L’Ottocento fu il secolo in cui le donne iniziarono a lottare per ottenere un posto attivo nella società. Non più solo angeli del focolare, si unirono e scesero in molte piazze del mondo per ottenere un trattamento equo, a partire dalla possibilità di votare. Se le storie delle suffragette britanniche sono note ai più, non tutti sanno che fu la Nuova Zelanda il primo Paese a concedere il suffragio universale grazie alla battaglia civile di un gruppo capitanato dall’attivista Kate Sheppard.

Nella petizione ufficiale inviata al parlamento neozelandese nel 1893, firmata da circa 32.000 persone, c’era anche il suo nome. Pochi anni prima, nel 1888, era stata lei a scrivere il potente pamphlet Ten reasons why the women of New Zealand. Tra le dieci motivazioni per poter votare, è sufficiente leggerne solo una per comprendere quanto le donne fossero ancora fortemente discriminate.

Perché non è stato ancora dimostrato che l’intelligenza delle donne sia eguale solo a quella dei bambini, né che il loro status sociale sia pari a quello dei pazzi o dei detenuti.

Non sorprende sapere che a capo della prima nazione a concedere il voto femminile ci sia ora proprio una premier donna, Jacinda Ardern. Chissà cosa direbbe Kate Sheppard della sua conterranea, vista oggi come un modello politico di riferimento in tutto il globo, soprattutto dopo l’impeccabile gestione della pandemia.

Chi era Kate Sheppard

Considerata un’eroina nazionale, tanto da aver rimpiazzato persino la regina Elisabetta II sulle banconote da dieci dollari neozelandesi, Kate Sheppard nacque nel 1847 in Inghilterra, a Liverpool, da genitori scozzesi. Vivace e intelligente, si distinse fin da bambina per le sue eccezionali doti di scrittrice.

Come ricordato nella sua biografia ufficiale sul sito Te Ara, dopo la morte del padre nel 1862 partì per la Nuova Zelanda con la mamma, due fratelli e una sorella. Ricominciarono tutti insieme una nuova vita a Christchurch, dove già viveva un’altra sorella.

Qualche anno dopo Kate, allora 24enne, sposò Walter Allen Sheppard, un commerciante locale, da cui ebbe un figlio. Nonostante il nuovo ruolo da moglie e madre, si prodigò per le attività della sua parrocchia, coordinando i gruppi femminili; fu così che acquistò consapevolezza del nuovo clima di indipendenza che andava formandosi nel Paese.

La conquista del voto alle donne

Il desiderio di distinguersi dalla madrepatria inglese, per superare la visione colonialista e garantire maggiori diritti e benessere per tutti, portò la Nuova Zelanda a essere particolarmente sensibile alle tematiche di genere.

Il movimento neozelandese per il suffragio femminile era ben consolidato da anni, tanto da aver attirato l’attenzione del filosofo ed economista liberale John Stuart Mill, che aveva pubblicamente lodato i primi passi compiuti dalle attiviste. Ci vollero però diversi decenni per giungere a risultati concreti.

Spinta da un femminismo religioso, nel 1885 Kate Sheppard entrò a far parte della New Zealand Women’s Christian Temperance Union, un’organizzazione che mirava a ottenere riforme legislative a favore di donne e bambini. Per un vero cambiamento, però, era necessario allargare il diritto al voto.

Nei suoi articoli e nei discorsi pubblici, Kate Sheppard sostenne l’uguaglianza tra uomini e donne, nella sfera privata e nel sociale, dal punto di vista delle capacità fisiche e intellettive. Lei stessa si batté per poter usare la bicicletta, che ai tempi era sconsigliata alle donne per evitare un affaticamento eccessivo, e fu una delle prime a utilizzarla in Nuova Zelanda.

Radunò intorno a sé un gruppo nutrito di sostenitrici, a cui chiese di firmare la prima e la seconda votazione per il suffragio universale. La terza, sottoscritta da circa un terzo della popolazione femminile, fu quella decisiva e il parlamento capitolò.

Il 19 settembre del 1893 fu così concesso il suffragio universale, nonostante il parere contrario del governatore in carica, David Boyle. La Nuova Zelanda era diventata ufficialmente il primo stato al mondo ad aprire al voto alle donne. L’anno seguente Kate Sheppard si trasferì con il marito e il figlio in Inghilterra, dove proseguì la sua attività insieme alle suffragette.

A causa di problemi di salute, sul finire del secolo dovette però gradualmente ridurre i suoi interventi pubblici. Morì nel 1934, dopo una lunga catena di lutti che le portarono via prematuramente il primo marito, il figlio (morto a soli 29 anni), la sua unica nipotina e il secondo marito, sposato nel 1925 e scomparso solo quattro anni dopo. Dietro di sé non lasciava più persone care, ma idee e conquiste.

Siamo stanche di vivere nella “sfera” che ci viene concessa e di sentirci dire che qualsiasi cosa al di fuori di quella sfera sia “non femminile”… dobbiamo essere noi stesse, costi quel che costi.

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