Che sfumature ha il volto di una donna vittima di violenza? Molto spesso, purtroppo, siamo costretti a fare i conti con una realtà che è diventata una vera e propria piaga intimamente connessa al nostro tessuto sociale, eppure non altrettanto spesso cerchiamo davvero di provare a immedesimarci nelle vittime, di capire come il dolore, il senso di colpa, la vergogna per ciò che si è subito arrivino a convivere nella stessa anima, segnando in maniera indelebile la persona.

Anzi, più frequentemente uomini, e donne, arrivano a giudicare la vittima cercando in lei una corresponsabilità che, a tutti gli effetti, è una forzatura, perché va da sé, anche se sfortunatamente non sembra essere un concetto chiaro a molti, che chi subisce un abuso, uno stupro, un maltrattamento, non vada mai incontro volontariamente al proprio destino, né lo provochi.

Chiaro che l’empatia sarebbe necessaria, ma troppo spesso non è che una chimera aleatoria riservata ai più sensibili di cuore; per questo la digital creative agency AQuest ha presentato Shout, “un viaggio nella prigione – reale e mentale – di una donna vittima di violenza“, come si legge nel comunicato di presentazione ufficiale; il progetto è stato infatti presentato il 23 novembre 2018 presso la sede dell’agenzia, durante un evento aperto alla cittadinanza e in prossimità della Giornata mondiale contro la violenza sulle donne.

Shout nasce dal lavoro combinato tra i 3D artist e i front-end developer di AQuest, con l’obiettivo di far aderire un piano 2D con una specifica texture geometrica su un oggetto 3D, facendo in modo che i due livelli si muovessero in sincronia. Da lì è stato sviluppato il progetto vero e proprio, quella che ha portato alla rappresentazione del volto di una donna, seminascosta nell’ombra, ma con emozioni visibilissime che, accompagnate da sottofondi sonori e illuminazioni hanno creato un forte impatto emotivo.

I motivi dell’esperimento? Cercare di gettare una luce nuova sulla questione della violenza di genere: da qui il nome Shout, ovvero grido, perché solo alzando la voce si riesce, probabilmente, a fare in modo che questa piaga sia considerata per quella che è, e affinché vengano posti dei freni importanti alla sua continua espansione o alla stigmatizzazione sociale con cui, troppo spesso, le vittime si trovano ad avere a che fare.

L’utente viene coinvolto, durante la navigazione del sito, nella storia di questa donna, stimolato ad agire in prima persona, tramite azioni che la aiutano pian piano a farsi forza e a uscire dalla sua prigione. Shout è, in sostanza, un vero e proprio viaggio all’interno della sua anima.

Per promuovere l’iniziativa, AQuest ha organizzato un evento presso l’Agorà dell’agenzia, facendo registrare il tutto esaurito e potendo contare sulla presenza di numerosi ospiti, che hanno contribuito alla conversazione sul tema.

Al termine del percorso, gli utenti hanno potuto partecipare attivamente alla causa, con delle donazioni ai D.i.Re (Donne in Rete contro la violenza), associazione italiana che gestisce centri antiviolenza a carattere non istituzionale, e UN Women, l’entità delle Nazioni Unite a supporto della parità di genere.

Per saperne di più è inoltre possibile consultare questo sito.

La discussione continua nel gruppo privato!
Seguici anche su Google News!