Le prime parole che mi disse nel 2018 Gigliola Bono, madre di Monia Del Pero, vittima di femminicidio, furono:

Tutti gli anni è così.
Per il 25 Novembre e l’8 Marzo arrivate tutti: giornalisti, tv, istituzioni, vip..
Tutti a condividere post, fiocchi, slogan, scarpette e a farsi vedere al fianco delle vittime o dei loro famigliari. Poi, per i restanti 363 giorni dell’anno, spenti i riflettori, la verità è che siamo soli.

Sono passati quattro anni e le sue parole sono sempre più vere.
Persino le aziende hanno capito di poter occupare il loro spazio nella gara alla campagna/iniziativa/post/conferenza più potente/commovente/virale/partecipata etc., manco fosse Natale.

Sia chiaro: al netto di chi ci crede e di chi lo fa per pinkwashing o visibilità (non sta a noi giudicare!), è un bene che se ne parli.
Né siamo qui a negare l’utilità di Giornate Internazionali (nel caso del 25 Novembre, istituita dall’ONU) nel processo di sensibilizzazione rispetto a temi importanti che, diversamente, in assenza di una data sul calendario sarebbero sconosciuti o quasi.

Non così per la violenza di genere, che è vissuta ogni giorno e in molteplici forme da circa metà della popolazione mondiale: un cancro endemico e sistemico della nostra società.
Noi siamo una società basata sulla violenza di genere e siamo stati educati a una cultura che sulla sottomissione (violenza) delle donne pone le sue solide fondamenta! O ce ne rendiamo conto e decidiamo di ripensare integralmente la nostra cultura e la nostra società, o non basterà l’attivismo da 25 Novembre.

Per il secondo anno consecutivo, quindi, la redazione di Roba da Donne riunita per decidere cosa fare per il 25 Novembre ha deciso all’unanimità: NIENTE!

Ne parliamo ogni giorno, da anni. Continueremo a farlo, da domani.
Prima e dopo l’incontro con Gigliola Bono e altre madri e padri di vittime di femminicidio abbiamo dato vita a molte iniziative, da L’amore è un’altra storia a rubriche, eventi e contenuti quotidiani sui nostri social. Non perché siamo migliori, ma perché è un dovere nonché responsabilità di chi fa informazione e cultura e quindi partecipa, sempre (consapevole o no), a un processo di educazione.
Dopo tante parole e leggi insufficienti e codici di vari colori che continuano a non garantire la salvezza alle donne che denunciano (anzi!), c’è bisogno di un momento di rottura e di presa di consapevolezza: quanto stiamo facendo come singole e singoli, come Paese e come istituzioni non basta, è insufficiente e persino, spesso, sbagliato!

Altrimenti questa immagine, realizzata nel 2018 per la rubrica 365 giorni donna, non sarebbe ancora valida: ci sono 365 X, quelle in rosso visualizzano il numero delle donne che ogni anno sono vittima di femminicidio in Italia (una media di 1 ogni 72 ore).

Ne parliamo ogni giorno, da anni. Continueremo a farlo, da domani.
Ma oggi scegliamo di non aggiungere, a queste, altre parole o iniziative o proclami.
Per rispetto alle donne uccise, a quelle vittima di violenza – in tutte le sue forme -, e anche per chi resta: orfani di femminicidio, madri, padri, fratelli, sorelle…
Famiglie destinate ad anni di tritacarne burocratici, economici, istituzionali che poco hanno a che fare con la Giustizia.

A domani!

La discussione continua nel gruppo privato!
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