, i ragazzini non c’erano più; ma le loro parole continuavano a risuonare nella mia testa e nelle stanze vuote per ore.

L’università è stata per me anche l’opportunità di ricominciare in un posto dove nessuno mi conosceva. Al secondo anno ho conosciuto Eva. Non è il suo vero nome, ma qui la chiamerò così perché era il mio mito: quanto io ero impacciata, goffa, provinciale, tanto lei era affascinante, sicura, stilosa, con i suoi bellissimi capelli blu e i tatuaggi sgargianti. Volevo tanto diventare come lei; ma restavo sempre e solo una tipa un po’… strana. Ho fatto di tutto per starle vicino: la studiavo, cercavo di capire come si acquista quell’aura di fascino così magnetico, irresistibile e inspiegabile.

Un pomeriggio, poche settimane prima di laurearci, Eva mi chiamò in lacrime. Giravano degli sms su di lei – erano i primi anni 2000 – dopo un flirt estivo con un ragazzo del suo paese. Un gossip diventato infamia: lei, dopo il trasferimento in città, veniva dipinta come una sorta di punk ninfomane, su cui tutti sentivano il bisogno di esprimere un giudizio negativo. Era stato fatto addirittura un pezzo sul giornalino della parrocchia. La famiglia era così umiliata che aveva messo in vendita la casa per trasferirsi.

Ascoltavo agghiacciata il resoconto della folle escalation dello scandalo, dell’indignazione e della calunnia. Continuavo a ripeterle che lei non aveva fatto niente di male e che almeno i suoi avrebbero capito. Eva disse che i suoi non le rivolgevano più la parola; e comunque, non poteva dirgli cos’era davvero successo.

Dopo la laurea ci siamo perse di vista. Ma non mi sono dimenticata di lei. Quando sono arrivati i social network, nel 2005, ho cominciato a cercarla. Ero certa che lei ce l’avesse fatta, che fosse felice in una vita solo sua. Mi sbagliavo. Quando i suoi hanno venduto la casa non ha retto. Si è isolata, è appassita, e poi si è uccisa.

Ancora oggi, mi chiedo se potevo fare di più, per lei. Forse prenderla e portarla via, forse aiutarla a trovare le parole giuste per dire – per dirsi – che non aveva fatto niente di male, che le persone sono inutilmente crudeli, spesso solo per noia.

Per ogni caso di cronaca che emerge dai giornali o in rete, immagino molte più storie di bambini, adolescenti, giovani adulti ingiustamente tormentati che, a differenza della giovane me, non possono mai davvero chiudere la crudeltà degli altri fuori dalla porta.

Sono tante, tantissime. E per noi di Roba da Donne sono tutte importanti.
Il bullismo nella realtà e attraverso la rete è un fenomeno in costante crescita, una violenza fisica e psicologica, a volte praticata per passatempo, che fa del male inutile a molte persone.

Possiamo difenderci solo se lo raccontiamo, se ci confrontiamo, se non ci sentiamo soli: insieme siamo più forti.

Il progetto di Roba da Donne “Non te lo posso dire” è proprio questo: la stanza sicura in cui trovare le parole giuste per raccontare il disagio, ottenere un primo aiuto, capire a chi rivolgersi e come difendersi, anche con gli strumenti della legge. Un posto per ricostruire la fiducia in se stessi e negli altri. E per capire che non siamo soli.
Qualsiasi sia la vostra storia di bullismo, a noi potete dirla.

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Inizia oggi la rubrica di Roba da Donne “Non te lo posso dire – Alziamo la voce VS il bullismo”.
A curarla sarà Nadia Busato, scrittrice e giornalista, che risponderà, in una sorta di posta del cuore, a chi il cuore lo ha ferito dalla crudeltà altrui, a chi ha perso la speranza, a chi non sa come uscirne o con chi parlarne e vorrà raccontarci la sua storia di bullismo e soprusi.
Accanto a noi, in questo percorso, gli amici di Centro Nazionale contro il Bullismo – Bulli Stop, il dottor Massimo Giuliani e la dottoressa Carmen Sansonetti (Area Nord Italia – Lombardia Settore Scuole ed Eventi Sportivi), che ci hanno aiutato a mettere a punto il kit di primo soccorso che trovate qui di seguito.
Se sei vittima di bullismo o non sai come aiutare una persona vicino a te che lo è clicca qui:

MANUALE DI PRIMO SOCCORSO
PER VITTIME DI BULLISMO E DI CYBERBULLISMO

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