Franceska Mann sembra un personaggio di Bastardi senza gloria di Quentin Tarantino. Viene descritta infatti comunemente come un’artista, una donna forte – ma controversa, e ora vedremo anche perché – che riuscì con la bellezza e la forza di volontà a uccidere due membri delle SS nel campo di concentramento di Auschwitz e dare vita a una rivolta, che purtroppo per lei e le sue compagne di sventura fu sedata nel sangue.

La storia di Franceska Mann, ebrea polacca (il suo nome esatto era infatti Franciszka Rosenberg-Manheimer), viene raccontata da moltissimi siti e canali social – ma con delle varianti ogni volta. E c’è anche un saggio, The Vixen Who Shot A Nazi: The story of Franceska Mann, who shot SS Guard Josef Schillinger, in Auschwitz-Birkenau di Cynthia Southern. Quel che è certo è che era una ballerina, un’artista tra le più promettenti della Polonia. Tanto che, secondo quanto viene annoverato perfino su Wikipedia, nel 1939 si piazzò quarta su 125 partecipanti a una gara internazionale di danza che si tenne a Bruxelles. Ma se c’è una cosa che abbiamo imparato da il film Il Pianista è che quello che accadde agli ebrei di Varsavia (e nel resto del mondo in quegli anni) non tenne certo conto delle potenzialità e della ricchezza interiore delle persone che furono mandate al massacro.

Nella versione più diffusa della storia di Franceska Mann, così come raccontata da Kveller, nell’ottobre 1943 ci fu un rastrellamento nel ghetto di Varsavia, dove gli ebrei erano stati confinati dai nazisti. Circa 1700 ebrei furono inviati ad Auschwitz, facendo credere loro che sarebbero stati smistati in Svizzera – anche perché alcuni di loro, muniti di un passaporto palestinese, in effetti riuscirono a scampare al massacro.

Appena giunte a destinazione, alle donne fu chiesto di spogliarsi e di fare la doccia. Oggi sappiamo cosa significasse quell’ordine, ma allora no. Della ballerina Mann viene riportata a questo punto la lungimiranza. Comprendendo che forse non si trattava solo di una routine verso la salvezza, la giovane donna – all’epoca 26 anni – ricorse alla sua sensualità per distrarre i nazisti. Mentre si spogliava per la doccia, lo fece in maniera molto sensuale, riuscendo a sottrarre poi la pistola all’ufficiale delle SS Josef Schillinger, sparando a lui due colpi e uccidendolo, e ferendo un collega, un sergente nazista di nome Emmerich.

La vicenda, dicevamo, non presenta particolari univoci. Per esempio, nelle testimonianze c’è chi non parla di docce come scenario della vendetta di Mann, ma di una rampa di selezione oppure un’area di lavoro del campo. Quello che appare univoco è che le donne sollevarono una rivolta e furono interamente massacrate a colpi di mitragliatrice – qualcuno dice riuscendo anche a mutilare qualche nazista.

Approfondendo, la storia si fa più complessa. Pare infatti che Franceska possedesse un documento che attestava che fosse sì ebrea, ma cittadina di un Paese neutrale nella Seconda Guerra Mondiale. È un dato che viene citato nei report relativi al cosiddetto Hotel Polski Affair. In questo albergo del ghetto di Varsavia, numerosi ebrei cercarono la fuga e la salvezza con questo tipo di documenti – e alcuni ci riuscirono, dato che i nazisti li utilizzarono come “ebrei di scambio” con altre nazioni.

Quello che non quadra è che Franceska Mann viene nominata in alcuni documenti come collaborazionista. È davvero difficile dire cosa sia vero di questo dettaglio, tanto più che alcune persone durante la Seconda Guerra Mondiale si finsero collaborazioniste dei nazisti per salvare tante persone – proprio come il personaggio dell’attrice tedesca (nella finzione scenica) Bridget Von Hammersmark di Bastardi senza gloria, che non a caso abbiamo accostato a Mann per le ovvie similitudini. Entrambe artiste, entrambe bellissime, entrambe artefici di una vendetta contro i nazisti che purtroppo non finì con il loro trionfo, ma che ancora oggi rappresentano un simbolo potentissimo.

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