"La mia pelle non mi definisce, ma per gli altri è difficile accettarlo" - INTERVISTA A LILIANA GADDI

Liliana Gaddi è una ragazza che sui social ha deciso di parlare apertamente e senza reticenze dell'acne che ha da quando era adolescente. "Oggi mi accetto, ma sembra che per gli altri sia più difficile farlo", ci ha detto.

Superare l’imbarazzo e la vergogna verso quelle che la società definisce “imperfezioni” è possibile solo grazie a un profondo percorso di consapevolezza in cui forza e determinazione non devono mancare, e in questo senso i social, che spesso purtroppo sono proprio il motore principale che spinge le persone a sentirsi a disagio col proprio corpo, possono rappresentare anche un valido aiuto, un luogo di condivisione e di supporto reciproco.

In questo senso li ha utilizzati Liliana Gaddi, una ragazza che da anni lotta con l’acne e che, proprio attraverso Instagram, ha deciso di esporre in prima persona la propria esperienza, tra alti e bassi, allo scopo non solo di “liberare” se stessa dal peso di un pregiudizio, ma anche per aiutare altre persone a far pace con se stesse e le particolarità dei loro corpi.

Quando l’abbiamo intervistata per conoscere meglio la sua storia, la prima cosa che ci ha detto, a proposito della sua acne, è

Ho cominciato ad accettarla quando ho smesso di combatterla.

Gaddi soffre di acne da quando ha 12 anni, e nel tempo ha sviluppato una forma di acne nodulo-cistica con formazione di cicatrici cheloidi.

Ero piccola e non sapevo come vivere quello che mi stava accadendo se non attraverso gli occhi degli adulti, che non facevano altro che ripetermi che un giorno sarebbe passata e io sarei tornata a essere bella – ci ha raccontato – Inoltre, non mi sentivo in alcun modo rappresentata: tra conoscenti, social e televisione non avevo mai visto nessuno con una condizione simile alla mia. Ho passato i primi anni a sentirmi sola e a combattere contro la mia stessa pelle perché nessuno mi aveva mai mostrato un’alternativa. Dopo anni di convivenza con questa condizione e il suo andamento ondulatorio ho semplicemente iniziato ad abituarmici e mi sono stancata di combatterci.

Poi, circa un anno e mezzo fa, ho deciso di pubblicare un post su Instagram con diverse foto della mia pelle scattate nell’arco dell’anno. Non avrei mai potuto immaginare di provare una sensazione di liberazione così profonda solo pubblicando delle foto. Mi sono resa conto che parlare della mia condizione era il primo passo per accettarla. Alcuni mesi dopo, ho pubblicato un’altra foto e, senza pensarci più di tanto, ho aggiunto alcuni hashtag legati alla skin positivity“.

I riscontri non hanno tardato ad arrivare.

Mi sono iniziati ad arrivare messaggi da persone che mi ringraziavano e dicevano di sentirsi un po’ meno sole grazie al mio post. Mi sono resa conto del grande valore che ha la condivisione, non solo per me ma anche per gli altri. Condividere mi aiuta a sentirmi finalmente libera di esistere nel mio corpo così com’è. Ma ha un valore anche per tutte quelle persone che possono trovare in me una forma di rappresentazione, cosa di cui avrei tanto avuto bisogno anche io in passato“.

Liliana Gaddi dice di essere stata fortunata perché non ha mai subito bullismo per via dell’acne, tuttavia non è stata risparmiata da commenti spiacevoli.

Tra coetanei semplicemente non se ne parlava e questo ha contribuito tanto a non aggravare la mia sensazione di perenne disagio. Quello che ho sofferto di più sono stati i commenti e consigli inappropriati degli adulti, anche molti sconosciuti. Negli anni ho ricevuto innumerevoli consigli non richiesti da persone che provando pena per me sentivano il bisogno di dire qualcosa: ‘Saresti così bella senza acne’,”Ti do il numero del mio dermatologo’,’Ma sono ustioni da incendio quelle che hai?’.

Negli anni mi sono sentita dire le cose più assurde. Il motivo per cui questi commenti sono particolarmente dolorosi è che sono completamente fuori contesto e ignari del percorso che mi porto alle spalle. Magari mi vedi in un periodo in cui ho uno sfogo ma fino a un mese fa la situazione era calma e si vedevano solo le cicatrici. Magari mi vedi in un giorno in cui io mi sento particolarmente soddisfatta perché inizio a vedere miglioramenti. O semplicemente è possibile che io mi senta a mio agio a prescindere e che quel giorno io non abbia voglia di preoccuparmi della mia pelle.

E invece quei commenti mi riducono all’istante in cui gli altri mi percepiscono, come se la pelle fosse l’unica cosa che mi definisce. Spesso noto che per le persone è difficile credere che io veramente abbia fatto pace con il mio corpo. Devo quasi giustificare il fatto che non sento più il bisogno di inseguire uno standard di bellezza e che ho imparato ad amare le mie cicatrici. Con gli anni ho imparato che questi commenti rivelano molto di più delle persone che li fanno e della loro idea di bellezza. Di me non rivelano molto“.

Negli anni anche Liliana Gaddi si è resa conto della potenza dei social per diffondere messaggi di body positivity, come negli ultimi tempi abbiamo perfettamente visto nel caso, ad esempio, di Giorgia Soleri.

I social sono uno strumento potentissimo che per anni ho sottovalutato. Credo che se usati consapevolmente possano dar vita a conversazioni molto costruttive. I social mi danno la possibilità di raccontare la mia esperienza con l’acne ma anche quella di imparare a mia volta da chi condivide la propria esperienza con condizioni diverse. Lo trovo uno scambio bellissimo e un tipo di sensibilizzazione di cui abbiamo molto bisogno nella nostra società.

Penso che sia molto importante far in modo che tutti coloro che sono stati privati di una voce trovino lo spazio per condividere il loro punto di vista. Penso anche che tramite i social si possa iniziare a formare una propria consapevolezza su temi che magari non ci toccano nella
nostra quotidianità, per poi approfondirli maggiormente. Ho imparato tante cose che non sapevo su vulvodinia ed endometriosi grazie a Giorgia Soleri, così come ho modo di imparare su altre tematiche da altri creator.

E magari come io imparo qualcosa dalla loro condivisione, loro possono imparare qualcosa dalla mia. In generale, mi piace molto questa tendenza a essere più autentici sui social e spero che aiuti a portare più gentilezza, ascolto ed empatia nella nostra società“.

C’è stata qualche critica social in particolare che ti ha ferita oppure ti ha motivata ad andare avanti?

Ho cominciato a parlare di acne sui social da relativamente poco e devo dire che non ho ricevuto molte critiche. A volte ricevo i soliti consigli non richiesti, analoghi a quelli che ricevo di persona da persone che non mi conoscono nemmeno. La maggior parte delle volte ricevo messaggi positivi da altre persone che soffrono di acne, ogni volta scaldano il cuore e sono una grande fonte di motivazione“.

Gaddi finora si dice soddisfatta, in generale, del riscontro che ha trovato sui social.

Sia da parte dei miei conoscenti che dai follower che non conosco personalmente. Ricevere messaggi da persone che non conosco che
mi raccontano alcune delle loro difficoltà è stato del tutto inaspettato all’inizio. Ultimamente mi rendo sempre più conto di quanto questi scambi abbiano un valore in entrambe le direzioni. Le persone che mi seguono hanno modo di sentirsi anche solo in parte rappresentate. Dall’altro lato, io sono in contatto con persone che vivono o hanno vissuto esperienze simili alla mia. Questa consapevolezza di non essere sola, che anche altre persone vivono quello che vivo io, è un sollievo immenso e qualcosa di cui avrei tanto avuto bisogno soprattutto da piccola“.

Quali sono le altre battaglie di body positivity che segui o che ti interessano maggiormente?

Amo molto ascoltare e imparare da chiunque si espone sui social a raccontare della propria condizione. Seguo vari creator che parlano di acne positivity, anzi acne neutrality, un termine che preferisco. In fondo, quello che facciamo è sensibilizzare affinché l’acne venga vista
come qualcosa di né negativo né positivo, semplicemente umano e naturale. Ma a livello della pelle amo vedere rappresentate anche psoriasi, cicatrici, segni particolari, vitiligo, smagliature e ogni tipo di condizione che allontana dallo ‘standard’.

E oltre alla pelle anche chiunque fa sensibilizzazione su temi come grassofobia e normalizzazione dei peli. È tanto bello vedere persone che si sentono a proprio agio nel loro corpo, è di grande ispirazione e secondo me anche un atto di ribellione contro una società conformista e patriarcale. Ammiro tanto chiunque trova il coraggio di accettarsi e vuole condividere questa riscoperta consapevolezza di sé. Iniziare a seguire persone così sui social mi ha aiutata molto ad iniziare un processo di decostruzione di tutti gli ideali e canoni di ‘bellezza’, ma anche di ‘femminilità’, che ho assimilato crescendo.

Allo stesso tempo, sono assolutamente consapevole che l’accettazione del proprio corpo è frutto di un percorso che può essere più o
meno ostacolato o lungo per ogni persona. Per esempio, ci possono volere anni prima che una persona che soffre di acne trovi il coraggio di farsi vedere struccata. E va bene così, ognuno ha la sua strada e il rispetto degli altri viene prima di tutto. La body positivity non può essere forzata o imposta in alcun modo“.

Perché qualcuno pensa che accettare di avere l’acne, o mostrarsi con i peli, con le smagliature o con la cellulite siano forzature del femminismo e non invece una semplice “scelta diversa” compiuta dalle persone?

Vorrei tanto avere una risposta a questa domanda. Credo che dipenda molto dall’ambiente e dagli ideali che ci circondano mentre cresciamo. Da notare come discorsi legati a queste tematiche siano sempre incentrati sul corpo delle donne, mai degli uomini. Perché c’è sempre bisogno di una particolare giustificazione dietro al modo in cui una donna sceglie di apparire e prendersi cura del proprio corpo? Il fatto che semplicemente può piacere tenere i peli o non coprire le cicatrici non viene quasi mai riconosciuta come una motivazione sufficientemente valida.

Allo stesso tempo, noto una grande differenza generazionale su come viene affrontato questo tema. Credo che le nuove generazioni siano più aperte e disponibili a confrontarsi e mettere in discussione le proprie idee in merito. Questa tendenza a essere più inclusivi e non giudicare è testimoniata anche dal fatto che la maggior parte delle volte i miei coetanei non commentano la mia pelle. Credo che oggi queste scelte non possono ancora essere del tutto scollegate da un messaggio femminista, ma spero che presto ognuno si potrà sentire libero di esistere nel proprio corpo senza bisogno di giustificazioni“.

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