"Uniti per sopravvivere", la 'nuova' lotta per il clima raccontata da Extinction Rebellion

Dal 21 al 24 aprile, decine di migliaia di attivisti per il clima hanno invaso pacificamente il centro di Londra per "The Big One", un insieme di manifestazioni sul clima con oltre 200 organizzazioni partecipanti e guidata da Extinction Rebellion (XR) che, in quest'occasione, ha mostrato il proprio cambio di rotta nelle modalità di lotta politica. Ecco la nuova XR raccontata dalla voce di due attivisti.

È giunto il momento di “The Big One”: gli attivisti di Extinction Rebellion UK, dopo una campagna di 100 giorni incentrata sul cambio di rotta delle azioni politiche, sono scesi in campo su Londra per realizzare una manifestazione (o meglio, un insieme di manifestazioni) di quattro giorni. La campagna è la prima dopo la decisione dell’organizzazione di rendere la questione climatica più inclusiva, allontanandosi temporaneamente dai metodi più controversi e dando “priorità alla partecipazione anziché all’arresto e alle relazioni anziché ai blocchi stradali”. Sconvolgere con i numeri dei partecipanti, anziché con le azioni.

Hanno partecipato alle dimostrazioni e marciato su tutta la zona centrale di Londra circa centomila persone tra il 21 e il 24 aprile, in un evento senza precedenti che ha raccolto i nomi di duecento realtà diverse, tra cui Greenpeace, Friends of the Earth, Just Stop Oil, Avaaz e centinaia di gruppi locali e comunitari, religiosi e politici.

L’idea originaria della campagna 100 Giorni è nata da due attivist3 della Cornovaglia ad agosto del 2022. È stata una campagna basata sul principio dell’inclusività, un’evoluzione rispetto al classico modo di comunicare di XR, progettata per adattarsi ai cambiamenti della percezione delle persone rispetto al cambiamento climatico e al loro crescente malcontento.

Credits: fotografie realizzate dagli attivisti di XR e pubblicate con il loro consenso

Infatti, secondo recenti sondaggi del Guardian, il 66% delle persone sostiene l’azione nonviolenta e il 75% è a favore dell’installazione di energia solare sui terreni agricoli.
Quindi, l’idea, forse geniale, di XR è stata: perché non dare loro la possibilità di partecipare a una protesta diversa dalle solite, una di cui condividerebbero “i modi” e le procedure, e non soltanto “la causa”?

E, nonostante la pioggia, i numeri sembrano aver dato loro ragione. Le tre richieste fondamentali di XR rimangono però sempre le stesse: Dire la Verità, Agire ora e Istituire le Assemblee Cittadine. Nel dettaglio, è inclusa fra gli obiettivi sempre la riparazione, intesa come pagamento dei danni arrecati al clima da parte dei governi e delle industrie responsabili, con gli stati più ricchi a sostegno di quelli che stanno soffrendo maggiormente le conseguenze del collasso eco-climatico.

In particolare, in UK la campagna sembra aver colpito anche per le crisi di energia e del costo della vita di quest’anno, con le aziende di combustibili fossili sostenute e finanziate dal governo.
Ma non solo: il Regno Unito ha reso un anno fa molto pericoloso il diritto di protestare, attraverso il disegno di legge riguardante l’ordine pubblico sulla possibilità di riunirsi e farsi sentire, con sentenze durissime per gli attivisti e pene sproporzionate alle persone marginalizzate; in più, il pubblico non è felice nemmeno della National and Borders Act, la legge di respingimento dei migranti fortemente voluta dai Tories.

Parte della campagna e delle dimostrazioni di questi giorni hanno infatti riguardato anche queste tematiche: al momento, nel Regno Unito, sono 14 le persone imprigionate per aver partecipato ad azioni a favore della giustizia climatica o di altre cause politiche, come quella
palestinese. Tra cui Morgan Trowland, condannata a 3 anni, e Marcus Decker, condannato a due anni e sette mesi.

Gli attivisti di Extinction Rebellion ci ricordano poi di avere uno sguardo globale e decoloniale della questione: nel 2020, 227 persone sono state uccise per attivismo ambientale e proteste per il diritto alla terra. Nell’ultimo decennio, sono 1700. Insomma, la fiducia del pubblico inglese nei confronti del governo sta cambiando, e questa fiducia può essere indirizzata altrove: perché possiamo fare attivismo senza l’etichetta di attivist3 appiccicata addosso. Ci si può fidare della comunità e prendersi cura delle persone e della terra, giorno dopo giorno. E, a proposito di comunità, questa storia inizia in realtà su un pullman che da Bologna arriva fino a Londra, una nave per Dover, dei buoni pasto gratis e tanta voglia di condividere.

Credits: fotografie realizzate dagli attivisti di XR e pubblicate con il loro consenso

E, proprio perché se si tiene al clima si vola il meno possibile, ho conosciuto Gianluca e Polly, due attivist3 in viaggio per l’Inghilterra proprio in occasione della Big One, su un Flixbus che viaggiava di notte per l’Europa. E poi, grazie a loro, è arrivata Geordie, che ci ha raccontato questi giorni e che, proprio insieme a Polly, mi ha lasciato le sue considerazioni e speranze alla fine di quest’esperienza.
E a cui dobbiamo anche le foto di quest’articolo.

Geordie ci ha narrato in real time le diverse giornate passate a fare media e attivismo, condivisione, azioni, supporto e comunità. Vi lascio un breve riassunto, per quanto sia possibile riassumere un’esperienza del genere.

Decine di migliaia di persone hanno partecipato alle proteste, con diversi stand delle centinaia di associazioni presenti, e l’accessibilità della manifestazione senza paura delle ripercussioni legali è stata sicuramente un’esperienza diversa. Ci sono state assemblee e simulazioni di assemblee, proiezioni, musica, focus di incontri tra diverse religioni. Il secondo giorno ha avuto luogo la manifestazione per la biodiversità, con il gruppo musicale ritmi della resistenza che accompagna sempre XR durante le azioni, l’effetto ottico è stato imponente, diverso, molto colorato e pieno di bambini e famiglie. Alla fine, tutt3 hanno partecipato ad un die-in lunghissimo in cui sono rimasti in piedi soltanto gli scienziati.

Il terzo giorno è stato il giorno delle proteste contro le politiche migratorie, è quello della maratona di Londra che è proseguita senza problemi, per scelta degl3 attivist3; l’ultimo giorno, fra le varie cose, la massa di persone è tornata al parlamento per la fine dell’ultimatum alle cinque del pomeriggio.
L’ultimatum, di cui si è parlato tanto nei giornali locali (non senza una buona dose di studiato allarmismo) non è stato altro che la richiesta da parte degl3 attivist3 per il clima di “mettere fine” all’era dei combustibili fossili e creare immediatamente assemblee cittadine per l’emergenza climatica. Perché non c’è più tempo.

Come recita l’ultimo comunicato di XR:

Siamo stat3 in centinaia di migliaia, siamo stat3 pacific3, siamo stati ignorati. È quello che chiediamo lo chiede la scienza. La prossima volta, non ce ne andremo.

Mi siedo finalmente con Polly e Geordie per un’intervista finale, purtroppo online a causa di un’influenza/allergia perché la primavera è bellissima ma le graminacee un po’ meno.
Abbiamo tutt3 un caffè ed è sempre illuminante parlare con loro.

Intanto vi chiedo un punto di vista, politico e personale, su quest’esperienza…

Polly: “Cercando di riassumere una parola il tutto, direi che unite to survive è uno slogan che hanno azzeccato tantissimo, per quest’esperienza; ho sentito molta Unione, nello stare insieme, nelle attività proposte. Erano duecento realtà diverse, ma le cose specifiche di ognun* risuonavano con quella dell’altr*, e si è visto da fuori, spero anche l’abbiano visto anche le istituzioni e c’erano diversi membri dei parlamentari ‘verdi’.
Ripensandoci, ci avranno sentiti sicuro perché abbiamo fatto tanto rumore, era inevitabile vederci e sentirci!

Era la prima grande azione dopo il “cambio di strategia”, quanto della nuova linea è stato portato avanti, cosa resta della vecchia e cosa si potrebbe migliorare?

Geordie: “Beh, solo sabato c’erano sessantamila persone, comunque il tempo non ha aiutato in generale, è stato sempre brutto, nella conta totale comunque centomila persone ci saranno state e non è assolutamente poco! Il cambio di strategia era specifico della big one, adesso vedremo cosa succederà“.

Credits: fotografie realizzate dagli attivisti di XR e pubblicate con il loro consenso

C’è stato un cambio di pubblico, sicuramente, no?

Se leggi l’ultimo comunicato c’è scritto infatti che la prossima volta ci rifiuteremo di andare via. Quindi c’è un cambio ulteriore in vista, magari“.

Polly: “Era un cambio di strategia per chi diceva condivido la causa ma non il metodo ok, ci siamo dett3, facciamo vedere che teniamo tutt3 al futuro dei nostri figli. Ma è stato esplicitato che era per questa campagna. E ieri c’è stata un’assemblea con l’intento di dare, per quanto
possibile, la risposta alla domanda what’s next, per capire i sentimenti generati dall’esperienza e anche come andare avanti, cosa fare ora. Il punto è ancora picchettare, fare comunità, disobbedire ma anche supportare le altre realtà che hanno partecipato.
Quello che è bello è che abbiamo capito ancora di più quanto siamo complementari, che non è questo o quello, è troppo importante il futuro del pianeta per restare divisi”.

Se posso dire la mia, credo che il messaggio più bello e politicamente importante della Big One sia stato che si possono riunire persone che non condividono il modo ma le cause. Penso alla lotta per le pensioni in Francia, ma in generale a qualsiasi tipo di attivismo. Si può restare unit3 nelle differenze delle azioni. In questo senso credo che sia stato creato un precedente.

Geordie: “Il punto che è stato dimostrato è anche questo, che le azioni disruptive fanno notizia, ma in centomila nessun* considerato la protesta, né i media né le istituzioni, che però si affrettano a sganciare la notizia di tre persone legate sul tetto. Quando eravamo sul
ponte di Westminster a un certo punto ci siamo fermati… non abbiamo fatto nulla, di solito XR un ponte lo blocca, si siede la gente. Ma i tamburi dietro hanno cambiato il sound, sono diventati più bassi, il cielo era nuvoloso, tutti si sono bloccati per un attimo. Il messaggio era
chiaro, noi decidiamo di stare qui e come starci: noi decidiamo di non bloccarlo, perché l’abbiamo stabilito insieme, così come la maratona non è stata bloccata per una nostra decisione. Ed è stato un momento, io non sono una persona spirituale, ma mi sono fermata, è stato un momento, boh, quasi sacro. Prendiamo il potere e decidiamo cosa farne, come popolo”.

Un ultima domanda: progetti futuri del movimento e/o personali, insomma cosa portate con voi di quest’esperienza?

Polly: “Un amico mi ha detto, non so se è cambiato qualcosa a livello politico, ma è cambiato tanto dentro di me. Ecco, condivido molto. Attivismo vuol dire diventare attivi, stare insieme, è tutto lì. Come lo realizzeremo, questo cambiamento, in futuro, non si sa, ma sarà
sicuramente in condivisione. Le parole chiave sono apertura, non giudizio e nonviolenza, perché ci hanno permesso in questi giorni di stare vicino e lottare insieme, perché le differenze sono minori rispetto all’obiettivo comune: è importante scoprire nuovi modi e mantenere vive queste connessioni. Cogliendo l’atmosfera abbiamo cantato in diverse lingue, ma diverse lingue dicono tutte la stessa cosa: vogliamo un mondo abitabile, vogliamo vivere“.

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