Perché, dopo le madri, voglio fare gli auguri anche a coloro che hanno scelto l'aborto

Perché, nel clima di riconoscenza materna che circonda la Festa della mamma, voglio rivolgere un pensiero anche alle donne che hanno abortito? Perché a differenziare le due realtà c'è spesso solo una scelta, che andrebbe tutelata ora e per sempre.

È passata da poco la Festa della mamma, la prima donna di ognuno di noi.

Chi ha avuto la fortuna di vivere un’infanzia in compagnia della madre, avrà avuto infatti il privilegio di poter costruire la propria prima visione del mondo sui suoi insegnamenti e sui suoi esempi. Compresi quindi il modo di vedere e vivere l’universo femminile e come questo si approcci a quello maschile.

Scusate se è poco.

Sarà compito di una madre insegnare il rispetto agli uomini e la libertà alle donne. E non sarà un compito facile, perché tutto attorno a lei, compresi il proprio passato e i propri pregiudizi, potrebbero giocare a sfavore, ma se sarà svolto bene, i suoi bambini saranno ottime persone in futuro.

E al momento abbiamo un estremo bisogno di buone madri in grado di forgiare belle persone.

In questo clima di zuccherosa riconoscenza, intervengo però io a rompere le uova nel paniere, portando alla vostra attenzione un argomento che pare stridere fortemente con la Festa della mamma: l’aborto.

Pare un controsenso, ma in fondo, se ci pensate bene, a distinguere una madre da una donna che non lo è, a volte è stata solo una singola scelta. Il confine può essere davvero molto labile.

E se vi state chiedendo cosa possa mai dire un uomo riguardo a un tema del genere, vi risparmio la fatica: nulla. Non posso dire proprio nulla. Tuttavia, è proprio questo il punto della mia riflessione.

Lo so: il tema dell’aborto è uno dei più divisivi che esistano, in quanto è estremamente difficile riuscire a identificare un dogma sacro e universale, in grado di chiarire ogni possibile dubbio, in ogni possibile caso.

Questo perché è un tema delicatissimo, che si basa sui concetti stessi di vita e morte, che è stato politicizzato spesso, che pare non avere mai una soluzione pienamente soddisfacente per tutti.

E non ce l’ha. È questo il punto.

Una soluzione però va trovata. Una legge che regoli il caos serve. E in Italia, grazie allo sforzo di chi ci ha preceduto, abbiamo la famosa 194, che come ogni compromesso, lascia insoddisfatte molte persone.

Non è un segreto infatti che nel nostro Paese (ma anche nel resto del mondo) siano in molti a voler rimettere mano alla legislazione riguardante l’aborto, soprattutto per riportarla indietro, perché convinti della correttezza di una nostalgica recessione.

I dibattiti si trasformano sempre in dispute rabbiose, perché non riusciamo a capire due cose che nonostante la complessità dell’argomento, dovrebbero essere comunque chiare.

E sono le stesse cose che, se comprese e in barba alla tanto sbandierata libertà di espressione, toglierebbero il diritto di parola a un sacco di questi contendenti rabbiosi.

La prima è che si tratta di una questione prettamente femminile, su cui solo le donne dovrebbero avere il diritto di pontificare, o quantomeno avere quello dell’ultima parola, con buona pace di tutti gli uomini.

Non è facile ammetterlo, ma è vero che noi certe cose non le possiamo capire. L’aborto è una di queste. E non c’è da farne una questione di orgoglio. È così e basta.

Possiamo soffrirne, possiamo avere un’opinione in merito, ma non riusciremo mai a vivere la stessa esperienza, le stesse emozioni, di una donna che decide (o non decide) di abortire.

Ça va sans dire: nel corso della storia le donne hanno avuto gran poca voce in capitolo. E mettono i brividi quegli scatti in cui uomini sorridenti si stringono le mani per avere deciso, solo loro, il destino delle donne.

La seconda cosa che dovrebbe essere ovvia (ma che l’esistenza stessa dei dibattiti dimostra che così non è) è quanto l’aborto sia una questione prettamente personale. Tanto soggettiva, che nessuna legge ha mai potuto imporsi.

Perché anche quando e laddove sono stati illegali, gli aborti non si sono esauriti. Hanno continuato, in clandestinità, con immensi rischi per la donna. Tanto grandi da essere la spinta propulsiva per leggi come la 194.

Queste due ovvietà dovrebbero bastare per spegnere ogni possibile rigurgito nostalgico di recessione e far comprendere come la 194 sia una delle leggi migliori che potremmo avere.  E questo perché garantisce il diritto alla scelta.

Quella scelta di cui parlavamo prima, in grado di rendere così labile il confine tra essere e non essere madri.

Ecco dunque il perché, festeggiando le mamme, mi viene da rivolgere un pensiero anche a quelle donne che avrebbero potuto esserlo, ma scelsero l’aborto. Perché la loro scelta merita la stessa medesima legittimità di coloro che oggi sono madri.

E questo perché è solo loro il diritto di poter decidere. Come è loro il rischio di potersene pentire (in qualsiasi caso). E nessuno, nessuna legge, nessuna religione, nessuno che non sia la donna stessa, può prendere questa decisione al posto loro.

E tale scelta non è mai facile, nemmeno in un paese e in un tempo che garantisce le massime tutele. Figurarsi dunque quando era illegale, quando e dove si rischiava la galera (in alcuni Paesi persino per un aborto spontaneo, ancora oggi).

Per questo voglio fare gli auguri anche alle donne che hanno abortito.

Voglio augurare loro la serenità che non ebbero quando dovettero affrontare quel momento difficile. Voglio ringraziarle per aver lottato per i diritti delle donne d’oggi.

Voglio però fare gli auguri anche alle donne che questa scelta dovranno affrontarla in futuro, perché, se la tendenza prosegue, sarà sempre più difficile poterlo fare in libertà. Voglio augurare loro che non accada. Spero non debbano più affrontare i contestatori fuori dalle cliniche, o sentirsi ingiustamente incolpate per chi vorrebbe figli, ma non può averli.

Auguro loro di poter essere padrone del proprio corpo in libertà.

Perché il giorno in cui non si avrà più rispetto per la libertà che la donna deve avere del proprio corpo, sarà anche il giorno in cui nessuna madre al mondo potrà più insegnare alcunché ai propri figli.

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