“Donne liberiane: grazie per aver reso orgoglioso il nostro paese. Grazie per essere rimaste sedute sotto la pioggia e sotto il sole. Questo è il vostro premio. Questo è il nostro premio”. Nel suo discorso di ringraziamento per il Nobel per la Pace, ricevuto nel 2011, Leymah Gbowee rivolse un pensiero a chi le aveva permesso di arrivare fino a lì.

Come ricordato nella sua lecture a Oslo, il movimento nonviolento non aveva nessun potente dalla sua parte, ma solo la grande determinazione di una manciata di donne volenterose. Non ha però avuto dubbi: ha riunito cristiane e musulmane e insieme hanno iniziato una rivoluzione pacifista.

All’inizio del 2003, sette di noi donne si sono riunite in un ufficio improvvisato per discutere della guerra civile liberiana, che si avvicinava rapidamente alla capitale Monrovia. Armate di nient’altro che della nostra convinzione e di 10 dollari americani, è nata la campagna Women of Liberia Mass Action for Peace.

Il ruolo di Leymah Gbowee è stato fondamentale per porre fine alla devastante guerra civile della Liberia. Ed è stato grazie a lei che è stata eletta la prima donna capo di stato africana, la presidentessa liberiana Ellen Johnson Sirleaf.

Le donne erano diventate il “giocattolo della guerra” per le giovani milizie drogate. L’abuso e lo sfruttamento sessuale non hanno risparmiato nessuna donna; siamo state violentate e maltrattate indipendentemente dalla nostra età, religione o condizione sociale. Una scena comune ogni giorno era una madre che guardava il suo giovane reclutato con la forza o sua figlia che veniva portata via come moglie di un altro combattente sotto l’effetto della droga.

La storia di Leymah Gbowee

Nata nel 1972 in Liberia, Leymah Gbowee aveva solo diciassette anni quando iniziò la guerra civile, come da lei raccontato nella sua autobiografia. Mentre il conflitto infuriava, divenne madre in un contesto segnato dalla povertà e dalla violenza, a cui sembrava non esserci rimedio.

Grande sia il nostro potere. La donna che con la sua lotta ha liberato un paese dalla guerra

Grande sia il nostro potere. La donna che con la sua lotta ha liberato un paese dalla guerra

La storia della grande pacifista liberiana, Premio Nobel per la Pace nel 2011, attraverso la sua voce.
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Forte della volontà di cambiare il suo Paese, Leymah decise di seguire un percorso di formazione come assistente sociale e consulente per i traumi, lavorando soprattuto con ex bambini soldato. Era certa che, se un cambiamento era davvero possibile, solo le donne potevano farcela.

Divenne così membro fondatore e coordinatrice per la Liberia del Women in Peacebuilding Network (WIPNET). Di fede cristiana, non permise alla religione di rappresentare una barriera e formò una coalizione con donne musulmane, dando vita al movimento interreligioso Women of Liberia Mass Action for Peace.

Nominata portavoce ufficiale del movimento, guidò le proteste pubbliche contro lo spietato presidente liberiano Charles Taylor, coinvolgendo migliaia di persone. Lei e le altre arrivarono a formare una barricata umana per impedire ai rappresentanti di Taylor e ai ribelli di lasciare le loro riunioni in Ghana senza un accordo di pace.

Quando le forze di sicurezza cercarono di arrestare Leymah Gbowee, lei astutamente minacciò di spogliarsi in pubblico, restando nuda, (il cosiddetto anasurami) un gesto considerato come una sorta di maledizione per gli uomini. Poche settimane dopo le proteste delle donne, Taylor si dimise dalla presidenza e andò in esilio, portando all’elezione di Ellen Johnson Sirleaf.

Il Nobel

La guerra civile in Liberia si concluse così nel 2003, con un bilancio di centinaia di migliaia di morti e un milione di sfollati. Da allora, l’impegno di Leymah Gbowee non si è mai fermato, fino al Premio Nobel per la Pace del 2011, assegnato a lei, alla presidentessa Sirleaf e all’attivista yemenita Tawakkul Karman.

Abbiamo usato le nostre ferite, i nostri corpi spezzati e le emozioni sfregiate per affrontare le ingiustizie e il terrore della nostra nazione. Eravamo consapevoli che la fine della guerra sarebbe arrivata solo attraverso la non violenza, poiché tutti avevamo visto che l’uso della violenza stava portando noi e il nostro amato paese più in profondità nell’abisso del dolore, della morte e della distruzione.

L’orrore della guerra, che ha travolto la sua vita come quella di tante altre donne liberiane, è stato superato solo dal desiderio di dare una speranza alle nuove generazioni.

Quando abbiamo affrontato i signori della guerra, lo abbiamo fatto perché sentivamo che era nostro dovere morale restare madri e rimboccare le maniche, combattere i demoni della guerra per proteggere le vite dei nostri figli, la loro terra e il loro futuro.

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