Costrette a essere donne: perché 131 milioni di bambine non vanno a scuola

Nel mondo 131 milioni di bambine e ragazze sono escluse da scuola, e non hanno accesso all'istruzione. Lo riporta un documento di Terre des Hommes. Le cause della situazione sono molteplici, dalla povertà alla guerra, passando per la concezione maschilista e patriarcale di alcune società. Compresa la nostra.

Sebbene dal 2000 a oggi il numero degli adolescenti o preadolescenti che abbandonano la scuola, o non l’hanno mai frequentata, si sia fortunatamente ridotto in maniera importante, i dati che riguardano l’accesso all’istruzione da parte di bambini e ragazzi di alcune aree del mondo, ma in particolar modo della popolazione femminile, destano ancora più di una preoccupazione.

A far emergere chiaramente i dettagli di un quadro che ancora oggi, spesso, assume contorni drammatici è un rapporto di Terre des hommes.

Come si legge nel documento, l’ultimo report dei Millennium Goals ha chiarito che sono stati raggiunti importanti risultati tra il 2000 e il 2011, soprattutto per quanto riguarda l’accesso all’istruzione, con il dimezzamento del numero di bambini esclusi dalle elementari, passato quindi da 102 a 57 milioni.
Anche il gap di genere si è notevolmente ridotto, e nel tempo l’accesso all’istruzione femminile si è gradualmente equiparato a quello riservato ai maschi; tanto per fare un esempio, il gender gap nella scuola primaria è passato dai cinque punti percentuali del 2000 a meno di due punti percentuali nel 2015.

Questo non significa, tuttavia, come anticipato poc’anzi, che la strada da fare sia quasi terminata; sono ancora troppi, nel mondo, i bambini e i ragazzi che non possono andare a scuola, e un buon 50% è costituito proprio dalle ragazze.

I dati del problema

Fonte: web

264 milioni a livello globale i bambini e gli adolescenti che non hanno accesso all’istruzione scolastica; certo è una cifra decisamente inferiore rispetto ai 374,1 milioni del 2000, ma è pur sempre un numero enorme, pari a circa un quarto degli abitanti dell’Europa. La metà, pari a circa 130 milioni, sono bambine o ragazze che vengono escluse dalla scuola primaria (32,4 milioni), dalla scuola secondaria (29,8 milioni) o dalle superiori (68,7 milioni).
Fra loro, più di 9 milioni di bambine che non avranno mai l’opportunità di imparare a leggere o a scrivere vivono nei Paesi dell’Africa sub-sahariana, mentre il gap si fa persino più evidente nei Paesi del Sud-Est asiatico, dove addirittura l’81% delle bambine che oggi non vanno a scuola rischia di restare escluso per sempre dall’istruzione, contro il 42% dei maschi.

I motivi per cui le bambine vengono escluse da scuola attingono a ragioni socio-economiche in primis, ma spesso anche a fattori culturali e a una forte impronta maschilista e patriarcale delle società di appartenenza, difficilmente abbattibili.

La povertà come prima causa della dispersione scolastica

La principale causa che favorisce l’abbandono scolastico è proprio la povertà, e a farne le spese sono generalmente le bambine; una ricerca dell’Unesco evidenzia come nei Paesi a medio e basso reddito la percentuale di bambine e ragazze che non hanno accesso all’istruzione tende a superare sempre quella dei loro coetanei maschi. Per fare un esempio piuttosto significativo, nei paesi a basso reddito il 21,4% delle bambine non può frequentare la scuola primaria, contro il 16% dei maschi, il 41,3% non ha accesso alla scuola media, contro il 35,7% dei maschi, mentre l’istruzione superiore resta un miraggio per il 66,4% delle studentesse, contro il 58,2% dei maschi. Distanze che nei paesi ad alto reddito si azzerano totalmente.

Fonte: terre des hommes

Circa un terzo dei bambini e dei ragazzi che non possono frequentare la scuola è concentrato in soli sei paesi: Tanzania, Nigeria, Pakistan, Niger, Mali, Etiopia. In alcuni stati, sottolinea il documento di Terre des Hommes, la situazione sta addirittura peggiorando, come in Nigeria, ad esempio, dove il numero delle bambine e delle ragazze più povere che non hanno mai frequentato la scuola è aumentato del 30% tra il 1999 e il 2013, raggiungendo il 76% del totale. Nel paese le disuguaglianze sociali sono molto evidenti e forti, tanto che appena il 4% delle ragazze più povere che vivono nelle regioni del Nord-Ovest sa leggere, mentre il tasso è del 99% tra le ragazze più abbienti del Sud-Est.

La guerra allontana da scuola

Fonte: web

Alla povertà spesso si aggiunge la presenza di conflitti sul territorio: la guerra è uno dei principali fattori
che allontana i bambini e le bambine dai banchi di scuola, e i dati in questo senso parlano di un 35% di tutti i bambini che non possono frequentare la scuola primaria (22 milioni), 25% di tutti gli adolescenti che possono frequentare la scuola secondaria (15 milioni) e un 18% di tutti i ragazzi che non hanno accesso alla scuola superiore (26 milioni) che vivono proprio in Paesi segnati da guerre e conflitti.

Il ruolo della donna

Alla base della scelta dell’esclusione scolastica delle bambine ci sono anche ragioni legate alla cultura e alla forte connotazione patriarcale della famiglia, per cui si predilige riservare l’istruzione ai figli maschi e lasciare alle figlie femmine il compito di aiutare le madri a occuparsi della casa, della gestione dei fratellini più piccoli, oppure di sposarsi in giovanissima età. Non è raro che le ragazze, spesso appena adolescenti (a volte addirittura bambine) vengano coinvolte in matrimoni combinati per ragioni economiche.

La situazione in Europa

Fonte: web

Anche se, come detto, la situazione più grave si registra nell’Africa sub-sahariana e nel Sud-est asiatico, anche l’Europa non è del tutto salva dal problema: il Vecchio Continente si trova infatti ad affrontare la questione dei Neet, ovvero i Not (engaged) in education, employment or training, ragazzi e ragazze che non vanno a scuola, non lavorano e non si stanno formando per un nuovo impiego. Sono un piccolo esercito di giovani e adolescenti: circa 16,9 milioni nella fascia d’età compresa tra i 20 e i 34 anni, pari al 18,3% della popolazione in quella fascia d’età. Anche in questo caso, il fenomeno riguarda soprattutto le ragazze: mettendo a confronto i due sessi, infatti, si scopre che quasi un quarto delle ragazze europee (22,7%) di età compresa tra i 20 e i 34 anni sono Neet, mentre tra i maschi l’incidenza del fenomeno è dell’8,7%. Un’analisi di Eurostat spiega che le cause del fenomeno investono diversi fattori, in primis la tradizionale visione (con conseguenti pressioni sociali) secondo cui alle donne spetterebbero i lavori domestici e la cura della famiglia, mentre agli uomini sarebbe deputato il compito di lavorare fuori casa. A questo si aggiungono poi le difficoltà e le pressioni che le giovani donne devono affrontare sul mondo del lavoro, su tutte la preferenza ad assumere giovani uomini o le difficoltà che molte giovani incontrano nel ritorno al lavoro dopo la maternità. Infine, aspetto non poco rilevante, bisogna fare i conti con il gender gap negli stipendi e con il precariato, che penalizzano soprattutto le lavoratrici di sesso femminile. Il disequilibrio tra uomini e donne “che non studiano e non lavorano” cresce con l’aumentare dell’età: se è del 2% nella fascia d’età compresa tra i 20 e i 24 anni, arriva al 9,8% nella fascia 25-29 anni e raggiunge il suo picco massimo (13,3%) fra i 30 e i 34 anni. Dato che inevitabilmente si collega, almeno in parte, “con il crescente numero di donne che posticipano la gravidanza, il basso numero di uomini che interrompono la loro carriera per aiutare la famiglia e le varie difficoltà che incontrano le donne che vogliono conciliare vita professionale e ruolo materno”, scrive Eurostat.

La situazione italiana

L’Italia ha un triste primato sia per quanto riguarda il numero assoluto di Neet, sia per quanto riguarda l’incidenza della componente femminile. Nel nostro Paese infatti il numero di giovani che non studia e non lavora è significativamente più alto della media europea, rappresentando il 30,7% nella fascia d’età compresa tra i 20 e i 34 anni, a fronte di una media continentale del 18,3%. Per quanto riguarda la componente femminile, rispetto a una media europea del 22,7%, in Italia si tocca il 35% (solo la Grecia è alle nostre spalle).

L’ultimo rapporto Istat fotografa una situazione altrettanto preoccupante, pur se con lievi miglioramenti: nel 2016, i giovani Neet nella fascia d’età compresa tra i 15 e i 29 anni erano 2,2 milioni, il 24,3% del totale, mentre nel 2015 erano il 25,7%, e quasi 190.000 le madri con figli piccoli. “La condizione di Neet continua a essere più diffusa, oltre che tra le donne, nelle regioni meridionali e tra i giovani che vivono ancora nella famiglia d’origine (i tre quarti)“, questo riporta il documento come scritto nel rapporto Istat.

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