La perdita di un genitore rappresenta sempre un momento estremamente drammatico nella vita di una persona, perché significa trovarsi, all’improvviso, senza più un punto di riferimento, forse il più importante della propria esistenza.

Eppure, non sempre i rapporti tra genitori e figli sono idilliaci, ma talvolta segnati piuttosto da contrasti che, nei casi peggiori, spesso diventano persino veri e propri muri tra loro, capaci di separare e di interrompere quella connessione naturale tra padre/madre e figlio.

Abbiamo scelto di riportare la testimonianza pubblicata da Jessica Wildfire su Medium, traducendola integralmente in maniera non professionale, per raccontare un altro, e inedito aspetto, del rapporto tra genitori e figli; quello dove, pur sembrando incredibile, la perdita del primo rappresenta addirittura una liberazione, un motivo per gioire e per riappropriarsi di una serenità negata proprio da chi ha dato la vita, e dovrebbe contribuire a rendere felici, ma invece fa tutt’altro.

È, certamente, una testimonianza cruda, che analizza con lucidità al limite della freddezza tutte le sfumature di un rapporto quantomai complesso, tormentato, ma attenzione: chi scrive non è una “cinica” per natura, che come tale va considerata, ma una persona con un’esperienza dolorosa alle spalle e una vita personale che, obiettivamente, non può e non deve essere giudicata né sindacata.

Il dolore di Jessica e le sue parole dure nei confronti della madre sono sue e sue soltanto, non pretendono di rappresentare un esempio di comportamento sociologico o di porsi come altra faccia della genitorialità e dell’essere figli; è uno sfogo senza dubbio accorato, dove forse persino, tra le righe, si riesce comunque a leggere il rimpianto, quello di non aver avuto la madre desiderata, o quello di non aver potuto fare nulla per averla.

Ciascuno è libero di dare la propria interpretazione, ricordando che anche questo è un aspetto della vita, delle famiglie e delle relazioni tra persone che comunque esiste, non va ignorato né “nascosto” come polvere sotto il tappeto, ma comunque rispettato nella sua sofferta ammissione. Perché, certamente, è molto più facile guadagnare la vicinanza delle persone nel momento della morte di una madre, piangendola, piuttosto che confessare che la sua scomparsa è stata “una cosa positiva”, come coraggiosamente ha fatto Jessica.

Ecco la lettera che racconta l’esperienza di Jessica, come pubblicata su Medium.

“Mia mamma è morta. Ho sempre saputo che lo avrei detto prima della maggior parte delle persone della mia età. Soffriva di problemi mentali e fisici che i medici non riuscivano mai a individuare. Non ci parlavamo da anni.

Era una vera vincente prima che impazzisse. Mi chiamava grassa. Stupida. Mi lanciava contro i piatti. Ha urlato molto. Mi ha ignorata per giorni e giorni. Solo per poi cambiare idea e farmi provare ad entrare in qualche concorso di bellezza.

Mi ha fatto avere segreti con mio padre. Come le fatture da migliaia di dollari delle carte di credito. O il fatto che lei non lo amasse più.

Affascinante, lo so.

Crescere è stato come vivere in un film dell’orrore senza fine. Una scena di suspense dopo l’altra.

Ma ora quel vulcano è tranquillo. Lei è cenere ora. Non abbiamo mai avuto un’ultima conversazione. Non riesco a ricordare le nostre reciproche ultime parole. Probabilmente si trattava di qualcosa che aveva visto in TV.

Mia madre non ha mai incontrato mio marito. Non vedrà mai mio figlio. Per gli ultimi cinque o sei anni, non abbiamo avuto quasi nessun contatto. Non lo volevo. La sua assenza dalla mia vita è stata un grande miglioramento.”

Inevitabilmente, Jessica parla anche della sua reazione al lutto.

“Non c’è un manuale di istruzioni per le persone in lutto. Basiamo la maggior parte dei nostri comportamenti su romanzi e film. Qualcuno muore. Tutti piangono e dicono cose carine su di loro.

Ma come potresti piangere qualcuno che ti ha abusato? Che mi ha picchiata. Lo vedo ancora davanti a me mentre me ne vado. Finora, non sono mai stata sicura di chiamarlo ‘lutto’. Ultimamente, quando penso alla morte di mia madre, sento un intenso senso di libertà. Per tutti. Sono libera. Lei è libera. Mio padre è libero. Siamo tutti liberi.”

Gli abusi nel passato di Jessica

“Quando ho compiuto 14 anni, le cose sono peggiorate. La violenza ha perso ogni pretesa di ragione. Ha iniziato ad attaccarmi perché ero un clone. O un alieno. Cominciò a ferirsi, a parlare delle teorie del complotto. Di suicidio. A volte abbiamo chiamato la polizia per lei. Altre volte, li ha chiamati lei per noi.

Una parte di me sa che non è stata tutta colpa sua. Gli abusanti hanno sempre l’attenuante delle dipendenze e delle malattie mentali.

Ma ciò non cambia la realtà. Devi allontanarti da loro. L’amore non arriva mai davvero. Non è il modo in cui le persone normali amano i loro genitori normali. Così sono uscita e ho abbandonato la mia famiglia. Dovevo.

Le vittime di abusi non sanno quanto siano fottute all’inizio. Sono solo felici di scappare. Le conseguenze vengono dopo.

Certo, potrei parlarvi degli incubi ricorrenti. Non ogni notte, ma ogni settimana o giù di lì. Per tutti i miei 20 anni. Mi svegliavo da un sogno in cui mia madre mi strangolava o mi pugnalava.

Potreste pensare che ero preda di un esaurimento nervoso; ma in realtà mi guardavo intorno e capivo che ero diventata un’adulta. Avevo il mio posto, con una serratura e tutto. Il pericolo era a centinaia di chilometri di distanza.

Immagina di svegliarti da un incubo per renderti conto che sei più sicuro che mai. È una bella sensazione. Per maggiore sicurezza, ho dormito in un armadio. Mi ci è voluto un po’ per capire che dormire in un armadio era un po’ idiota.

Onestamente, non mi sono nemmeno considerata abusato fino all’età di 27 anni, dopo aver letto le memorie di altre persone e altre storie da singhiozzo.

E ho ascoltato altre persone parlare dei loro genitori in modi che non avrei mai immaginato. Come le mamme che viaggiano con i loro bambini per visitare i campus universitari e mandano pacchetti da casa per aiutarli. Che cosa?”

La gente mi diceva come dovevo sentirmi

“Dopo il funerale di mia madre, la gente mi ha buttato addosso ogni tipo di emozione. Eravamo solo noi, marito e figli, nessuno voleva venire.

I miei amici e colleghi volevano che mi sentissi triste, come quando morirono le loro mamme.

Onestamente, non avevo idea di come mi sentissi. Nemmeno quando fissai il cadavere emaciato e scheletrico di mia madre. Sembrava un oggetto di un film horror. Quindi immagino che l’emozione principale che ho provato sia stata lo shock.

Ora, le persone vogliono che io pubblichi gli aggiornamenti strappalacrime sulla mia pagina Facebook. Vogliono che parli di quanto mi manchi. Quanto sono addolorata. Come penso a lei durante la festa della mamma.

A quanto pare ti è permesso solo di pensare in un modo a tua madre. Devi amarla. Non importa cosa. Indipendentemente dai suoi errori.

Ma per la maggior parte delle persone, gli errori significano alcune parole dure. Forse una brutta lite o un’incomprensione.

Le cose sono un po’ più complicate per i genitori che abusano dei figli. Non puoi piangerli, ma non puoi neanche dimenticarli.

Non importa cosa provi, hai quei ricordi. Un genitore che ti abusa ti dà la forma di un uomo che solo a metà è decente.

Per le persone come me, non importa se amiamo i nostri genitori o no. Sono ancora i nostri genitori. Non possiamo bruciarli e toglierli dal nostro cervello.

Anche se potessi, non penso che lo farei. Mia madre mi ha anche insegnato delle cose. Ad esempio, che non puoi mai fidarti completamente di nessuno. È una lezione strana da ottenere da tua madre. Ma è successo. Può non succedere.

Ecco la verità. Non avevo una mamma. Una malattia mentale mi ha allevata. Qualunque cosa abbia sofferto, l’ha divorata non lasciandoci nulla. Non ho lezioni di vita da lei. Nessun detto intelligente. Nessun aneddoto memorabile. Solo storie che farebbero impazzire la maggior parte della gente e le convincerebbe ad andarsene.

Questa malattia mentale mi ha preparato al peggio della vita. Mi ha insegnato che puoi perdere più della vista, dell’udito o della funzione degli organi. Puoi perdere tutto te stesso. Puoi diventare un morto anche nella vita reale.”

Con chi puoi parlarne?

“La maggior parte delle persone non vuole parlare di malattie mentali. Amici e colleghi cercano di confortarmi, ma non possono. Non hanno le abilità necessarie.

Quante persone hanno visto una persona cara trasformarsi in una specie di mostro che vuole ucciderli? Le uniche persone che capiscono veramente sono quelle che hanno vissuto la stessa cosa. Che ci crediate o no, ho alcuni amici che si sono occupati della stessa strana merda. Una specie di gruppo di supporto libero. Sono gli unici con cui posso condividere i miei non sentimenti.

Nemmeno il mio partner comprende davvero la mia situazione al cento per cento. Lui vuole, ma non può. E non mi aspetto che lo faccia.

Ci sono buone notizie, però. Ciò che resta della nostra famiglia si sente più forte ora. Siamo tutti sopravvissuti a questa cosa insieme. Comprendiamo ciò che l’altro ha attraversato. Stiamo appena iniziando a rendercene conto e possiamo parlare delle nostre emozioni. È come se una specie di maledizione fosse stata annullata.

Non mi mancherà mai mia madre, e sono felice che sia morta. Siamo tutti contenti. Aveva sofferto per decenni e abbiamo sofferto con lei. Ora, abbiamo avuto il nostro lieto fine. Per una volta, sembra che la nostra famiglia abbia un futuro insieme.”

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