Cos'è il congedo per la menopausa e perché è ora di parlarne

Il congedo per la menopausa prevede giorni di permesso retribuiti per tutte le persone che soffrono i sintomi del climaterio e potrebbero necessitare di una pausa dal lavoro - o di lavorare da casa - a causa del malessere psicofisico cui vanno incontro (dal mal di testa all'assenza di concentrazione, dall'ansia generalizzata all'insonnia). Vediamo di che cosa si tratta nello specifico.

Dopo l’acceso dibattito – ancora in corso – relativo al congedo mestruale, vi è un altro congedo di cui ancora si fatica a parlare, ma del quale sarebbe assolutamente necessario discutere: quello per la menopausa.

In base a una ricerca condotta da Savanta, infatti, una donna su dieci lascia il proprio posto di lavoro a causa dei sintomi (molto spesso pervasivi e invalidanti) del climaterio. Il sondaggio, condotto su un campione di 4000 donne residenti nel Regno Unito, ha rivelato come il 14% di esse avesse ridotto l’orario professionale, il 14% fosse passato a un impegno part-time mentre l’8% non avesse presentato domanda per la promozione.

Sono, dunque, milioni le donne che non ricevono il giusto supporto in ambito lavorativo e sono costrette a recarsi in ufficio nonostante il malessere psicofisico o, come accennato, ad abbandonare il proprio posto di lavoro a causa dell’impossibilità a procedere oltre a causa dei sintomi legati alla menopausa.

Un congedo potrebbe aiutarle. Ma di che cosa si tratta nello specifico e come potrebbe essere applicato?

Il lavoro e la menopausa

Stanchezza cronica, concentrazione scarsa, tachicardia, annebbiamento mentale, memoria ridotta, mal di testa, vampate di calore, sudorazione, disturbi d’ansia generalizzata… Sono molteplici i modi in cui la menopausa può impattare sulla serenità di una donna e di una persona con utero e ovaie, anche e soprattutto sul luogo di lavoro.

Come si legge su AmbiMed, infatti, l’acuita vulnerabilità cui sono soggette le donne in menopausa può condurre a un calo del rendimento professionale e, al contempo, a un aumentato rischio di infortuni, dovuti perlopiù alle incipienti osteopenia e osteoporosi e alle conseguenti lussazioni e/o fratture.

Con una conseguenza tragica: il licenziamento delle donne in menopausa – considerate meno produttive, attente e professionali – e, in parallelo, una resistenza maggiore ad assumere donne anagraficamente più vicine al climaterio (quindi di età compresa tra i 45 e i 55 anni). Dando luogo, così, a una vera e propria discriminazione di genere (che si aggiunge a quelle già attive nel nostro contesto socio-culturale).

Che cos’è il congedo per la menopausa?

Per questa ragione, si è iniziato a parlare di congedo per la menopausa (o workplace menopause leave), ossia una serie di giorni di permesso retribuiti da utilizzare in caso di malessere o per visite mediche specialistiche e controlli di routine.

Il dibattito è particolarmente vivo nel Regno Unito, dove alla fine del 2022 lNHS England (il Sistema Sanitario Nazionale inglese) ha pubblicato una serie di linee guida per regolare le condizioni di lavoro delle donne in menopausa. La proposta avanzata dall’NHS prevede, infatti, strategie di intervento concrete e funzionali al benessere delle lavoratrici, tra cui l’affidamento di compiti più leggeri, lo smart working, turni più brevi, pause maggiormente flessibili, il ricorso a condizionatori (per rendere le temperature dell’ufficio più confortevoli) e tessuti traspiranti e uniformi più fresche.

Come spiega la CEO del Sistema Sanitario Nazionale inglese Amanda Pritchard:

La menopausa non è una malattia, è una fase della vita, e voglio che tutte le donne che affrontano questa transizione nel Sistema Sanitario Nazionale abbiano accesso al giusto supporto per rimanere a lavorare e prosperare. Nel lungo periodo, permettere alle donne in menopausa di lavorare in modo flessibile potrà dare impulso alla forza lavoro nel NHS.

I benefici del workplace menopause leave

I vantaggi di un workplace menopause leave sarebbero, allora, innumerevoli. In primo luogo, consentirebbero alle donne in menopausa di essere “viste” e prese nella giusta considerazione da parte dei propri titolari, permettendo loro di non vergognarsi o sentirsi in colpa se non riescono a essere adeguatamente performanti a causa di dolori articolari, vampate di calore, insonnia, debolezza e confusione mentale.

In secondo luogo, si ridurrebbero i permessi di malattia e similari, dal momento che le lavoratrici che hanno bisogno di una pausa dal lavoro potrebbero decidere di svolgere i propri compiti da casa – ove possibile, naturalmente – o di assentarsi dall’ufficio solo quando lo ritengono strettamente necessario (che sia per mezza giornata o un giorno intero). In questo modo, dunque, diminuirebbero sia le assenze “ingiustificate”, sia le giornate di lavoro massacranti perché costellate da sintomi fonte di disagio e malessere.

E, infine, aumenterebbe il dialogo sul tema – sul posto di lavoro e all’esterno – e, con esso, la sensibilizzazione nei confronti della popolazione, che potrebbe essere, così, maggiormente pronta ad accogliere tematiche tabuizzate e ancora poco affrontate come questa.

Proposte, battaglie e ostacoli

Non tutti i datori di lavoro e, nel complesso, i Paesi del mondo presentano, però, una tale sensibilità. In Italia, per esempio, la discussione è ancora viva e fonte di diatribe, e non sembra trovare una giusta via d’uscita. A essa si lega fortemente quella per il congedo mestruale. In questo senso, una proposta di legge è, infatti, stata presentata dall’Alleanza verdi e sinistra, con cui si prevedrebbero due giorni di congedo mensili, oltre a quelli già pattuiti dai contratti di lavoro nazionali.

Gli ostacoli, tuttavia, sono molteplici. Si pensi, a titolo esemplificativo, a tutte le persone non binarie e quelle che non hanno concluso la propria transizione di genere e presentano, dunque, utero e ovaie: come reagirebbero i rappresentanti del più antico e radicato conservatorismo? Il discorso è valido sia per il congedo mestruale, sia per quello legato alla menopausa.

Senza dimenticare, poi, le discriminazioni di genere che potrebbero derivarne – sempre dai comparti più tradizionalisti, naturalmente -, che vedrebbero in un congedo per la menopausa un attacco alla parità di genere sul posto di lavoro (menzionata solo quando se ne necessita) e, in generale, ai diritti dei lavoratori.

In questo senso, l’unica ad aver riscontrato risultati positivi – in ambito occidentale – è la Spagna, che il 16 febbraio 2023 ha approvato definitivamente la Legge organica per la tutela dei diritti sessuali e riproduttivi e la garanzia dell’interruzione volontaria di gravidanza, con cui si garantiscono tre giorni di congedo per tutte le persone che soffrono di dismenorrea.

Un primo passo, fondamentale, che ci si augura possa condurre, in futuro, anche a un workplace menopause leave in tutti i Paesi del mondo. E non solo nel Regno Unito.

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