“Ad una femmina scienze? La donna è composta solo di malizia. Tanto più esquisiti cibi le dai, tanto più malvagi umori le accresci”. Così scriveva nel 1648 Anton Giulio Brignole Sale, figlio del Doge di Genova, oltre che scrittore e figura di spicco del suo tempo. A quei tempi le donne non venivano infatti considerate capaci di comprendere e studiare le scienze fisiche e matematiche, ritenute troppo ardue per loro.

Fortunatamente, però, Elena Lucrezia Cornaro Piscopia ebbe la fortuna di nascere da un padre illuminato, che fece tutto per farla studiare, facendola diventare la prima donna laureata della storia. La sua storia è ricordata nel saggio Il vuoto e la quiete, che ripercorre il suo incredibile percorso formativo e umano.

Il vuoto e la quiete. Scienza e mistica nel '600. Elena Cornaro e Carlo Rinaldini

Il vuoto e la quiete. Scienza e mistica nel '600. Elena Cornaro e Carlo Rinaldini

La storia dell'anticonformista Elena Lucrezia Cornaro Piscopia, prima donna laureata del mondo.
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Nata a Venezia il 5 giugno 1646, era la quinta figlia del nobile Giovanni Battista Cornaro Piscopia, procuratore di San Marco e grande intellettuale. Nella sua casa si ritrovavano scienziati e letterati e il bisnonno di Elena era stato grande amico di Galileo Galilei. Proprio nella biblioteca di famiglia, che pullulava di opere scientifiche di ispirazione galileiana, Elena passò gran parte della sua infanzia, leggendo e studiando gli antichi volumi.

Consapevole delle grandi capacità della figlia, Giovanni Battista la affidò ai migliori insegnanti del tempo, facendole apprendere il latino, il greco, l’ebraico, il francese e lo spagnolo. Andando contro all’opinione del tempo, che credeva le donne inferiori dal punto di vista intellettivo, le fece studiare matematica e astronomia insieme al gesuita Carlo Maurizio Vota, vicino alla scienza galileiana. Il grande amore di Elena Lucrezia Cornaro Piscopia fu però la filosofia, a cui si dedicò a partire dal 1668, sotto la guida di Carlo Rinaldini, professore all’Università di Padova.

Oltre allo studio, la giovane maturò anche una profonda vocazione religiosa, che a diciannove anni la portò a diventare oblata benedettina, senza però la reclusione monastica. Così poté far contento il padre, che voleva per lei una vita da donna sposata, oltre che la possibilità di continuare a “esibire” la cultura della figlia nel salotto di casa, davanti alle personalità influenti del tempo.

Nel 1677 Elena Lucrezia Cornaro Piscopia chiese formalmente di potersi laureare in teologia all’università di Padova, ma il cardinale Gregorio Barbarigo respinse fermamente la sua richiesta. Fu solo grazie a Rinaldini, suo insegnante da quasi dieci anni, che ottenne il permesso di laurearsi il 25 giugno 1678, ma in filosofia. Dopo un lungo corteo, allietato da musica e canti, l’addottoramento di Elena venne celebrato nella cappella della cattedrale, di fronte a una grande folla.

Molte donne tentarono in seguito di ripetere “l’exploit” di Elena Lucrezia Cornaro Piscopia, ma si era purtroppo trattato di un caso fortunato. Solo pochi mesi dopo, la richiesta della giovane Carla Gabriella Patin venne respinta dall’università padovana, che dichiarò l’intenzione formale di non concedere altre lauree alle donne. Tra gli oppositori c’era persino il padre di Elena, che temeva di perdere il prestigio guadagnato dalla conquista accademica della figlia.

Una volta laureata, la fama di Elena si sparse in tutta Europa, tanto che diversi personaggi autorevoli stranieri giunsero a Padova per conoscerla e verificare le sue conoscenze. Tuttavia, lo studio fu anche la sua condanna: di salute cagionevole e indebolita da anni di fatiche sui libri, morì a soli 38 anni, il 26 luglio 1684. Dopo le esequie solenni, il feretro fu tumulato nella chiesa padovana di Santa Giustina. Ancora oggi, all’Università a Padova, è possibile ammirare la statua a lei dedicata.

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