Suo fratello, il celebre antipoeta e fisico cileno Nicanor Parra, diceva di lei che era “sempre preoccupata per gli altri”. Cantautrice, pittrice, ceramista, scultrice e poetessa, Violeta Parra è stata un’artista poliedrica, scomparsa troppo presto ma ancora molto presente nella memoria collettiva sudamericana.

Registrò più di 15 album in studio, lasciando un ampio catalogo di brani inediti, riscoperti e cantati da grandi artisti sudamericani e non solo. Oggi viene ricordata come una donna innamorata del mondo, ma cilena nel cuore e amante della cultura latinoamericana.

Pur avendo viaggiato in tutto il mondo, continuò a cantare la storia e il folklore del suo paese in canzoni impegnate come Yo Canto La Diferencia, di cui riportiamo la traduzione di una strofa.

Io canto alla cilena se devo dire qualcosa.
Io non prendo la chitarra per ricevere un applauso.
Io canto la differenza che c’è tra il vero e il falso.
Altrimenti, non canto.

Chi era Violeta Parra

Violeta Parra Sandoval Parra nacque il 4 ottobre 1917 in un piccolo paesino del Cile. La sua famiglia era di umili origini, ma ciò non le impedì di crescere in un ambiente immerso nell’arte. Suo padre, un maestro di musica, insegnò a tutti i suoi dieci figli a cantare e suonare vari strumenti, in particolare la chitarra.

Violeta iniziò così a scrivere canzoni in tenera età, esibendosi in bar, sale da ballo e circhi. Rimasta orfana di padre a 17 anni, decise di diventare una cantante professionista per aiutare la madre sarta. Abbandonati gli studi, insieme alla sorella Hilda fondò il duo Las Hermanas Parra, che si trasformò poi in Los Parra quando anche i fratelli Clara, Roberto ed Eduardo decisero di cantare con loro.

Mentre si trovava a Santiago per esibirsi, Violeta Parra conobbe Luis Cereceda, ferroviere della stazione di Yungay, che sposò nel 1938 e da cui ebbe due figli, Isabel e Ángel.

Il matrimonio naufragò presto per via del suo carattere indipendente e libero, che la portò a viaggiare per tutto il Paese alla ricerca della vera musica popolare cilena, che registrava e studiava con grande passione.

La sua esposizione alla musica tradizionale fu l’ispirazione per il suo primo album Cantos de Chile, pubblicato nel 1956. In esso unì non solo il folklore locale, ma anche la sua crescente preoccupazione per le condizioni sociali del popolo e in particolare per le drammatiche condizioni dei contadini.

Dopo la separazione, nel 1949, si risposò con un falegname, Luis Arce. Con lui ebbe due figlie, Carmen Luisa e Rosita Clara, morta a due anni: il lutto per la scomparsa della piccola portò alla fine del suo secondo matrimonio.

Il successo in Cile e in Europa

Amata e premiata in patria, amica di noti intellettuali come Pablo Neruda, negli anni Cinquanta lasciò il Cile per esibirsi in una lunga serie di concerti in Europa. Tornata in Sudamerica dopo diversi anni all’esterno, nel 1960 conobbe il suo vero amore, il musicologo e antropologo svizzero Gilbert Favre, a cui dedicò centinaia di canzoni d’amore, come la struggente Corazón maldito.

Cuore maledetto,
senza rispetto, sì,
senza rispetto,
cieco sordo e muto
fin dalla nascita, sì
fin dalla nascita
tu mi torturi.

Dopo la fine della sua storia con Gilbert, nel 1966, Violeta Parra entrò in una profonda depressione. Il 5 febbraio del 1967, a nemmeno cinquant’anni, si suicidò con un colpo di pistola: ci aveva già provato due volte senza riuscirci.

“Non mi suicido per amore. Lo faccio per l’orgoglio che trabocca dai mediocri”, scrisse nella sua ultima lettera al fratello Nicanor, in cui mostrava tutta la sua preoccupazione per la situazione politica cilena, destinata solo a peggiorare dopo la sua morte con la dittatura di Pinochet.

La sua vera canzone d’addio, scritta un anno prima, resta Gracias a la vida, cantata e tradotta da molti artisti internazionali come Joan Baez e la nostra Gabriella Ferri.

Grazie alla vita che mi ha dato tanto
Mi ha dato due occhi, che quando li apro
Distinguo perfettamente il bianco dal nero
E in alto nel cielo il suo fondo stellato
E tra la moltitudine l’uomo che io amo.

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