Negli ultimi anni possiamo aver notato sempre più spesso che sui social si stanno diffondendo teorie bizzarre o a volte senza senso. Chi è avvezzo a Reddit sa che teorie di trama su film o serie tv sono quasi la norma.

Ma in ogni caso basta anche fare un giro su Facebook e scoprire che il nostro vicino di casa ha un’opinione sui viaggi sulla Luna, la genesi relativa alla diffusione del coronavirus e molto altro. Come ha trovato queste teorie? Semplice: attraverso un fenomeno psichico chiamato apofenia.

Apofenia: cosa significa?

Apofenia
Fonte: Pixabay

Si tratta di un termine dall’etimologia greca, che però appare incerta. Come spiega PsychologyToday, la parola si riferisce al fenomeno secondo cui le persone possono vedere schemi precisi in connessioni che invece sono casuali.

Il termine fu coniato dal neurologo tedesco Klaus Conrad per indicare una sorta di processo del pensiero psicotico, mentre oggi sappiamo che il fenomeno è nella natura umana e non necessariamente è legato alla psicosi.

Successivamente se n’è occupato anche lo storico della scienza Michael Shermer, che invece di apofenia usò il termine patternicity. Secondo Shermer, il nostro cervello non include una rete di rilevamento di sciocchezze che ci consentirebbe di distinguere tra modelli veri e falsi.

Secondo quanto riporta il blog di Romolo Capuano, diversi studiosi si sono cimentati nel provare a dare una spiegazione del fenomeno. Uno di questi fu il neurologo svizzero Peter Brugger, secondo cui «gli esseri umani hanno la tendenza pervasiva a scorgere ordine nelle configurazioni casuali».

Ci sono stati anche diversi esperimenti sull’argomento, come quello del 1973 di Naftulin, Ware e Donnelly. Questi scienziati scrissero un testo senza capo né coda e lo fecero recitare a un attore di fronte a diverse platee, che furono assolutamente convinte dalle argomentazioni che furono poste loro: a influenzarli era stata la bravura dell’oratore e non la veridicità delle sue parole.

Apofenia: come funziona la nostra mente?

La nostra mente funziona in maniera abbastanza immediata quando riceviamo un’informazione. Ogni input ricevuta viene infatti processata e, se è analoga ad altre già presenti nella nostra memoria, viene a esse correlata. Un po’ come quando giochiamo a unisci i puntini sulla Settimana Enigmistica.

Non sempre però uniamo questi puntini in modo giusto, e a volte falliamo. Ma quando questo accade, tendiamo a sbagliare lungo due estremi, o dalla parte della cautela o da quella dell’autoinganno.

Alcuni esempi di apofenia

Apofenia
Fonte: Pixabay

Tutte le teorie del complotto sono fantastici esempi di apofenia. Per esempio la teoria secondo ci l’uomo non sarebbe mai sbarcato sulla luna, ma quello che tutti avremmo visto sarebbe stato un film girato da Stanley Kubrick.

Un’altra teoria del complotto famosa è quella secondo cui Paul McCartney sarebbe morto nel 1966 a seguito di un incidente stradale e per questo i Beatles non si sono più esibiti in pubblico (tranne che per il Rooftop Concert).

Anche le macchie di Rorschach sono esempi di apofenia, perché le persone tendono a elaborare un’associazione di idee riferendosi a disegni che non significano nulla di concreto, ma che hanno poi un valore in psicologia.

Per non parlare delle teorie di trama. Le nostre preferite?

  • in Grease, Sandy sarebbe in coma e nella scena finale starebbe in realtà morendo;
  • le storie di Friends non esistono: le ha inventate Phoebe per sfuggire all’orrore della vita in strada dopo il suicidio della madre;
  • Rose in Titanic sarebbe schizofrenica e avrebbe “inventato” Jack Dawson nella sua mente per sfuggire alla propria esistenza borghese.

Apofenia e pareidolia

La pareidolia può essere considerata una forma di apofenia visiva in cui si tende a vedere dei volti in oggetti inanimati: c’è chi vede l’Uomo della Luna, ossia figure umane nella faccia luminosa del satellite terrestre, chi scorge il viso di Gesù nelle macchie di umido o chi nota coniglietti e orsetti nelle nuvole.

Masterclass afferma appunto che la pareidolia è una tipologia di apofenia. Le altre sono:

  • l’errore del giocatore d’azzardo (in cui si vedono schemi precisi in numeri o carte casuali);
  • l’errore di raggruppamento (quando si tende a vedere schemi tra dati che invece non c’entrano tra loro);
  • il bias di conferma (cioè quella secondo cui si cerca di provare un’ipotesi partendo dal presupposto che sia vera, e neanche tanto per assurdo come in alcune dimostrazioni matematiche).

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