La libertà di una donna passa per la sua indipendenza economica.

Essere economicamente indipendenti significa, tra le altre cose, essere in grado di gestire e organizzare le proprie spese, provvedere ai bisogni propri ma anche a quelli della famiglia senza dipendere da un partner ma, soprattutto, poter scegliere: come impostare la propria vita in generale, in primis, ma anche di restare o meno in una relazione senza che la dipendenza economica condizioni le decisioni.

Un tempo, ovviamente, tutto questo era sola fantascienza: benché fosse effettivamente la donna a gestire entrate e uscite familiari, il solo a portare a casa uno stipendio (e a poter gestire il denaro) era il marito, poiché fino a non molte decine di anni fa a una donna sposata era fatto divieto di possedere soldi, proprietà e un conto corrente.

Ma siamo sicuri che, con il tempo e le conquiste sociali della popolazione femminile, le cose siano davvero del tutto cambiate?

Un’indagine di Global Thinking Foundation, nata nel 2016 con lo scopo di promuovere l’educazione finanziaria, con una particolare attenzione alle donne e all’uguaglianza di genere, realizzata con il contributo della community Powderly, rivela che in realtà c’è ancora molta strada da fare per poter parlare di vera alfabetizzazione finanziaria al femminile, nel nostro Paese.

Dati alla mano: ancora troppe donne non sanno cosa sia un conto corrente, non ne hanno uno e ignorano totalmente cosa significhi investire il proprio denaro.

Cosa manca alle donne italiane in termini di competenze economiche: i dati

Realizzata grazie all’aiuto di un campione di 1000 donne, distribuite su tutto il territorio nazionale, l’indagine ha dimostrato come addirittura la metà delle donne italiane, il 50%, non conosca il costo di un conto corrente, mentre il 14% non ne ha uno, neppure cointestato.

Il 68% ha dei risparmi, ma se il 56% li lascia sul conto corrente perché non sa come investirli, c’è un 19% che preferisce addirittura tenerli in casa. Le cose non migliorano dal punto di vista previdenziale, visto che il 21% del campione intervistato non sa cosa sia la previdenza complementare, e il 45% invece non ha nessuna forma di tutela assicurativa contro gli imprevisti.

Infine, capitolo condivisione familiare: il 34% delle intervistate non ha idea di quanto il partner guadagni.

Come recuperare il gap

Come accrescere quindi le competenze economiche e finanziare delle donne, portandole a occupare un ruolo di primo piano e non solo di comprimarie sulla scena? Ci sono progetti, come D2 – Donne al quadrato, realizzato da Global Thinking, che mirano a “educare” le donne grazie alle conoscenze di altre donne, nella fattispecie 45 volontarie certificate AIEF (Associazione Italiana Educatori Finanziari) che, in un percorso didattico articolato in lezioni frontali e online, aiutano coloro che si trovano in un momento di particolare difficoltà economica, che hanno deciso finalmente rendersi protagoniste delle proprie scelte di  vita, o di riaffacciarsi sul mondo del lavoro.

Progetti di questo genere sono importantissimi in termini di benefici; anzitutto, il fatto che a parlare alle donne siano altre donne evita di fatto il mansplaining, lasciando che a mettere a disposizione le proprie competenze siano persone che effettivamente condividono caratteristiche comuni con le partecipanti; in secondo luogo, anche l’ALTIS, l’Alta Scuola Impresa e Società dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, ha rilevato cambiamenti significativi nelle donne che hanno preso parte al progetto, attraverso l’esame di un questionario loro somministrato nell’anno 2019/20 in due fasi distinte, ovvero all’inizio e quasi alla conclusione del percorso.

Il benessere finanziario delle partecipanti ai corsi è cresciuto del 5%, avanzamento che si riflette in un miglioramento generale del contesto macroeconomico (+6%), nel potenziamento degli aspetti individuali di benessere finanziario e nell’incremento di conoscenze, rispettivamente al +5% e al +10%.

Tutto ciò ha a sua volta condotto a un miglioramento degli aspetti legati a personalità (+5%), attitudini (+5%) e comportamenti (+4%).
Sono migliorate la consapevolezza rispetto ai debiti (+21%), il controllo dell’impulsività (+10%) e la capacità di monitorare le proprie spese (12%), mentre, di contro, è cresciuta la paura rispetto al futuro prossimo per la situazione finanziaria, forse anche quello per via delle maggiori conoscenze acquisite.

Perché l’alfabetizzazione finanziaria femminile è indispensabile

Sono tre i pericoli principali frutto dell’esclusione femminile dagli argomenti che riguardano economia e finanza, che si riflettono sia su larga scala (perché una parità reale influirebbe pesantemente sul PIL e sul progresso a livello mondiale) ma anche nel microcosmo domestico.

1. Un maggior rischio di povertà in tarda età

Lo vediamo soprattutto con le nostre nonne o mamme più anziane, quelle appartenenti proprio alla generazione in cui il solo a garantire un’entrata economica in famiglia era il marito (benché, di fatto, la gestione delle spese e dell’economica domestica spettasse molto più spesso alle donne).

Non avendo mai lavorato, e quindi non avendo mai avuto un reddito per cui versare dei contributi, o grazie al quale accumulare denaro in un conto corrente (e comunque ci vorrà la riforma del diritto di famiglia del 1975 per permettere la comunione dei beni, e quindi dei depositi bancari, alla coppia), molte donne oggi in età da pensione godono solo di pensioni sociali o di reversibilità, ovvero quella che si percepisce dopo la morte del coniuge; ma, considerando anche le pensioni di vecchiaia e di anzianità, le donne percepiscono generalmente importi inferiori a quello mediamente percepito dalla popolazione maschile, come emerge da questa ricerca.

Riuscire a gestire un piano di accumulo annuale, a investire in maniera oculata i propri soldi e a poter fare conto sul proprio stipendio, ovviamente, contribuisce ad assottigliare sempre più il pericolo di vivere in condizioni di indigenza nell’anzianità.

2. Il rischio di essere vittime di violenza economica

Non poter contare su una fonte di reddito propria, o non poter gestire autonomamente un conto corrente può rendere molte donne vittime di violenza economica, il cui il partner, essendo economicamente più forte, può manipolare sotto la minaccia di non provvedere più ai bisogni economici della famiglia. Frasi come “Se te ne vai non avrai un centesimo, morirai di fame” o “Se ti separi il giudice affiderà a me i bambini, perché tu non puoi mantenerli” non solo umiliano psicologicamente la persona, facendola sentire incapace di garantire la sopravvivenza a sé e ai propri figli, ma ovviamente la gettano anche nella condizione di sentirsi “intrappolata” in una relazione tossica, unicamente per il fatto di non poter contare su denaro proprio.

Global Thinking ha dedicato un intero manuale dedicato alla prevenzione di questo genere di violenza.

3. L’indipendenza è messa a rischio

Non è solo l’essere in una relazione tossica a togliere l’indipendenza (economica e non) alle persone: essere autonome, anche e soprattutto dal punto di vista finanziario, dovrebbe essere il primo passo fondamentale per stare in una relazione alla pari, ed essere così in grado di fare le proprie valutazioni e scelte di vita.

Affinché ciò sia davvero possibile, ovviamente, oltre a dotarsi di proprie competenze attraverso gli strumenti di cui abbiamo parlato, è necessario che anche il sistema di welfare venga incontro alle donne: estendendo ad esempio i congedi di paternità, in modo che le neomamme non siano più costrette a scegliere tra carriera e lavoro, fornendo servizi accessibili e offrendo una equa redistribuzione del carico familiare, in modo che quest’ultimo non ricada per la gran parte sulle donne.

Gli uomini, infine, devono liberarsi dal cliché per cui solo loro devono essere i “capofamiglia” e smettere di vivere nella vergogna se la partner guadagna più di loro, oppure se in un momento di difficoltà economica (per licenziamento, cassa integrazione o qualsiasi altro motivo di perdita del lavoro, ad esempio) sono proprio le donne a provvedere ai bisogni di tutta la famiglia.

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Global Thinking Foundation nasce nel 2016 con lo scopo di promuovere l’educazione finanziaria, con una particolare attenzione alle donne e all’uguaglianza di genere.

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