Verso fine del 2021 c’è stato un termine che ha iniziato a risuonare nelle nostre orecchie e che abbiamo continuato a leggere dappertutto: metaverso. I più disattenti l’hanno legato da subito a Mark Zuckerberg, ma il termine (e il concetto) esiste da decenni ed è legato anche a qualcosa che su Internet si è già visto, ma forse non ha destato tante perplessità come stavolta.

Ma è in fondo questo quello che capita con ciò che è una novità, almeno per le masse: ci si pone inizialmente degli interrogativi sulla diffusione massiva e magari in seguito si constata che quegli interrogativi erano superflui. O forse no.

Che cos’è il metaverso?

L’etimologia del termine viene da meta- (che è greco e significa “oltre” o “dopo” e si riferisce a una situazione di trasformazione, di cambiamento) e -verso, che è il suffisso che indica microcosmi reali o immaginari (gli appassionati di cinema e tv conoscono ad esempio il Buffyverse o il ViewAskewverse). In inglese, la lingua che ha coniato l’espressione, si dice metaverse.

L’espressione è stata però inventata nel 1992 all’interno di un romanzo cyberpunk dal titolo Snow Crash, di Neal Stephenson. Il metaverso, nel libro e poi nella vita, è una realtà virtuale in 3D in cui ognuno può scegliere un avatar e interagire con altri.

Ovviamente nel metaverso, dato che è un microcosmo che si ispira al mondo reale, c’è tutto: negozi, vita notturna, uffici, mezzi di trasporto pubblici e privati e naturalmente “persone”. Vi sembra di aver già sentito tutto questo? Beh, diciamo che in passato abbiamo esplorato forme primitive di metaverso.

La storia del metaverso da Second Life a Meta

Metaverso
Fonte: Pixabay

Esempi di metaverso fanno già parte da molto tempo della nostra esistenza. Tra questi ci sono i Mmorpg (Massively Multiplayer Online Role-Playing Game), cioè giochi di ruolo che si fanno su Internet tra giocatori che si trovano in ogni parte del mondo, in pratica come le serie di Halo o World of Warcraft.

All’inizio degli anni 2000 ha preso piede invece Second Life, che per certi aspetti assomiglia proprio al metaverso. Non solo in Second Life c’erano tante attività da svolgere (a volte anche didattiche o divulgative), ma soprattutto si aveva un avatar che cambiava progressivamente. Al primo log in in Second Life il nostro avatar era infatti di legno e poi veniva arricchito via via in base all’esperienza che si maturava.
Nel metaverso sarà un po’ differente, perché l’avatar sarà contrassegnato in base alla classe sociale, che tuttavia non necessariamente corrisponderà a quella della vita reale. E in più Second Life era “ancora” in 2D: il metaverso avrà anche bisogno di device specifici, come occhiali per la realtà aumentata e visori per la realtà virtuale.

Nel 2021, Mark Zuckerberg sta orientando le sue forze, economiche e intellettuali, oltre che di forza lavoro per la creazione di un metaverso. Ha anche cambiato il nome della sua azienda in Meta (infatti se vi collegate a Facebook, WhatsApp o Instagram da smartphone vedete una prima schermata velocissima in cui la dicitura dell’azienda è ora Meta con il suo logo, il simbolo dell’infinito).

Sembrano quasi profetiche le parole pronunciate nel biopic su Zuckerberg The Social Network, quelle che sentiamo dire a Sean Parker per bocca di Justin Timberlake:

Abbiamo vissuto nelle fattorie, abbiamo vissuto nelle città e ora vivremo su Internet.

Il futuro del metaverso

Metaverso
Fonte: Pixabay

È difficile dire ora cosa sarà del metaverso, anche perché è difficile capire come si svilupperà nell’immediato. Molto del successo o dell’insuccesso dipenderà ovviamente da come le persone – gli utenti – percepiranno questa novità e se e come saranno in grado di assimilarla e usarla. Per il momento, dobbiamo prendere per assolute le parole che Zuckerberg ha scritto sul sito della sua azienda e attendere:

La qualità distintiva del metaverso sarà una sensazione di presenza, come essere proprio lì con un’altra persona. Si sarà in grado di teletrasportarsi istantaneamente come un ologramma per essere in ufficio senza doversi spostare, a un concerto con gli amici o nel soggiorno dei propri genitori a chiacchierare.

Metaverso: i possibili problemi

In un mondo post-pandemia che nella pandemia teme di ricaderci a ogni pie’ sospinto, che ricorda fin troppo bene i lockdown, il distanziamento sociale e le misure restrittive, il metaverso può apparire come una boccata d’ossigeno, come la possibilità di interagire con le persone in ogni ambito della vita pur restando a casa propria.

Proviamo però a immaginare quali potrebbero essere le derive negative della questione:

  • difficoltà a capire cosa è reale. È possibile che alcune persone finiscano per rifuggire qualunque contatto sociale reale con gli altri, come gli hikikomori. E perché dovrebbero uscire per fare qualcosa, quando hanno a disposizione tutto il mondo sui loro device? Certo però questo è uno degli scenari peggiori e può riguardare solo alcune persone, non tutte;
  • dipendere troppo dalla tecnologia. È uno degli scenari invece più credibili, perché la tecnologia ci segue a ogni passo e rischiamo di perdere, con le generazioni, una serie di conoscenze che invece sono “analogiche”, tradizionali, manuali;
  • cedere i propri dati per la monetizzazione altrui. Questo accadrà sicuramente, perché il metaverso altro non è che l’estensione di un modello Facebook. Seppur stiamo parlando di un servizio che sarà quasi sicuramente gratuito, dobbiamo capire che i nostri dati personali non hanno prezzo. È giusto quindi monetizzare qualunque esperienza umana, tra l’altro per permettere nuovi ricavi a società multimiliardarie?

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