Buongiorno! Per caso -ma forse non tanto- leggendo articoli sul bullismo ho trovato la vostra pagina. Cercherò di essere breve. Da piccola sono stata bullizzata, per primo da mio padre e poi dalle ragazzine che credevo amiche. Oggi ho 41 anni e un figlio su cui riverso tutte le mie paure. Cerco di essere compiacente con altre mamme per paura che gli altri bambini possano fargli del male: quotidianamente, porto bambini in casa, mi sfinisco, ascolto tutto quello che gli atri bimbi dicono a mio figlio. E se, giocando, gli dicono qualcosa che non va secondo i miei criteri, a me viene moltissima ansia. Per non parlare di quando lo escludono, com’è normale che accada alla loro età. Sono seguita da uno psicologo, ma comunque ho moltissima ansia e non permetto a mio figlio di essere libero nelle sue amicizie. Grazie per ciò che fate.

(lettrice anonima)

Mia figlia ha i miei stessi limiti fisici e il mio stesso folle amore per la danza. Quando, nonostante il mio cinismo, ha vinto un terzo posto in una gara cittadina di ginnastica ritmica, l’ho applaudita e festeggiata. Il mattino dopo, tutta orgogliosa, è andata a scuola sfoggiando al collo la sua medaglia. Al cancello, alla fine delle lezioni, era in lacrime: le sue compagne le avevano detto che non se la meritava, che non era brava, che non era nemmeno in forma (è in effetti rotondetta). Insomma: si sono comportate da perfette invidiose.

L’avevo previsto e per un momento, prima di uscire di casa, avevo pensato di dissuaderla, anche con una scusa. Ma ho resistito all’istinto di proteggerla perché l’invidia è uno di quei sentimenti umani con cui abbiamo più spesso a che fare lungo la vita: prima impara che esiste, meglio è.

Cara amica, non è da tutti riuscire a vedere così lucidamente e riferire con tanta schiettezza i propri limiti. Io non sono il tuo psicologo e da poche righe della tua lettera posso estrapolare considerazioni minime su tutto ciò che, nella tua storia personale, ti porta oggi a questa difficile situazione. Leggo in ciò che scrivi un conflitto profondo tra la volontà di lasciar libero tuo figlio di fare esperienze -anche negative- in autonomia e l’impulso a proteggerlo sempre. Oggi che sei adulta, nel tuo bambino ti rivedi e vuoi essere il genitore che protegge, non quello che per primo infierisce.

In questo conflitto, sei impegnata su due fronti durissimi: perdonare a tuo padre i suoi comportamenti nei tuoi confronti e vincere l’istinto a proteggere tuo figlio da ogni esperienza negativa. Lo credo bene che sei sfinita! E non solo per la gentilezza verso le altre mamme, ma perché ogni cosa che fai è carica di un doppio significato: contro il genitore che ha mancato il suo ruolo e, insieme, per frapporti tra tuo figlio e il male del mondo.

Mi chiedo se qualche volta, in questa frenesia quotidiana, tu ti prenda del tempo per occuparti anche di te stessa, per conoscere i tuoi desideri e le tue aspirazioni, oltre che affrontare le tue paure.

Un figlio è una grande occasione per crescere di nuovo, per ricominciare: non a diventare un genitore opposto a quello che ha cresciuto te, ma per essere una persona diversa, che costruisce una famiglia con altri valori, in grado di offrire a ogni componente una felicità più piena e uno spazio per essere se stesso.

L’educazione è, nella parola stessa (da e-dùcere) un “condurre fuori” che ha un doppio significato: quello di guidare il bambino a essere indipendente nel mondo, ma anche di insegnargli a espellere da sé le inclinazioni e i sentimenti negativi. Tuo figlio non può imparare cosa sono un’offesa, uno sgarbo, un inganno, una bugia, un tradimento se non li conosce e non ne prova gli effetti su di sé. E se non può imparare cosa sono, allora potrebbe farli a sua volta e diventare proprio quel genere di uomo che ha ferito anche te.

La differenza tra un adulto e un bambino è, banalmente, che l’adulto conosce già le conseguenze sul lungo periodo di una scelta: considera che nell’educazione di tuo figlio stai scegliendo di estromettere esperienze importanti, che lo renderanno incapace di gestire la delusione e la frustrazione, senza renderlo per questo minimamente più felice.

Gli effetti del bullismo sugli adulti: la trappola dell’ansia

Diciamo spesso con leggerezza, soprattutto parlando di bullismo, che ciò che non ci uccide ci rende più forti. Essendo un’esperienza così diffusa, la violenza nelle parole e nei gesti tra bambini e ragazzini viene spesso, da adulti, raccontata come una prova che è stata superata e ha rafforzato il carattere nella crescita. Ma cosa accade a chi non ce la fa, a chi la prova non la supera? Gli effetti di una violenza reiterata e volontaria su una persona indifesa (come nel caso di questa mamma che ricorda di essere stata esposta al bullismo sia fuori che dentro casa, addirittura dal genitore che avrebbe dovuto proteggerla) possono lasciare ferite insanabili, che segneranno l’individuo per tutta la sua vita.

I dati sul bullismo ci riportano effetti devastanti del fenomeno, che vanno dalla depressione all’autolesionismo, dall’abbandono scolastico alla crescita del ritiro sociale (hikikomori), per arrivare all’estremo del suicidio. Ma i dati non raccontano della prima conseguenza nell’adulto del bullismo: l’ansia.

Il ragazzino bullizzato vive gli spazi della scuola e della socialità in uno stato di tregua, in una specie di allerta perenne, come una pausa tra una violenza e l’altra. I dati ci dicono anche che le prime persone con cui le vittime di bullismo parlano sono i coetanei, poi la famiglia e solo in una percentuale minima gli insegnanti o il personale scolastico. Per questo è importante affrontare il tema coi ragazzi ed educarli a dare una risposta immediata e solidale a ogni atto di bullismo. L’ansia è la manifestazione della certezza di essere soli di fronte alla violenza; l’unico antidoto efficace è la solidarietà.

Messaggio importante per chi è vittima di bullismo o sexting

Sei una vittima, non vergognarti. Non è colpa tua e non sei solo.
Parlane con un adulto e con chi può darti un aiuto concreto: qui di seguito trovi un manuale di primo soccorso.
Se pensi che i tuoi genitori o gli adulti di riferimento non possano capire o non stiano accogliendo la tua richiesta di aiuto in maniera idonea, fai leggere loro queste parole e prendi contatto con persone qualificate che potranno darti il supporto necessario e che meriti.

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La rubrica di Roba da Donne “Non te lo posso dire – Alziamo la voce VS il bullismo”, è curata da Nadia Busato, scrittrice e giornalista, che risponderà, in una sorta di posta del cuore, a chi il cuore lo ha ferito dalla crudeltà altrui, a chi ha perso la speranza, a chi non sa come uscirne o con chi parlarne e vorrà raccontarci la sua storia di bullismo e soprusi.
Accanto a noi, in questo percorso, gli amici di Centro Nazionale contro il Bullismo – Bulli Stop, il dottor Massimo Giuliani e la dottoressa Carmen Sansonetti (Area Nord Italia – Lombardia Settore Scuole ed Eventi Sportivi), che ci hanno aiutato a mettere a punto il kit di primo soccorso che trovate qui di seguito.
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MANUALE DI PRIMO SOCCORSO
PER VITTIME DI BULLISMO E DI CYBERBULLISMO

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