Quando pensiamo allo stupro, il nostro cervello fa una cosa curiosa: ci inganna, ci rimanda alla mente immagini che sono statisticamente inesatte. Sentiamo di una donna stuprata e pensiamo subito al criminale nel vicolo buio, allo sconosciuto con il passamontagna. Questo perché abbiamo bisogno di proteggerci dalla verità.

Finché immaginiamo lo stupro come qualcosa che viene agito da uno sconosciuto, ci basta evitare certe zone o certi orari per sentirci più al sicuro. Vivremmo la nostra vita con molta meno tranquillità se, pensando a questo atto tragico di violenza, la nostra mente ci rendesse subito accessibile la verità, i fatti, le percentuali, la dura realtà.

Una donna su tre è vittima di stupro. Su 100 donne, 33 sono state stuprate.

Una donna su tre che si trova in una relazione eterosessuale, è vittima di stupro. Su 100 donne fidanzate, 33 sono state stuprate dal proprio compagno.
Nessun vicolo buio, nessuna identità celata. Ci stuprano i nostri compagni, i nostri mariti.

Una su tre.

E questi sono gli stupri di cui siamo a conoscenza. Più dell’80% degli stupri che vengono commessi, non vengono denunciati. In Italia viene denunciato uno stupro su dieci.

Perché?
Vergogna, senso di colpa, certo. Ma soprattutto il dubbio: sono sicura che sia stato uno stupro? Non starò esagerando io? In fondo è il mio ragazzo, in fondo è mio marito. Può esistere davvero il concetto di stupro dentro una relazione, dentro un matrimonio?

Per stupro si intende un atto sessuale imposto a qualcuno con la forza. E anche qui, le immagini che ci vengono in mente sono fuorvianti. Lei deve aver lottato freneticamente per evitare che avvenisse, deve aver fatto qualsiasi cosa fosse in suo potere per andarsene da quella situazione, deve essere stata davvero fisicamente impossibilitata a porre fine alla cosa.
Ma gli stupri non sono tutti uguali. Molti avvengono in silenzio, senza divincolarsi, senza protestare.

Perché?
Per paura di peggiorare la situazione. Quando un uomo ti sta sovrastando fisicamente, un pensiero può essere quello di evitare di sentire ancora più male, di evitare di farlo arrabbiare tanto da rischiare anche di prenderle, di non frapporsi tra lui e il crimine che sta per compiere per non dilatare il tempo, per farlo durare il meno possibile.
E questo accade a moltissime donne, a troppe donne, all’interno delle loro relazioni e più nello specifico all’interno del loro matrimonio.

Tra i diritti e i doveri dei coniugi c’è quello della reciproca donazione della sessualità. Se questa cosa viene a mancare, si può fare domanda di separazione. Quello che non si può fare invece, è pretendere la sessualità e prendersela con la forza qualora non venga donata spontaneamente. Sembra banale dire che l’avere sposato una donna non ti dà il diritto di scavalcare i suoi desideri e
violentarla a piacimento, eppure fino alla seconda metà degli anni 70, in virtù del vincolo matrimoniale lo stupro era consentito e anzi, non si chiamava neanche stupro.

L’idea era (e forse ancora è) che tu donna debba farlo anche controvoglia, se ne ha voglia lui. Cosa che già di per sé mina la serenità di una persona. Ed è talmente tanto vero che tu “lo devi fare per forza”, che se ti neghi e lui ti stupra, non devi lamentartene. Non è stupro, è stato solo un po’ troppo passionale, un po’ troppo focoso, sai lui è così, ma è perché io lo faccio impazzire, devo averlo provocato, è stressato sul lavoro, è un uomo con dei bisogni.

Anche noi siamo donne con dei bisogni, ad esempio il bisogno di essere trattate come esseri umani e non proprietà.
Questo non è un romanzo distopico, è la nostra vita.
Lo stupro all’interno del matrimonio esiste eccome.
Prima cominceremo a parlarne, prima scriveremo un finale diverso.

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