“Ho sempre pensato a me stessa come a una pittrice portata fuori strada dalle circostanze”, raccontava Joni Mitchell in un’intervista di vent’anni fa a The Globe and Mail. Artista dai molti talenti, chiamarla “solo” cantautrice non basta a raccontare la profondità della sua voce, la qualità letteraria dei suoi testi, le sue doti di chitarrista e la sua personalità.

La pittura c’è sempre stata, in ogni momento della sua vita di donna e musicista. I suoi dipinti e le sue illustrazioni sono state usate come copertine dei suoi album, fin dal debutto del 1968, ma sono state raccolte in una mostra solo nel 2000, nella cittadina canadese dove ha quasi sempre vissuto la sua famiglia.

Come le sue canzoni, i quadri di Joni Mitchell riescono a svelare intimamente e in modo diretto i sogni e i desideri della donna che li ha creati. Sono carichi di simbolismo e di dettagli personali che raccontano una vita intensa e spesso dolorosa.

Gli inizi di Joni Mitchell

Nata come Roberta Joan Anderson il 7 novembre 1943, nella piccola città canadese di Fort Macleod, cresce in un apparentemente perfetto e immutabile mondo rurale, dove nulla sembra cambiare e rinnovarsi. La poliomielite infantile spezza la sua infanzia, facendola sentire diversa dagli altri.

Mi ha dato un handicap sociale nella comunità in cui stavo crescendo.

Introversa, si rifugia in una sua dimensione colorata, lontana dal grigiore della provincia. Rapita dall’ascolto di un disco di Rachmaninoff, a sette anni riesce a convincere i genitori a studiare pianoforte. E inizia a comporre, sfidando i maestri che non comprendono perché una bambina preferisca fare di testa sua invece che suonare gli intoccabili capolavori dei maestri.

Dopo il trasferimento a Saskatoon, che oggi considera la sua città natale, inizia a scrivere poesie, dipingere e suonare l’ukulele da autodidatta. Alla scuola preferisce il tempo passato fuori, nella natura, a cantare con gli amici. Il 31 ottobre 1962 si esibisce per la prima volta a pagamento, in un club locale, e da quel momento non si ferma più

I grandi dolori

Fonte: Facebook / Joni Mitchell

Nel 1964 Joni Mitchell lascia il college, si trasferisce a Toronto e diventa una folk singer professionista. Per sopravvivere, però, deve anche barcamenarsi tra altri piccoli lavori, anche perché presto si accorge di essere incinta.

La sua unica figlia, Kilauren, nasce nel 1965 da una relazione avuta con un ragazzo del college. Il suo nuovo amore, il cantante americano Chuck Mitchell, le chiede di sposarlo, assicurandole di voler riconoscere la bambina dopo il matrimonio. Dopo le nozze, però, lui cambia idea e la costringe a dare in adozione la piccola.

È stato solo dopo aver rinunciato a questa bambina e dopo questo pessimo matrimonio che ho cominciato davvero a soffrire, l’unica cosa che mi abbia mai spinta a scrivere: scrivere seriamente, scrivere segretamente. E poi è arrivata anche la musica.

Il successo

Sul finire degli anni Sessanta Joni Mitchell si trasferisce a New York per seguire una carriera solista, dopo essersi esibita per qualche anno in coppia con il marito. Lì si innamora del musicista David Crosby, che nel 1968 l’aiuta a pubblicare il suo primo disco.

Arriva il successo e Joni si trasferisce in California dal 1968, dove diventa una dei maggiori esponenti della cultura hippie (sebbene rinunci ad esibirsi a Woodstock per problemi logistici). Negli anni Settanta esce il suo quarto album, Blue, forse il più amato da critica e fan.

Inizia così il suo periodo più intimista, comunque venato da escursioni nel mondo pop e jazz. Continua a produrre da sola tutti i suoi album, un’impresa riuscita solo a pochi nell’ambiente musicale. Negli anni Ottanta si innamora di nuovo, del bassista Larry Klein, che sposa nel 1982 e con cui rimane fino al 1994.

Pochi anni dopo, nel 1997, Joni Mitchell ritrova la figlia data in adozione, ormai trentenne: per lei inizia una nuova fase, più serena e gratificante. Nel 2007 esce il suo diciannovesimo disco, che segna il suo addio alla musica.

La pittura

Durante tutta la sua carriera come cantautrice, Joni Mitchell continua anche a dipingere, ma è qualcosa che tiene per sé. Ritrae il paesaggio canadese, la sua famiglia, i suoi gatti. Utopico e naif, il suo stile è l’esatto contrario delle sue canzoni, in cui esprime tutti i suoi conflitti interiori.

Io canto il mio dolore e dipingo la mia gioia.

Nonostante le critiche, Joni Mitchell non si sente affatto “una pittrice della domenica”.

Probabilmente passo più tempo a dipingere rispetto alla maggior parte dei miei amici che sono pittori a tempo pieno. […] Perché sono così impegnata e poiché mi considero una pittrice, custodisco gelosamente il tempo che ho per dipingere. E a volte trascuro la mia carriera per dipingere. Perché la pittura è ossessiva. Mi dimentico di mangiare. Mi dimentico di dormire. E molte volte, l’idea di dipingere arriva in un momento inappropriato, come quando dovrei fare interviste o proteggere la mia salute. Non posso farci niente. Non è che sia una cosa volontaria. Sono spinta a dipingere.

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