Immaginate di entrare in un barile di legno grande più o meno come un adulto e di lanciarvi in un fiume in piena, verso una vertiginosa cascata: spaventoso, vero? Qualcuno l’ha fatto ed è sopravvissuto abbastanza per raccontare la sua impresa. Si chiamava Annie Edson Taylor, aveva 63 anni e decise di lasciare il suo lavoro sottopagato da maestra per tentare il volo impossibile delle cascate del Niagara.

Come racconta un articolo del New York Times, erano tempi molto diversi. Era appena iniziato un nuovo secolo e la società americana subiva ancora il grande fascino di maghi come Harry Houdini e dei freak del circo Barnum. Sperando di risollevare il suo tenore di vita, Annie Edson Taylor sfidò il corso roccioso del fiume Niagara e cadde giù per i 52 metri delle celebri cascate. Era l’ottobre del 1901 e tutto quello che lei sperava di trovare, giù in fondo, era una vita più semplice.

Nata nel 1838 a Auburn, New York, era una degli otto figli di un proprietario di un mulino. Da piccola non si era mai interessata alle bambole, preferendo dedicarsi agli sport all’aria aperta, spinta da un inesauribile voglia di avventura. Diventata maestra, si era sposata e aveva avuto un figlio: la prematura morte di entrambi l’aveva costretta a trovare nuovi lavori di fortuna.

Decise di abbandonare la sua vecchia vita, mettendosi in viaggio e affrontando diversi rischi. Sopravvissuta a un incendio e a un terremoto, durante un passaggio in Texas era stata persino fermata da alcuni banditi che volevano derubarla. Lei, però, si era rifiutata di consegnare loro i suoi risparmi, che conservava gelosamente nel vestito. Alla fine si era trasferita in diverse città, diventando prima maestra di ballo e poi di canto. Giunta in un’età delicata, per evitare di finire in disgrazia si era decisa a tentare il volo.

Prima di quel 24 ottobre, giorno del suo compleanno, Annie Edson Taylor aveva lottato contro l’ostracismo di chi, molto semplicemente, non voleva considerarsi complice di quel suicido. Per testare il barile, da lei progettato e costruito, lo fece “provare” a una gatta, che altrettanto miracolosamente riuscì a sopravvivere. E poi arrivò il giorno, che sembrava destinato a esserle fatale. Prima di lei ci avevano già provato senza successo diverse persone, tra cui il nuotatore Matthew Webb, affogato tra le rapide nel 1883. A lei, invece, andò bene.

Una volta dentro il barile provò un senso di soffocamento, come più tardi raccontato. Ma non bastò per fermarla: il tragitto verso quella che in tanti immaginavano fosse una destinazione funesta la mise a dura prova. Annie trattenne il fiato e si lasciò sballottare dalla corrente, precipitando giù dalle cascate. Ce l’aveva fatta.

La Dea delle Acque, come la soprannominarono poi, divenne una sorta di celebrità: per qualche tempo, Annie Edson Taylor pensò davvero di essersi assicurata una pensione tranquilla. La sua autobiografia vendette moltissime copie, facendole guadagnare una discreta fortuna, ma si trattava di una bolla effimera. Precipitata nuovamente nella povertà, dimenticata da tutti, morì il 29 aprile del 1921.

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Nel suo necrologio, sul The Buffalo Express, si raccontò di come alcuni manager senza scrupoli le avessero portato via tutti i soldi, soprattutto durante i tour successivi all’impresa. E non solo: le avevano rubato anche il celebre barile in cui aveva affrontato il pericolo. Ricordandola oggi, diamo voce a una donna che aveva cercato disperatamente di trovarne una.

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