La vera storia di Hannah Ocuish, la bambina che ringraziò prima di salire al patibolo

"Grazie, sei stato gentile." Con queste parole si concluse la vita di Hannah Ocuish, la persona più giovane giustiziata nella storia degli Stati Uniti, condannata a morte per impiccagione il 20 dicembre 1786 a New London, nel Connecticut, all'età di soli 12 anni e mezzo. Ma di quali colpe fu accusata? E perché la sua storia riecheggia ancora nell'attualità? Scopriamolo insieme.

“Grazie, sei stato gentile.” Con queste parole si concluse la vita di Hannah Ocuish, la persona più giovane giustiziata nella storia degli Stati Uniti, condannata a morte per impiccagione il 20 dicembre 1786 a New London, nel Connecticut, all’età di soli 12 anni e mezzo.

Ma di quali colpe fu accusata? E perché la sua storia riecheggia ancora nell’attualità? Scopriamolo insieme.

Chi era Hannah Ocuish

Hannah Ocuish nacque nel mese di marzo del 1774 (non è noto il giorno) nella zona di Groton, sita nello Stato del Connecticut, da madre appartenente al popolo nativo americano dei Pequot.

La sua esistenza fu travagliata fin dai primi vagiti. Sua madre, infatti, indigena, povera, lasciata dal compagno e con problemi mentali, fu definita una “creatura abbandonata, dedita al vizio dell’ubriachezza”, e, secondo le fonti, costrinse la figlia a lavorare come domestica presso una famiglia bianca in tenerissima età. Come ricorda Cronache Ribelli, poi, la madre era anche solita sparire per settimane intere, costringendo Ocuish a vivere di furti e stenti e a passare da un orfanotrofio all’altro.

Alcune testimonianze affermano, inoltre, che la ragazza fosse affetta da disabilità intellettiva, mentre altre si riferiscono alle sue vulnerabilità e difficoltà marcando queste ultime come spontanee conseguenze di una condizione sociale e familiare particolarmente compromessa.

Lo dimostra il fatto che, all’età di 6 anni, Hannah Ocuish fu accusata di aver picchiato una bambina bianca mentre cercava di rubarle la collana insieme al fratello, di due anni più grande di lei. Come riportò in seguito un autore anonimo:

La sua condotta, come emerso dalle prove presentate all’onorevole Corte Superiore, era segnata da quasi ogni genere di vizio. Furto e menzogna erano i suoi vizi più comuni. A questi si aggiungeva una natura maligna che rendeva i bambini del vicinato molto timorosi di lei. Possedeva un grado di astuzia e sagacia che andava ben oltre quelli di molti della sua età.

A prescindere dalle intenzioni di tale discorso, volto a sottolineare l’importanza dell’educazione dei figli all’obbedienza, una cosa è certa: Hannah Ochuish era una bambina sola e abbandonata a se stessa in un mondo ostile, razzista e classista.

La condanna di Hannah Ocuish

La situazione precipitò drasticamente il 21 luglio 1786, giorno in cui fu ritrovato il corpo esamine di Eunice Bolles sul ciglio della strada fuori Norwich, nel Connecticut: una bambina bianca di sei anni con cui Hannah aveva litigato poco tempo prima, perché aveva accusato Ocuish di averle rubato delle fragole durante la loro raccolta.

Come dichiararono le fonti dell’epoca:

La testa e il corpo erano mutilati in modo orribile, la schiena e un braccio rotti, e diverse pietre pesanti erano state piazzate sul corpo, sulle braccia e sulle gambe.

Secondo la ricostruzione di Karen Halttunen, professoressa di storia all’Università della California di Davis, il crimine sarebbe andato nel modo seguente:

Il 21 luglio 1786, verso le 10 del mattino, il corpo della bambina assassinata fu trovato sulla strada pubblica che portava da New London a Norwich, disteso a faccia in giù vicino a un muro. Il vicinato si recò sulle tracce dell’assassino; Hannah fu interrogata e affermò di aver visto quattro ragazzi vicino alla scena del crimine. Quando le ricerche non portarono a nulla, Hannah fu nuovamente interrogata e poi portata a casa Bolles per essere accusata di omicidio in presenza della bambina morta.

E fu qui che Hannah Ocuish:

Scoppiò in lacrime e confessò. Solo a questo punto avanzato della narrazione viene offerto al lettore un resoconto sequenziale del crimine. Cinque settimane prima, Eunice aveva denunciato Hannah per aver rubato della frutta durante la raccolta delle fragole, e Hannah aveva tramato vendetta. Una mattina, vedendo la sua giovane nemica diretta a scuola, Hannah aveva attirato Eunice lontano dal suo cammino con un dono di calicò, poi l’aveva picchiata e strangolata a morte.

Successivamente, coprì il corpo della bambina con delle pietre, “per far credere alla gente che il muro le era caduto addosso e l’aveva uccisa”. Il tutto solo per fame di vendetta. Ma andò veramente così?

Il processo e il patibolo: la tragica fine di Hannah Ocuish

In seguito alla confessione, Hannah Ocuish fu arrestata e accusata da una giuria popolare di aver ucciso Eunice Bolles, e fu, quindi, rinchiusa in una prigione preventiva. Unica prova: la sua confessione agli inquirenti e nessun’altra testimonianza (complice l’assenza, a quei tempi, del Quinto Emendamento).

Durante il processo, la ragazza 12enne si dichiarò più volte non colpevole, mantenendo un atteggiamento calmo e imperturbabile per la maggior parte della sua prigionia. Il suo atteggiamento rimase tale anche di fronte alle dure parole del reverendo Henry Channing, che fece di tutto per spaventarla e spingerla al pentimento.

Nel suo sermone – dove definì Ocuish “la ragazza mulatta” – affermò, infatti, che:

Il bene e la sicurezza della società richiedono che a nessuno, di carattere così maligno, venga permesso di vivere, e la punizione della morte non è altro che il giusto demerito del tuo crimine: e risparmiarti a causa della tua età, come dice la legge, sarebbe di pericolosa conseguenza per il pubblico, sostenendo l’idea che i bambini potrebbero commettere crimini così atroci impunemente.

L’agitazione della ragazza salì, tuttavia, a ridosso dell’esecuzione. Hannah Ocuish fu condotta al patibolo il 20 dicembre 1786, dove fu impiccata di fronte a una folla di cittadini che reclamava giustizia. E, qui, poco prima di salutare la vita e la sua giovinezza, ringraziò lo sceriffo che l’aveva trattata con riguardo durante i suoi sei mesi di prigionia, con poche, ma semplici, parole: “Grazie, sei stato gentile”.

Il caso di Hannah Ocuish è stato “rispolverato” e riesaminato a partire dal 2020, da parte di un gruppo di storici, membri della tribù, avvocati e dalla sezione del Connecticut dell’Innocence Project, per tentare di determinarne la colpevolezza e se abbia ricevuto o meno un giusto processo.

Tema su cui si trova in accordo anche la scrittrice Jessica Suess, che ha espresso “ragionevoli dubbi” sulla colpevolezza di Ocuish. Tutte le fazioni, infatti, concordano sul fatto che l’etnia, l’età, la disabilità e il genere potrebbero aver giocato un ruolo nella sua condanna e nella sua sentenza, e che, in definitiva, quello di Hannah Ocuish potrebbe essere “un crimine nato dal razzismo“, in assenza di denunce precedenti (anche da parte della stessa Eunice Bolles, in seguito al furto).

Un crimine che verificatosi 239 anni fa, ma di cui, dunque, non si saprà mai davvero la verità.

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