Sophie Scholl è uno dei personaggi femminili più interessanti della storia della Germania nazista e della Seconda Guerra Mondiale. Fu una studentessa e il membro di un movimento antinazista denominato Rosa Bianca. E in quanto tale una martire del nazismo. Per comprendere il suo ruolo, bisogna fare un passo indietro e capire che i regimi totalitari della prima metà del XX secolo erano fondamentalmente atei: si opponevano alle religioni organizzate in quanto portatrici di messaggi di pace e uguaglianza, ma soprattutto perché trasmettevano un messaggio sovversivo: qualcuno un giorno avrebbe giudicato e punito Hitler, Mussolini e Stalin, come il Dio dei cristiani per esempio.

Uno di questi regimi, il fascismo italiano, era sceso a un compromesso con la religione organizzata attraverso i Patti Lateranensi: l’associazionismo cattolico veniva tutelato, tanto che i partigiani bianchi riuscirono a preparare, grazie all’Azione Cattolica, la classe dirigente che avrebbe guidato l’Italia libera e democratica. Con il nazismo non ci fu mai una tregua del genere e l’associazionismo cattolico e protestante fu perseguito e perseguitato.

A partire appunto dalla Rosa Bianca, un gruppo di studenti – i fratelli Hans e Sophie Scholl, Christoph Probst, Alexander Schmorell e Willi Graf con il docente Kurt Huber – che stampavano e diffondevano materiale antinazista. Nei loro opuscoli si parlava di resistenza pacifica, si respingeva la violenza di Adolf Hitler e si profetizzava una cosa che molto dopo sarebbe più o meno accaduta (nonostante le sacche neonaziste e neofasciste oggi esistenti): un’Europa unita e federale, che credesse nella pace, nella giustizia e nella tolleranza.

Sophie era cresciuta in una famiglia che aveva risentito molto dell’avvento del nazismo. Il padre era un liberale e fu sindaco durante la Repubblica di Weimar. Da piccola, come accadde a molte adolescenti, subì una forzata educazione nazista, che la giovane però rigettò subito, dopo i torti subiti dal fratello Hans – arrestato per aver aderito a un’associazione cristiana. Anche il padre fu arrestato e incarcerato per un breve periodo nel 1942, per aver criticato apertamente il despota Adolf Hitler. Fu in quell’anno che Sophie Scholl, studentessa all’Università di Monaco, decise di aderire con il fratello alla Rosa Bianca.

Nel corso di un’azione organizzata all’ateneo tedesco per la diffusione di uno dei loro pamphlet, Sophie e Hans furono scoperti a causa della delazione di un bidello, dopo aver gettato dei volantini dalla tromba delle scale. Furono arrestati e processati da un tribunale del popolo – che in tempo di guerra equivale a una delle più classiche farse in cui tutto è già deciso – e i ragazzi furono condannati a morte per decapitazione con ghigliottina. Con loro fu condannato anche il loro amico Christoph Probst, che era stato arrestato nel frattempo.

I ricordi dei secondini e del boia dell’epoca parlano di una strenua difesa da parte di Sophie e Hans. I giovani subirono una tortura lunga quattro giorni e non furono mai delatori dei loro compagni, che purtroppo furono però trovati tutti, arrestati e ghigliottinati anche loro prima della fine della guerra. Perfino i secondini furono mossi a compassione e prima dell’esecuzione li lasciarono tutti e tre insieme a fumare una sigaretta. Sophie fu sepolta con Hans nel cimitero di Monaco: le loro salme sono sormontate da due croci unite da un solo braccio. La giovane, scomparsa così, a 22 anni, viene ricordata anche e soprattutto per le parole che pronunciò prima di essere assassinata dai nazisti:

Come possiamo aspettarci che la giustizia prevalga quando non c’è quasi nessuno disposto a dare se stesso individualmente per una giusta causa? È una giornata di sole così bella, e devo andare, ma che importa la mia morte, se attraverso di noi migliaia di persone sono risvegliate e suscitate all’azione?

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