Alle più attente e alle estimatrici dell’uomo-orsacchiotto la notizia del divorzio di Colin Firth non è giunta inaspettata, anzi, la si attendeva da anni. Quanti? Ventidue, tanti quanto è durato il matrimonio con la producer Livia Giuggioli.

Sarebbe stato sufficiente osservare una qualsiasi foto dei due, prestare attenzione alla mascella volitiva di lei e a quella paciarotta di lui, per capire come sarebbe andata a finire. Poiché la fisiognomica è una scienza esatta – e prima o poi bisognerà riconoscerlo – non era difficile intuire in Livia i tratti della donna assertiva e impegnata (“professional agitator” secondo la bio su Instagram), mentre Colin aveva dato la più onesta rappresentazione di sé nell’apparizione in veste di Mark Darcy con maglione natalizio e sguardo perso.

Né aveva aiutato la solidità del matrimonio la faccenda del tradimento di lei con un giornalista italiano con il quale aveva avuto una relazione (anche se lui preferiva chiamarla “storia d’amore”). Così, mentre i giornali hanno dato notizia della separazione lasciando supporre che la decisione sia partita da Colin, sui social le donne sembrano essere certe che in realtà sia stata lei a mettere la parola fine.

“Tutti gli esseri viventi sono cornificabili, ma alcuni lo sono di più e il povero Colin rientra nella categoria. D’altronde era già tutto previsto nella sceneggiatura di Birdget Jones” sentenzia un’amica che ne sa . “Non sono la fama, la bellezza o la prestanza a definire la cornificabilità. Sono la vocetta, la bocca a paperino, la cerbiattosità, che sul lungo termine istigano alla cornificazione.”

Rimane il fatto che in un mondo in cui Brad Pitt e Scarlett Johansson stabiliscono l’unità di misura dell’avvenenza, e in cui le relazioni hanno durata brevissima, il matrimonio dei Firth rappresenta un raro caso di longevità coniugale.

Il che ci porta a chiedere quale sia il fattore misterioso che permette a uomini e donne con meno fama, avvenenza e prestanza di svegliarsi per anni, per decenni, con la stessa pancia accanto. Specialmente quando, tra due pance, talvolta se ne inserisce una terza.

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“Probabilmente la risposta nasce dalla visione che si ha del matrimonio” chiosa l’amica che ne sa (tutte ne abbiamo una: consultatela). “Se si è sposati da poco e si è ancora legati a quell’ideale di amore totalizzante che si ha in adolescenza, può essere inconcepibile continuare a stare insieme dopo un tradimento perché si attribuisce alla fedeltà sessuale un’importanza enorme. A maggior ragione se si sta insieme sin da giovanissimi e si è praticamente cresciuti insieme, creando una sorta di simbiosi.”

Come in tutte le questioni umane, insomma, anche dell’amore bisognerebbe avere una visione più prosaica e meno trascendente perché si sa che va e viene. E, paradossalmente, amare diventa più facile quando non si è più giovani e idealisti, ma adulti e disincantati. Se non si è più tanto giovani e si ripensa agli amori di gioventù, si può scoprire con un certo sgomento che gli uomini (o le donne) che si erano tanto amati ci sono diventati indifferenti e che al massimo si prova per loro quell’affetto tiepido che si riserva ai bei ricordi del passato, più intenerite dall’immagine di noi stesse giovani e appassionate che al loro ricordo.

Ma andando avanti con l’età si capisce che la passione, per quanto totalizzante, prima o poi passa e viene sostituita da altro: dall’affetto, la complicità, quello che si è riusciti a costruire insieme. Dal patrimonio comune di mille esperienze e ricordi condivisi. E tutto questo, se è di buona qualità, è più che sufficiente a tenere insieme due persone, mentre il sesso non è assolutamente in grado, da solo, di farlo.

A ogni modo, Brunori Sas ha spiegato tutto benissimo con questa canzone.

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