Era la sera del 14 dicembre 1963 quando, nella sua casa di Detroit, la cantante Dinah Washington si addormentò per non svegliarsi mai più. Da tempo tormentata dall’ansia e dall’insonnia, era solita assumere sonniferi con alcolici per riuscire a dormire. Quella, però, fu l’ultima volta.

Dinah Washington, regina del blues, muore a 39 anni, schiacciata dal peso dello showbiz.

L’infanzia e i primi lavori

Dinah Washington nacque, con il nome di Ruth Lee Jones, nell’agosto del 1924 a Tuscaloosa, una cittadina dell’Alabama. Le precarie condizioni economiche e la crisi che iniziava a imperversare su tutto il continente spingono i Jones a cercare fortuna altrove. All’età di tre anni Ruth e la sua famiglia si trasferiscono a Chicago.

Il padre di Ruth, però, è molto assente e la madre è l’unica a lavorare. Ciò la spinge ad affidare la piccola Ruth alla parrocchia, luogo dove scopre la sua vocazione per il canto. All’età di dieci anni diventa membro effettivo del coro e, successivamente, assume il ruolo di leader e pianista. La Chiesa e la religione assunsero un valore fondamentale nella vita di Ruth, al punto tale che nel corso della sua carriera, in cui ebbe modo di spaziare tra tantissimi generi come blues, pop e jazz, decise di non incidere mai un album gospel. Era convinta, infatti, che non si potesse mescolare lo spirituale con il music business.

Il grande successo

Nel 1942, dopo aver terminato gli studi musicali alla Dusable High School, debuttò ufficialmente al Garrick Stage Bar di Chicago con il nome Dinah Washington. Lì il manager Joe Glaser le presentò Lionel Hampton che l’assunse come vocalist nella sua orchestra. L’anno successivo arriva il primo contratto discografico. Accompagnata da Hampton, incide i suoi primi pezzi.

Il vero successo, però, arriverà dopo aver lasciato l’orchestra di Hampton. Per un breve periodo incide con l’Apollo Records e inizia a collezionare i suoi primi brani in classifica. Nel 1948 entra nella Mercury Records, etichetta grazie alla quale la sua carriera impenna vertiginosamente. All’inizio degli anni Cinquanta, Dinah Washington è, ormai, un’artista affermata con un repertorio conosciuto in tutti gli Stati Uniti.

Gli ultimi anni e la morte

Pop, jazz, blues e country sono i generi tra cui Dinah Washington spazia nei suoi album. Apprezzata dal pubblico ed elogiata dalla critica, gli anni che vanno dal 1954 al 1958 sono quelli dei successi maggiori della sua carriera. Lo stesso, però, non vale per la sua vita personale. La vita amorosa è burrascosa: si sposa e divorzia sette volte. Nell’ambiente musicale in molti nutrono antipatia per lei e per il suo carattere. L’etichetta discografica le esercita molte pressioni, portandola a incidere 444 canzoni nel periodo di durata del contratto.

Come se tutta questa pressione non bastasse, al suo più grande successo commerciale, ovvero, What a difference a day makes, vincitore di un Grammy nel 1959, corrisponde un crollo dell’apprezzamento della critica che vede nei suoi ultimi pezzi un drastico calo di qualità.

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Le morbose attenzioni della stampa e i suoi problemi con il cibo, la spingono ad iniziare ad assumere ansiolitici e medicinali per la perdita di peso. Nel 1962, scaduto il contratto con la Mercury, decide di prendersi un periodo di pausa; progettando di ritornare sulle scene già l’anno successivo.

La pressione della preparazione al ritorno musicale aggrava ulteriormente il suo stato psichico. Inizia a soffrire d’insonnia e a prendere sempre più medicinali, spesso con alcool. Sarà proprio un’overdose a toglierle la vita, a soli 39 anni, a pochi giorni dal Natale 1963.

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