Sono tantissime le donne della scienza, ma non tutte hanno ricevuto in vita i riconoscimenti a cui avrebbero avuto diritto. Tra di loro c’era anche Rosalind Franklin, che il New Yorker descrive come la Sylvia Plath della biologia molecolare. Una figura importantissima, che purtroppo venne addirittura dileggiata dai suoi colleghi uomini. “Se si fosse tolta gli occhiali e avesse cambiato pettinatura non sarebbe poi stata così poco interessante”, scrisse di lei uno dei suoi colleghi. Gli stessi colleghi che avevano utilizzato i dati da lei raccolti per formulare la teoria sulla struttura del DNA, poi premiata con il Nobel.

Nata a Londra il 25 luglio 1920, Rosalind Franklin apparteneva a una ricca famiglia borghese di editori e banchieri ebrei. Trascorse un’infanzia felice, serena e agiata, tra scuola, sport e visite alla casa di campagna del nonno. Tutto cambiò nel 1929, quando fu mandata in collegio nel Sussex, una zona che i suoi genitori reputavano più sana per lei. Iscritta alla severissima Lindores School for Young Ladies,  si appassionò alla geometria, alla geografia, ma soprattutto alla scienza, materia nella quale eccelleva.

Nel gennaio del 1932 Rosalind Franklin tornò a Londra, dove iniziò a frequentare la St. Paul, scuola nota per il suo rigore accademico. Ossessionata dai voti, tanto da pensare costantemente di non farcela (pensiero comunque  infondato), vinse una borsa di studio per la scuola superiore, dove si concentrò sulle discipline scientifiche.

Mentre Hitler saliva al potere, nel 1938 Rosalind venne ammessa al Newnham college di Cambridge e si gettò con grande entusiasmo nella vita universitaria. Ebbe modo di ascoltare i più grandi nomi della scienza di Cambridge e partecipò a una riunione dell’Association of Scientific Workers di cui il presidente era Lawrence Bragg che, all’epoca, aveva condiviso il premio Nobel assieme al padre per aver utilizzato la diffrazione dei raggi X per determinare la struttura dei cristalli.

Tutto ciò che Rosalind Franklin desiderava era aggiungere la pratica tecnica alle tante nozioni che stava apprendendo, ma il mondo fuori da Cambridge sembrava crollare sotto la minaccia nazi-fascista. Nell’ottobre del 1940 iniziò il suo ultimo e terzo anno: grazie ai suoi voti eccellenti sapeva che, se il college fosse stato costretto a chiudere per colpa della guerra, si sarebbe trovata in possesso di credenziali sufficienti per poter lavorare come chimico di guerra.

Fortunatamente non ce ne fu bisogno, e nel 1941 Rosalind Franklin riuscì a laurearsi. Iniziò quindi a lavorare come ricercatrice, studiando la porosità del carbone. La sua attività aiutò a farle sorgere l’idea di fibre di carbonio molto resistenti, idea che poi fu la base del suo dottorato di ricerca del 1945 in chimica e fisica. Dopo la fine della guerra accettò un impiego a Parigi, dove si specializzò nella tecnica della diffrazione dei raggi X, un metodo usato per analizzare molecole di grandi dimensioni.

Tornata a Londra nel 1950, ormai esperta della struttura del carbone e del carbonio, si trasferì al Wheatstone Physics Laboratory del King’s College di Londra, diretto da Maurice Wilkins. Entrò a far parte di un gruppo di ricercatori che si occupavano di analizzare la struttura del DNA. Dopo aver inizialmente accantonato l’idea di una struttura a doppia elica, riuscì a ottenere la prova che le serviva. La sua abilità nell’allestire i preparati chimici e nell’analisi ai raggi X fornì infatti la prima chiara immagine del DNA.

I suoi dati furono successivamente utilizzati per formulare l’ipotesi di Maurice Wilkins, Francis Crick e James Watson nel 1953 riguardante la struttura a doppia elica del DNA, grazie a cui ricevettero il premio Nobel. Rosalind Franklin non venne nemmeno menzionata. Dopo aver terminato la sua parte di lavoro del DNA, lasciò il laboratorio e condusse un lavoro pionieristico sul mosaico del tabacco e virus della polio. Morì a 37 anni per le complicazioni derivanti da cancro ovarico. Solo dopo la sua morte il mondo scientifico si accorse dell’importanza delle sue scoperte.

A lei è stata dedicata un’opera teatrale, Photograph 51, di Anne Ziegler, diventata anche un film diretto da Michael Grandage e interpretato da Nicole Kidman, stessi regista e attrice della pièce.

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