Voice shaming: il bullismo sulla voce che rischia di zittire chi lo subisce

Il voice shaming è l'insieme di comportamenti discriminatori, ghettizzanti e derogatori nei confronti di persone che soffrono di disturbi del linguaggio, particolarmente frequente soprattutto in età scolare - ossia quella in cui, di norma, essi sono più evidenti. Quali sono le sue forme e conseguenze? Scopriamolo nel dettaglio.

Tra le tanti parti del corpo e del carattere che possono essere vittime di discriminazione, ve ne è anche una che, forse, non sovviene in modo subitaneo alla mente: la voce. Atteggiamenti di bullismo nei confronti della voce, tuttavia, ne esistono copiosi, e confluiscono tutti in un’espressione inglese, voice shaming, che sta via via trovando sempre più spazio nel dibattito pubblico.

Un esempio emblematico, in questo senso, è la nascita dell’Osservatorio Voice Shaming, presentato il 22 ottobre scorso dall’Associazione Vivavoce in occasione della Giornata della Sensibilizzazione alla Balbuzie. Ma che cos’è, esattamente, il voice shaming, e come si esplica concretamente nella nostra quotidianità? Vediamolo insieme.

Che cos’è il voice shaming?

Il voice shaming è l’insieme di comportamenti discriminatori, ghettizzanti e derogatori nei confronti di persone che soffrono di disturbi del linguaggio, particolarmente frequente soprattutto in età scolare – ossia quella in cui, di norma, essi sono più evidenti.

Come spiega al Corriere Antonio Schindler, professore ordinario di audiologia all’Università di Milano, direttore dell’unità di foniatria dell’ospedale Sacco di Milano e direttore scientifico dell’Osservatorio Voice Shaming:

Si tratta di disturbi riferiti alla qualità della voce, che può essere rauca, più effeminata in un uomo o infantile in un adulto, alla pronuncia, come nel caso della balbuzie, oppure alla produzione e comprensione di frasi, come nell’afasia.

Per prendere consapevolezza dell’entità del fenomeno, rivolgiamoci ai dati. In base ai risultati del primo report stilato dall’Associazione Vivavoce, il 10% della popolazione soffre di un disturbo cronico della voce e il 2% ha una forma di balbuzie. Nello specifico, il 40% delle persone balbuzienti dichiara di essere stata vittima di discriminazione e/o bullismo durante l’infanzia, come dichiara anche lo stesso Giovanni Muscarà, che presiede l’associazione:

I compagni di classe mi ridevano in faccia durante le interrogazioni, gli insegnati dicevano che se avessi studiato di più non avrei balbettato, e anche i professori all’università pensavano che non fossi abbastanza preparato, mentre sul posto di lavoro la mia difficoltà a parlare era scambiata per agitazione. Nessuno ti guarda per le competenze e il valore che hai e chiunque ti giudica secondo uno stereotipo.

Cause e origini del fenomeno

Alla base del voice shaming vi sono, tendenzialmente, pregiudizi culturali. Idea comune è, infatti, quella secondo la quale la balbuzie, ad esempio, sia da ricondurre a eventi traumatici o affini, facendo percepire l’individuo che balbetta come incapace di condurre una vita “normale” e funzionale e di svolgere una qualsiasi attività lavorativa.

In realtà, come si legge su Adnkronos, la balbuzie

è un disturbo complesso che coinvolge diversi fattori dal punto di vista fisiologico, genetico, ambientale, cognitivo, linguistico, emotivo. Eventi traumatici non possono quindi essere la causa della balbuzie, pur giocando un ruolo importante nell’intensificazione del disturbo. Esistono però rari casi di balbuzie psicogena causata da ben più gravi avvenimenti come abusi, disastri naturali o incidenti mortali.

Così come:

Chi vive questa difficoltà molto spesso conosce già la situazione o le parole su cui si bloccherà, questo genera in lui naturalmente uno stato di ansia e di stress. Ansia e stress sono, perciò, conseguenti all’insorgere della balbuzie, e non ne sono la causa, anche se possono certamente aumentarne l’intensità.

Alla balbuzie si affiancano, poi, anche altre forme di disturbi del linguaggio, quali la disfonia (alterazione qualitativa o quantitativa della voce, con cause organiche o funzionali), dislalia (difficoltà nell’articolazione dei suoni e, di conseguenza, della pronuncia), il disturbo pragmatico (criticità connesse all’uso funzionale della comunicazione verbale e non verbale, in assenza di interessi e comportamenti ristretti e ripetitivi) e la cosiddetta “erre moscia” (causata da alterazioni anatomiche e/o neurologiche o da deficit uditivi).

Senza dimenticare, infine, anche i difetti di pronuncia di persone straniere e la questione antimeridionalismo, oggetto (soprattutto in passato) di atti di discriminazione – lavorativa, umana, sociale – e di canzonature spesso caricaturali ed estremamente offensive e irrispettose nei confronti delle vittime.

Le conseguenze del voice shaming

Ma in quale modo il voice shaming impatta sulla vita delle persone che ne sono interessate? Come si legge sempre sul report, le conseguenze più frequenti sono: umiliazione (62%), inadeguatezza (53%), rabbia (46%) e frustrazione (45%).

In sette casi su dieci, inoltre, il luogo in cui il voice shaming si esplica con più frequenza è la scuola, in particolar modo quella primaria. Durante l’adolescenza, poi, il rischio aumenta notevolmente, con un’incidenza del 30% nelle scuole secondarie di primo grado e del 36% nelle scuole secondarie di secondo grado.

Il bullismo relativo alla voce avviene, inoltre, anche in altri ambiti di vita quotidiana, come la famiglia e la cerchia di amici (6%), il contesto lavorativo (5%) e quello sportivo (3%). In qualsiasi circostanza, tuttavia, i risultati sono affini: gli individui si sentono scherniti, ghettizzati, esclusi dal gruppo, giungendo persino a essere vittime di atti di violenza fisica e/o verbale.

Senza dimenticare, infine, i disagi emotivi e psicologici che concernono la relazione con le altre persone, e che possono rendere complesso interfacciarsi con queste ultime in qualsiasi situazione quotidiana, dal prendere un caffè ad andare in posta, proprio per il senso di imbarazzo e vergogna che può essere esperito da chi ha difficoltà di questo tipo.

Come affrontare il voice shaming?

Superare lo stigma, però, è possibile. Il primo passo è denunciare tutte le forme di discriminazione in cui si incorre, utilizzando, per esempio, la chat messa a disposizione dall’Associazione Vivavoce, Voice Help, che, come spiega la dottoressa Valentina Letorio, psicologa e responsabile dell’Area Balbuzie del Centro Vivavoce di Milano:

Si tratta di un numero Whatsapp (+39 3891560942) a cui chiunque può scrivere per segnalare un episodio di voice shaming subito o a cui si ha assistito (cioè atti discriminatori nei confronti di una persona a causa del suo modo di parlare) e ricevere supporto da un professionista che fornirà gratuitamente ascolto, consigli e, se necessario, orientamento sul tipo di percorso riabilitativo da seguire.

Il servizio, attivo dal lunedì al venerdì tra le ore 14:30 e le ore 17:30, consente, dunque, di ottenere un primo sostegno e comprendere come affrontare il disturbo. Per superarlo, infatti, continua Letorio:

È importante che chi ne soffre sia preso in carico da un team multidisciplinare, in cui siano presenti più figure cliniche. Il logopedista si occuperà degli aspetti pneumo-fono-articolatori, lo psicologo o lo psicoterapeuta si concentrerà invece su questioni quali la gestione dell’ansia e dello stress e, più in generale, su quella delle emozioni e ogni specialista opererà nel proprio ambito di competenza.

Guarire è, quindi, possibile. Ma, prima ancora, è importante acuire la consapevolezza nei confronti di un fenomeno sempre più diffuso, e che, se non arginato e ostacolato, può inficiare notevolmente la qualità della vita di chi ne è vittima.

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